L'ex re, ed attuale Primo ministro, Simeone di Sassonia Coburgo Ghota si è trovato ad affrontare un voto si sfiducia. Lo ha superato, ma il suo governo sembra sempre più traballante. Ed a giugno vi saranno le elezioni politiche.
Lo scorso 11 febbraio il governo dell'ex re Simeone di Sassonia Coburgo Ghota, ora Primo ministro, è riuscito a superare positivamente l'insidia di un voto di sfiducia: 128 parlamentari a suo favore, 106 i contrari.
Si è trattato del sesto voto di fiducia nei confronti dell'attuale gabinetto. Questa volta la crisi aveva il sapore del tabacco. La crisi di governo è stata caratterizzata da due eventi principali: la ristrutturazione della coalizione di governo in vista delle elezioni politiche del prossimo 25 giugno ed il ritiro dalla gara per la privatizzazione del colosso "Bulgartabac" della BAT (British American Tobacco).
La crisi di governo ha avuto inizio a fine gennaio quando il Movimento per i diritti e le libertà (MRF), partito che rappresenta in Bulgaria gli interessi della comunità turca e membro della coalizione di governo, ha denunciato alcune clausole del contratto di privatizzazione della "Bulgartabac" che il governo andava a definire con la BAT. Secondo il leader dell'MRF, Ahmed Dogan, la firma del contratto avrebbe danneggiato gli interessi bulgari ed andava in contrapposizione con i principi sanciti dal Parlamento per guidare la privatizzazione. "Ne uscirà rovinata l'intera industria del tabacco e 300.000 persone perderanno il loro pane quotidiano".
Anche la confederazione sindacale Podkrepa ha evidenziato alcune clausole a proprio avviso discutibili. Tra queste ad esempio quella che prevede delle compensazioni da parte del governo alla BAT nel caso, nei prossimi anni, aumentassero le tasse.
In seguito alle polemiche lo scorso 2 febbraio la BAT ha ritirato la propria offerta di 200 milioni di euro per l'acquisto dei tre stabilimenti della Bulgatabac, monopolista in Bulgaria della trasformazione del tabacco.
Alla crisi di governo ha però portato anche l'atteggiamento del Ministro per l'economia Lidya Shouleva che, per 4 volte di seguito, non si è presentata davanti al Parlamento che le aveva richiesto di relazionare sui dettagli del processo di privatizzazione.
I parlamentari del partito "Tempi nuovi" hanno richiesto le dimissioni del Ministro e con le sue, quelle di altri tre Ministri dell'esecutivo. "L'atteggiamento della Shouleva è l'apice, e la fase più acuta, dell'arroganza politica", ha commentato Borislav Tzevov, di "Tempi nuovi".
La situazione ha portato ad una richiesta congiunta dell'opposizione di destra e di sinistra all'attuale governo e dei centristi di "Tempi nuovi" di un voto di sfiducia nei confronti dell'esecutivo.
"Tempi Nuovi", i camaleonti
Prima che si arrivasse al giorno del voto di fiducia i 13 parlamentari di "Tempi nuovi", nato da una costola dissidente del partito attuale di governo del Premier Simeone di Sassonia Coburgo Ghota, si erano già accordati per sostenere i due partiti della coalizione di maggioranza, il Movimento di Simeone II e l'MRF. I leader dei tre partiti (131 seggi in totale sui 240 del Parlamento) si sono impegnati a garantire una maggioranza stabile da qui alle elezioni ed a presentarsi assieme e compatti all'appuntamento con le politiche.
Un paradosso perché proprio da "Tempi nuovi" erano partite le critiche più dure al governo. E "Tempi nuovi" ha tirato fuori dalle peste il Premier davanti ad un voto di sfiducia che quest'ultimo rischiava di non superare.
Secondo Roumen Ovcharov, della dirigenza del Partito socialista bulgaro, si sarebbe trattato solo di mercanteggiare una serie di poltrone a vantaggio dei membri di "Tempi nuovi".
