Gli allevatori bulgari sono scesi in piazza. Protestano contro la burocrazia, che con i suoi errori ha privato molti di loro dei sussidi statali sulla produzione. La situazione è resa più complicata dalla decisione Ue di congelare i fondi al paese dopo la scoperta di truffe e irregolarità
Foto Tanya Mangalakova
Numerosi produttori di latte in Bulgaria sono a rischio fallimento, visto che lo stato non paga i sussidi per l'acquisto del foraggio. Molti allevatori, che hanno chiesto denaro agli istituti bancari per ammodernare stalle e strutture produttive, da mesi non riescono a pagare le rate dei prestiti ottenuti. Molti hanno chiesto finanziamenti con la speranza di ottenere poi sussidi europei, ma nel frattempo Bruxelles ha congelato gli "eurofondi" diretti alla Bulgaria dopo la scoperta di numerose appropriazioni indebite e malversazioni. Durante l'estate la tensione è cresciuta, e il paese è stato scosso da violente proteste da parte degli allevatori. Migliaia di produttori infuriati hanno manifestato su tutto il territorio nazionale, bloccando strade, mentre gli allevatori della regione di Kardzhali hanno minacciato di portare le proprie mandrie in Grecia, per riuscire ad ottenere sussidi più sostanziosi.
I manifestanti chiedono un sussidio annuale di 20 stotinki (10 eurocent) per ogni litro di latte prodotto, la diminuzione al 10% dell'IVA sui prodotti agricoli, un meccanismo che garantisca un prezzo minimo di acquisto per il latte e la carne, la cessione gratuita di terreni statali e comunali per le necessità dell'allevamento e altre misure. Il premier Serghey Stanishev ha accusato gli allevatori di aver messo in atto una protesta di stampo politico, ma l'attuale situazione di crisi è il risultato di errori di valutazione dei burocrati, che non sono stati in grado di mappare adeguatamente il numero di animali e pascoli in Bulgaria, privando così molti produttori di sussidi.
Il 6 agosto scorso il governo ha sottoscritto un accordo per lo stanziamento di 60 milioni di leva (30 milioni di euro) per affrontare la crisi. Questi fondi però non sono sicuri, visto che il governo potrà stanziarli solo dopo aver ricevuto il via libera da Bruxelles. Il ministro dell'Agricoltura, Valeri Tzvetanov, insieme al vice-premier Meglena Plugchieva proverà a convincere le strutture comunitarie della necessità di questo finanziamento imprevisto, ma non prima di settembre. In caso di valutazione negativa da parte della Commissione europea, Sofia rischia infatti forti multe.
Questi problemi assillano l'esecutivo bulgaro da ormai quasi sei mesi. I sussidi finora stanziati da Sofia hanno supportato solo il 25-30% degli allevatori, quelli che possiedono stalle dichiarate di "prima categoria", ma non le molte piccole aziende che non hanno fondi a sufficienza per modernizzare le proprie strutture. Al momento vengono pagati circa 1,7 milioni di leva per la produzione di latte di qualità ( 6 stotinki al litro), ma molti allevatori non hanno ancora ricevuto i sussidi relativi allo scorso mese di marzo, promessi dal ministro Tzvetanov. La domanda è quando il governo sarà in grado di mantenere le proprie promesse, e dove andrà a pescare per reperire i fondi necessari a farlo.
Gli allevatori hanno dato un ultimatum al governo per il pagamento dei sussidi di marzo ed aprile, ed hanno minacciato di bloccare il passo di Shipka (il più importante passo che scavalca la catena dei Balcani) il 21 agosto. Andrian Tzakovski, presidente dell'Associazione dei Produttori di Latte in Bulgaria ha dichiarato che gli operatori del settore hanno perso fiducia nell'esecutivo, e che non sono più disposti ad aspettare. Tra l'altro, ha aggiunto poi Tzakovski, a settembre ci sarà meno lavoro da fare nelle stalle, e quindi più energie a disposizione per portare avanti la protesta.
"La situazione si è fatta tesa"
Allevatori provenienti da tutta la Bulgaria si sono dati appuntamento il 13 agosto davanti al ministero dell'Agricoltura di Sofia, per protestare al suono di zampogne, tamburi e canzoni tradizionali, scandendo "Mafia", "Lasciateci almeno le briciole" e "L'Ue deve capire che non siamo i parenti poveri".
