Il Presidente bulgaro propone un referendum sull'ingresso nell'Unione. Il governo risponde: "la società bulgara non abbastanza matura per esprimersi su questioni importanti".
Da Sofia, scrive Tanya Mangalakova
Lo ha richiesto il Presidente bulgaro Georgi Parvanov. Un referendum sull'UE che serva a ribadire l'opzione europea. Lo ha fatto davanti al Parlamento lo scorso 22 gennaio. Secondo Parvanov un referendum servirebbe a mobilitare le istituzioni ed i bulgari verso l'obiettivo comune dell'entrata nell'Unione.
Il Presidente bulgaro ha invitato, a 14 anni dal crollo del regime comunista, di avvantaggiarsi delle "leve della democrazia diretta". Parvanov ha inoltre richiesto una modifica dell'attuale legge sul referendum che dia il potere al Presidente non solo di definire la data di un eventuale referendum ma anche di proporlo ed indirlo.
Entro metà 2004, secondo Parvanov, la Bulgaria sarà in grado di chiudere le negoziazioni con l'UE per l'integrazione, all'interno quindi della presidenza irlandese. "Il 2004 sarà l'anno vincente sia per quanto riguarda l'Europa e l'ingresso nella NATO", ha affermato.
La riforma del sistema giudiziario, l'armonizzazione della legislazione con quella europea, la competitività delle aziende bulgare sul mercato europeo, la lotta alla corruzione e la tutela delle minoranze i campi nei quali occorrono, secondo Parvanov, ancora degli sforzi.
Il Presidente bulgaro ha inoltre invitato i cittadini a partecipare direttamente al processo. Per assicurarsi che "vengano rispettati sia i diritti nazionali che quelli personali".
La proposta di indire un referendum ha diviso i politici bulgari. Solo il Partito socialista si è dichiarato favorevole all'iniziativa. Nadezhda Mihailova, leader dell'UDF, opposizione di destra all'attuale governo, si è chiesta se le istituzioni siano in grado di promuovere un tale referendum e se i cittadini siano sufficientemente informati sul tema dell'integrazione europea. Mentre i rappresentanti della coalizione governativa, il Movimento Nazionale Simeone II ed il Movimento dei diritti e delle libertà (MRF), hanno reso pubblico il loro dissenso.
Dnevnik, tra i maggiori quotidiani del Paese, concentra la propria attenzione non solo sul merito del referendum ma anche sugli equilibri costituzionali che entrerebbero in gioco. L'anno scorso il Parlamento ha modificato la legge sul referendum stabilendo che il Presidente non possa indire una consultazione popolare diretta. "Se a quest'ultimo venisse concesso questo potere muterebbero radicalmente i rapporti tra Governo, Parlamento e Presidente e si rischierebbe un conflitto tra le principali istituzioni del Paese", si afferma dalle colonne del quotidiano bulgaro.
A supporto di questa affermazione viene riportata l'opinione dell'analista politico Ivan Krastev. "Immaginate se il Presidente potesse indire un referendum contro la chiusura dei reattori 3 e 4 della centrale nucleare di Kozloduy. Nel caso il voto popolare fosse a favore della riapertura come potrebbe reagire il governo (spinto alla decisione sulla chiusura da forti pressioni dell'UE, n.d.r)? E quali potrebbero essere gli spazi di manovra del Presidente stesso?". Dnevnik invita a resistere alla tentazione di dare più poteri degli attuali al Presidente della Bulgaria.
I ministri direttamente interessati si sono schierati immediatamente contro l'opzione referendaria. Lo ha fatto Solomon Passy, Ministro degli esteri e Melena Kouneva, Ministro degli affari europei.
Secondo il Ministro degli esteri la posizione favorevole all'UE dei cittadini bulgari è scontata. Lo dimostrerebbero non solo i sondaggi ma anche il fatto che tutti i partiti rappresentati in Parlamento sostengono il percorso del Paese verso l'Unione. "Un referendum nel 2006 rischierebbe di mescolarsi pericolosamente con la campagna per le elezioni Presidenziali" ha chiarito inoltre Passy. Alla constatazione che solo Cipro, tra i dieci Paesi che nel 2004 entreranno a far parte dell'Unione, non ha indetto un referendum Passy ha chiarito che in Bulgaria non vi sarebbe la tradizione di questo tipo di consultazione. "In 14 anni non vi è mai stata una consultazione popolare diretta".
Il quotidiano Sega è stato duro contro il Governo. "Emerge evidente un paradosso del potere. I cittadini bulgari non vengono considerati sufficientemente maturi per pronunciarsi sull'integrazione ma per abbastanza maturi per scegliere i propri governanti ... le parole di Passy sono troppo insolenti per essere commentate". Il quotidiano ritorna poi sulla questione della centrale nucleare di Kozloduy, spina nel fianco del percorso europeo della Bulgaria. "Il governo dovrebbe richiedere un mandato dal Parlamento per discutere degli ultimi capitoli delle negoziazioni UE o perlomeno su quello che definirà il futuro di Kozloduy" si afferma su Sega "altrimenti un eventuale referendum rischierebbe di trasformarsi in una scelta tra l'UE e la centrale nucleare di Kozloduy". Sega afferma inoltre che nel 2006 il referendum si terrà, meno certo invece se vi sarà ancora il governo guidato da Simeone di Sassonia Coburgo.
Il Premier si è pronunciato sull'argomento solo una settimana dopo l'intervento di Parvanov. Ha espresso scetticismo affermando che i referendum sono "esercizi costosi". Immediata la risposta di Paravanov. "Organizzare un referendum costa 40 volte di meno di eventuali elezioni municipali. O, per dirla con altre parole, la partecipazione di ogni cittadino alla consultazione referendaria costerebbe quanto una corsa semplice su un tram".
Le argomentazioni della compagine governativa contro un eventuale referendum sono apparse a molti deboli ed inconsistenti. Molto contestata anche l'opinione espressa da Ahmed Erdogan, leader del Movimento per i Diritti e le Libertà. Secondo quest'ultimo il referendum sarebbe un gioco pericoloso. "La società non è abbastanza matura per esprimersi su questioni importanti, deve farlo tramite i suoi rappresentanti politici". "La gente non sarebbe abbastanza matura? Certamente più di alcuni politici", la replica di Paravanov.
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