Il 27% delle poltrone del Parlamento sono occupate, in Bulgaria, da donne. Un dato positivo se confrontato con altri Paesi europei. "Questo non significa maggiore tutela per i diritti delle donne", afferma Krassimira Daskalova, ricercatrice.
Da Sofia, scrive Tanya Mangalakova
Le donne percepiscono il 67% dei salari maschili; l'accesso a ruoli dirigenziali è limitato, solo il 28,5% dei manager sono donne; le donne fanno il 70% del lavoro domestico, che naturalmente non è retribuito e rimane spesso sottostimato; le donne non hanno uguali opportunità rispetto ai loro colleghi maschi in politica: rappresentano infatti il 26% dei parlamentari, il 5% dei sindaci, il 23% dei rappresentanti locali; si può inoltre parlare di una povertà sempre più al femminile: il 2/3 delle persone al di sotto della soglia della povertà sono donne. Questi dati emergono da una pubblicazione pubblicata dal Network for European Women's Rights e redatta da Krassimira Daskalova and Pavlina Filipova. Nonostante questi dati non certo positivi la Bulgara, in Europa, è al nono posto per quanto riguarda la presenza femminile nelle rappresentanza politica. Lo afferma European Women's Lobby, la più grande struttura di coordinamento a livello europeo delle associazioni ed ONG che si battono per la tutela e la promozione dei diritti delle donne. Vi è una contraddizione tra questi dati? Lo abbiamo chiesto a Krassimira Daskalova, professore associato presso al facoltà di Filosofia "St. Kliment Ohridski" di Sofia. Insegna storia della cultura moderna e propone ai suoi studenti due corsi: il primo su questioni di genere, il secondo un'analisi del ruolo della donna e dei sessi nella storia.
OB: In Bulgaria le donne trovano molte difficoltà, dal mondo del lavoro alla politica. Come si spiega allora il nono posto in Europa per quanto riguarda la presenza femminile nella rappresentanza politica?
KD: Non penso vi sia contraddizione. La Bulgaria è, tra i Paesi dell'est Europa, al primo posto in questa specifica classifica. Il 26% di parlamentari donne è un dato significativo. Non significa però che vi sia sensibilità in merito ai problemi delle donne. Al contrario spesso le nostre parlamentari si battono con tutta la loro energia per non essere identificate come donne. Nel 2002 doveva essere votata in Parlamento una legge sulle pari opportunità tra donne e uomini. Le parlamentari in Parlamento non riuscirono a trovare una posizione comune ed anzi molte di loro finirono per convincersi che non fosse necessario votare tale legge perché sarebbe stata "un'ammissione che in Bulgaria donne ed uomini non sono sullo stesso livello", come affermò in quell'occasione Roumen Ovcharov, parlamentare socialista. La legge non passò, ma prima o poi una legge simile passerà.
OB: Perchè quest'incapacità a trovare una posizione comune in merito alla tutela dei diritti delle donne?
KD Fallire nell'adottare una legge sulle pari opportunità significa fallire nel trovare unità di intenti. Le donne in Parlamento non sono sensibili alle questioni di genere e sono piuttosto interessate a difendere gli interessi degli uomini. L'intera Bulgaria ha creduto nella propaganda comunista a favore dell'emancipazione delle donne. La società ha creduto nell'approccio comunista all'emancipazione: attraverso il lavoro. Tutte le donne durante il periodo socialista avevano il diritto e la possibilità di lavorare. Ora questo diritto non lo hanno più a causa delle difficoltà legate alla transizione. La Costituzione garantisce loro questo diritto ma poi non si tiene conto delle differenze che esistono tra i sessi. Le donne nel mondo del lavoro incontrano molte più difficoltà degli uomini. La discriminazione nei loro confronti assume varie forme e spesso non è che la continuazione di modalità che già esistevano durante il regime comunista. In generale si può affermare che una giovane bulgara ha meno possibilità di riuscire rispetto ad un collega maschio nel lavoro per il quale sarebbe qualificata dal punto di vista del percorso formativo compiuto.
OB: Ad esempio?
KD: Quando viene assunta una persona spesso vi è un'esplicita preferenza ad assumere un uomo. Questo è anche reso possibile dal fatto che non vi è una normativa specifica in materia in grado di evitare queste discriminazioni. E' un evidente segnale che la società bulgara non è sensibile sulla questione. Continuano ad esservi inoltre stereotipi sulle profeesioni "da uomo" e da "donna". Il fatto che i salari delle donne ammontino in media al 70% di quelli degli uomini è indicativo sull'entità del problema.
OB:Cosa significa femminismo in Bulgaria?
KD:Già dai libri di testo emerge un ruolo sociale della donna molto legato alla famiglia, alla crescita dei figli ... mentre l'uomo lavora. C'è necessità di rimuovere dalla nostra società questo sessismo e trasformare una percezione che attualmente è negativa del femminismo. Ho studiato l'evoluzione del movimento femminista in Bulgaria. Si può trovare una spiegazione storica all'avversione riscontrabile nella società bulgara rispetto ai movimenti femministi. Occorre risalire a prima della seconda guerra mondiale. Vi erano in quel periodo due diverse visioni femministe che si contrapponevano. Una legata al movimento socialista, la seconda, quella che più propriamente può essere identificata come 'movimento femminista', era legata ad un ambito più borghese. 45 anni di comunismo hanno reso più profondo il fossato tra quest'ultima e l'emancipazione femminile percepita esclusivamente attraverso il lavoro. Anni di socialismo hanno fatto sì che non si parlasse id femminismo. Ora è una voce sconosciuta, percepita dai più come anacronistica.