"La situazione si è fatta tesa", ha ripetuto più volte all'Osservatorio Balcani Radoslav Dinev, allevatore di 45 anni, arrivato dal villaggio di Topolyane, provincia di Radnevo, con la sua bisaccia da pastore e i campanacci della sua mandria. Come molti altri, due anni fa, Radoslav ha chiesto un prestito per modernizzare la propria stalla, ma dall'anno scorso la sua mandria di cinquanta tra vacche e bufale è al limite della sopravvivenza economica. "Tutto quanto guadagno dagli animali va direttamente nelle casse della banca. Durante l'inverno, riuscivo a produrre non più di 30 litri di latte, ma sono riuscito a tirare avanti. Ho resistito fino a primavera, ma adesso la situazione è diventata insostenibile. Da due mesi non pago le rate del credito. Nel nostro villaggio ci sono 100 case, in tutto siamo solo due allevatori, e tutti e due navighiamo nelle stesse acque agitate".
Secondo Radoslav i soldi che gli toccavano sono andati a finire nelle tasche di burocrati che non hanno niente a che fare con la produzione. "La colpa è di chi governa. Si sa quanti sono gli allevatori nel paese. Alla fine, però, i soldi sono stati rubati, e quindi non bastano per tutti. Siamo una voce nel deserto, non c'è nessuno disposto ad ascoltarci... Siamo molto lontani dall'Ue. Qui si ruba senza vergogna, e i fondi a cui avremmo diritto vengono dirottati per la costruzione di hotel sulla costa del Mar Nero. Pensavo di riuscire a fare qualcosa per me e la mia famiglia, ma evidentemente in questo paese le cose non vanno".
"La burocrazia è come la criminalità organizzata"
Veselin Yankov, 43 anni, del villaggio di Galiche, provincia di Vratza, fa l'allevatore da 17 anni. Ha iniziato con una sola mucca, oggi ne ha dieci, insieme a vitelli e giovenche. Tutta la sua famiglia lo aiuta nel lavoro dalla mattina alla sera "ma le cose non vanno, si fatica come schiavi, ma non c'è guadagno".
Secondo Veselin la protesta di fronte al ministero dell'Agricoltura non porterà a risultati concreti. "Non riusciremo a sconfiggere la burocrazia, che è come la criminalità organizzata. Solo due delle stalle del nostro villaggio di 2400 abitanti sono riuscite ad ottenere sussidi per il foraggio. Quando siamo andati all'agenzia regionale, sulla porta abbiamo trovato un annuncio, in cui si diceva che i fondi a disposizione erano già stati terminati. I dipendenti non avevano la minima idea su chi avesse ordinato di non accogliere più domande di finanziamento, e in base a quale provvedimento di legge. Il 23 maggio hanno detto che il termine era scaduto, e che 11mila produttori agricoli avevano ottenuto sussidi, ma ci sono almeno altri 13mila che non hanno avuto niente. Io ho pagato il foraggio per i miei animali, ho le fatture, ma non ho ricevuto un soldo. Ma c'è chi ha presentato fatture per mille leva, e ne ha ricevuto almeno 5mila di sussidio".
Veselin ha un suo punto di raccolta e vendita diretto, in grado di fornire 400 litri di latte al giorno, 100 dalla sua mandria e altri 300 da altri soci dello stesso villaggio. L'allevatore spiega che, per essere riconosciuta come "prima categoria" una stalla deve trovarsi fuori dai centri abitati, e deve essere fornita di attrezzature moderne e molto costose. Il latte prodotto solitamente nei villaggi più piccoli è "terza categoria" e permette guadagni risicati, che non garantiscono uno standard di vita accettabile per le famiglie di Veselin, che oltre alla stalla possiede un piccolo negozio.
Dal villaggio di Galiche, la prospettiva europea si tinge di tinte fosche. "Dovremmo essere tutti nella stessa grande casa europea, ma la politica è diretta a far sì che le grandi ditte possano avere il monopolio, e che le piccole debbano chiudere, così che mentre alcuni si arricchiscono altri affondino nella miseria, per farci degli schiavi di fatto e costringerci ad andare a fare i badanti all'estero", dice Veselin amareggiato.
L'allevatore sembra un ritratto del lavoratore di un tempo: con cinque ettari di terra, una mandria, un negozio, si è tirato su le maniche per darsi da fare insieme a tutta la famiglia. Tempo fa è anche diventato pastore evangelista, e forse per questo il suo racconto somiglia nel tono ad una profezia. Si lamenta, ma allo stesso tempo ancora vede il suo futuro, e quello del figlio di 17 anni, nel villaggio natale. "Il ragazzo mi aiuta con la stalla. Gli ho consigliato di occuparsi di informatica, ma è troppo intemperante per quel mestiere. Ora ha dieci agnelli. Tra due anni, dopo aver preso la maturità, se la situazione si normalizzerà, potrebbe chiedere sussidi a fondo perduto per giovani allevatori. Alle volte mi chiedo se la bicicletta che abbiamo voluto non sia troppo pesante per noi, e che pur riuscendo a far muovere i pedali, non riusciamo però ad andare avanti".