Il ponte sul Bosforo

Alla notizia dell'invito alla Turchia ad avviare i negoziati di adesione all'UE i media bulgari hanno dato scarso rilievo. Sintomo di indifferenza? Secondo alcuni tra i più autorevoli analisti bulgari è piuttosto un segno della maturità dei rapporti di vicinato dei due Paesi

21/02/2005 -  Marinela Nikolova

L'incontro tenutosi a Bruxelles il 17 dicembre scorso, durante il quale la Turchia è stata invitata ad avviare i negoziati di adesione all'Unione Europea, è passato largamente inosservato sulla stampa bulgara. Come esempio basti il fatto che uno dei settimanali più attenti del paese, la rivista di economia e politica Kapital, ha dedicato all'evento solo un breve trafiletto tradotto dal Financial Times. Questo disinteresse può apparire strano per un paese, come la Bulgaria, che confina direttamente con la Turchia, che è stato per cinque secoli sotto il dominio ottomano e che ha una numerosa minoranza turca (poco meno del 10% della popolazione complessiva). Inoltre, della coalizione di governo fa parte proprio il partito che in Bulgaria rappresenta tale minoranza, il Movimento per i Diritti e le Libertà (DPS), alcuni membri del quale sono ministri.

I rapporti con la vicina Turchia sono stati per lungo tempo difficili, ai tempi del regime comunista il confine tra i due paesi segnava allo stesso tempo quello tra la NATO e il Patto di Varsavia ed era uno dei punti più caldi della cortina di ferro. Il "processo di rinascita" con il quale negli anni '80 il regime comunista aveva deciso di cambiare i nomi dei cittadini musulmani con nomi bulgari, e che ha portato alla deportazione di fatto di circa 300.000 turchi di Bulgaria nella vicina Turchia, ha approfondito il solco tra i due paesi.

Le cose sono cambiate nel 1997, quando il partito di destra e filo-occidentale SDS (Unione delle Forze Democratiche) ha conquistato il potere: il premier Kostov ha aperto un canale privilegiato con Ankara, con la quale i rapporti si sono fatti improvvisamente idilliaci. Tanto che sui manuali di storia, laddove si scriveva del periodo del dominio ottomano, all'improvviso si è smesso di utilizzare il termine "giogo ottomano" per passare a un ben più pudico "presenza ottomana". Il governo guidato dall'ex zar Simeon, insediatosi nel 2001, ha aperto per la prima volta al partito della minoranza turca, un evento fino a pochi anni prima impensabile, nonostante i buoni rapporti diplomatici tra l'esecutivo di Kostov e Ankara. Oggi la Turchia rimane terra di emigrazione per molti turchi di Bulgaria, mentre sul piano diplomatico è un alleato nella "guerra mondiale contro il terrorismo". Per il bulgaro medio, invece, la Turchia è più prosaicamente il paese di origine di una marea di prodotti contraffatti, il più delle volte spacciati come "made in Italy".

Il fatto che i media bulgari abbiano pressoché ignorato l'evento di Bruxelles, e che i suoi politici non abbiano commentato in alcun modo l'invito alla Turchia, è sicuramente un sintomo di come i rapporti tra i due paesi, dopo anni di oscillazione, si siano ora stabilizzati. Sofia, a differenza di Ankara, ha compiuto numerosi passi avanti nel processo di adesione all'UE. L'entrata nell'Unione è stata fissata per il gennaio 2007, data in cui anche la Romania dovrebbe entrarne a far parte.

Durante l'incontro di Bruxelles del dicembre scorso è stato inoltre deciso che a partire da aprile la Bulgaria dovrebbe diventare "osservatore attivo" all'interno dell'Unione, un modello che era già stato applicato in passato ai 10 stati diventatine membri nel maggio scorso. Come "osservatore attivo" la Bulgaria potrà presenziare a tutti i forum dell'Unione intervenendovi, tuttavia senza diritto di voto. Più che della futura adesione di un paese dal grande numero di abitanti, politicamente e militarmente più influente come la Turchia, la Bulgaria sembra preoccupata in questo momento della possibilità che i ritardi della Romania nel processo di adesione possano indirettamente costituire un freno per l'entrata di Sofia nell'UE. A tale proposito durante la riunione di Bruxelles la Bulgaria ha fatto un passo avanti, poiché ha ricevuto assicurazioni da parte dei vertici dell'Unione che, qualora la Romania dovesse mancare l'appuntamento per l'adesione nel gennaio 2007, le porte per lei rimarrebbero aperte.

Lo scarso interesse dei media e dei politici bulgari per la notizia dell'invito alla Turchia è senz'altro un riflesso del fatto che Sofia ha altre priorità, cioè quelle di portare a termine il proprio processo di adesione entro l'inizio del 2007 e di gestire a livello diplomatico i rapporti con la Romania in vista di tale appuntamento. Su tale scarso interesse incide anche il fatto che la Bulgaria è alle soglie di elezioni parlamentari il cui esito si profila ancora incerto. La traballante coalizione di governo, guidata dal NDSV, il partito dell'ex zar Simeon, è impegnata a gestire i delicati e instabili rapporti interni, facendo allo stesso tempo fronte agli attacchi dell'opposizione, che negli ultimi giorni ha cercato senza successo di ottenere in parlamento un voto di sfiducia all'esecutivo.

Seppure rari, alcuni commenti sono comparsi sulla stampa bulgara. Vi sono stati alcuni osservatori che hanno scelto una prospettiva geopolitica, constatando che, allargandosi in futuro alla Turchia, l'Unione Europea integrerà al suo interno una larga popolazione musulmana e porterà i suoi confini a diretto contatto con i paesi arabi. Queste constatazioni sono state formulate con evidente preoccupazione, ma è importante rilevare che il loro tono è stato nel complesso pacato e confinato entro limiti razionali.

Si tratta di un importante differenza con il passato, in cui il tema Turchia dava spesso adito a lunghe tirate retoriche e nazionaliste. Più numerosi sono stati invece gli osservatori che hanno constatato come Sofia non debba preoccuparsi del futuro ingresso dell'ingombrante vicino nell'Unione Europea, perché ormai la Bulgaria è molto più avanti nel processo di adesione. Da alcuni di questi articoli trapela un certo orgoglio per il fatto che Sofia avrà voce in capitolo sull'entrata della Turchia nell'Unione, poiché quando cominceranno le trattative con Ankara sui problemi concreti la Bulgaria con ogni probabilità sarà già membro a pieno titolo. Un atteggiamento che è un indice di come negli ultimi anni la Bulgaria guardi al mondo esterno in modo diverso, più sicuro di sé e che è efficacemente riassunto da una frase di Georgi Gotev, giornalista del quotidiano Sega e uno dei più attenti osservatori bulgari delle politiche europee: "Un segno chiaro di quanto ci stiamo avvicinando all'UE è dato dal progressivo raffreddamento del grado di emozionalità politica ogni volta che superiamo una nuova tappa del processo di adesione. Si tratta di un fenomeno normale, già osservato nei dieci paesi che sono entrati nell'Unione l'anno scorso, dove ora è addirittura in crescita l'euroscetticismo. Il contrasto con la frenetica felicità con la quale i turchi hanno accolto la notizia dell'invito ad aderire all'UE è la migliore prova di come la strada che i nostri vicini devono percorrere per giungere all'obiettivo sia ancora lunga, mentre la nostra è molto più breve".