"Patto d'instabilità", ha titolato il settimanale "Capital" riferendosi al nuovo accordo di governo e parodiando il Patto di Stabilità con il quale l'Occidente sta tentando di far uscire i Balcani dall'impasse degli anni '90. "Tempi Nuovi ha dimostrato di essere in grado di creare tensioni ed instabilità. Il patto sottoscritto sembra più un cessate il fuoco che non una pace dal futuro solido", si scrive nei suoi editoriali.
La saga della Bulgartabac
La decisione della BAT di ritirarsi dalla gara d'appalto è stata commentata da molti analisti come il secondo fallimento del governo nel privatizzare il gigante della trasformazione del tabacco "Bulgartabac". "La BAT si è ritirata da una battaglia ineguale, un investitore contro sei gruppi parlamentari" ha commentato Lidya Shouleva, Ministro per l'economia. Secondo quest'ultima la Bulgaria avrebbe perso l'ultima chance di mantenere in vita l'industria del tabacco e di diventare il centro della trasformazione di quest'ultima per l'intero Sud Est Europa. "Ancora una volta gli affari sono divenuti ostaggio della politica", ha commentato.
"E' poco plausibile che nei prossimi mesi si faccia vivo un nuovo investitore. Chi si incamminerebbe lungo una strada dove, prima di lui, hanno già fallito in modo clamoroso in molti?", si chiede Ivan Krastev, analista politico.
I tentativi di privatizzare la Bulgartabac proseguono oramai da 7 anni. Secondo il settimanale Capital il ritiro della BAT avrà conseguenze negative sull'intero settore del tabacco e di conseguenza sull'economia del Paese. E altri investitori ne trarranno indicazioni negative.
"Il peso politico dell'MRF si è rivelato di un certo rilievo ed è stato fondamentale nel far fallire il processo di privatizzazione" sottolinea Martin Dimitrov, dell'Istituto per l'economia di mercato con sede a Sofia. "L'MRF continuerà ad avere influenza sul Ministero dell'agricoltura, l'attuale Ministro appartiene all'MRF, ed è per questo che si preferisce che la Bulgartabac rimanga di proprietà statale".
Secondo Kennet Leffkovitz, Presidente della camera di commercio USA in Bulgaria, "La prossima privatizzazione della Bulgartabac andrà a buon fine solo se vi sarà una chiara decisione politica nel non utilizzare l'azienda a fini sociali".
Secondo il settimanale Capital comunque il colosso del tabacco è ormai molto probabile rimanga proprietà statale. Difficile che in questa fase di diminuzione del consumo di sigarette, in tutto il mondo sono stati approvati provvedimenti anti-fumo, le multinazionali decidano di entrare anche in Bulgaria dopo averlo fatto in Serbia, Croazia, Grecia e presto anche Turchia, con la privatizzazione della Tekel. Molto più probabile che si aspetti invece il 2007 e si entri nel Paese come concorrenti della Bulgartabac. "Ed in quel caso nessuna misura riuscirà a proteggere la produzione nazionale", aggiunge Capital.
Come emerge dalle parole del funzionario americano alla Bulgartabac sono connesse molte situazioni politiche e sociali del tutto delicate. 200.000 persone della zona dei monti Rodopi, nua delle più povere del Paese, sopravvivono grazie alla coltivazione del tabacco. Lo stesso Stato sovvenziona la produzione di tabacco con 59 milioni di euro all'anno, cifra che rappresenta i 2/3 di tutti i sussidi all'agricoltura concessi dal governo. Nonostante questo regna la miseria e molti contadini preferiscono abbandonare i propri campi e lavorare come raccoglitori nella vicina Grecia.
Difficile dire se questa situazione di stallo potrebbe migliorare in seguito alla privatizzazione. Certo è che quest'ultima avrebbe, in prima battuta, dure conseguenze sociali.