Lo scorso 23 giugno il Presidente bulgaro Georgi Paravanov ha promosso un incontro tra ministri, deputati ed esperti. Obiettivo? Discutere del futuro della centrale nucleare di Kozloduy.
Non è una novità che l'Unione Europea stia facendo forti pressioni affinché si arrivi almeno alla chiusura dei due reattori più vecchi (I e II) della centrale nucleare di Kozloduy. Già nell'aprile scorso il Presidente bulgaro Paravanov aveva chiarito come entro il 2003 si sarebbe dovuti arrivare alla chiusura dei reattori, altrimenti l'Unione Europea avrebbe ritardato le negoziazioni per l'accesso all'UE e bloccato gli investimenti necessari all'ammodernamento del settore energetico nucleare.
Lo scorso 23 giugno il Presidente bulgaro è stato promotore di un altro incontro e questa volta all'ordine del giorno vi era la discussione sul futuro di altri due reattori di cui è dotata la centrale. Vi sarebbero tre diverse opzioni. La prima è quella presentata dal quotidiano "Trud". La Bulgaria accetterebbe di chiudere i due reattori in cambio di una compensazione dal parte dell'UE di 3 miliardi di dollari. La seconda opzione sarebbe quella di fermare l'attività dei reattori senza però procedere al loro smantellamento in modo da trovare poi i fondi necessari ad una loro modernizzazione. La terza variante riguarda un possibile accordo con l'UE ed una futura chiusura dei due reattori quando questi ultimi non risponderanno più agli standard internazionali.
Naturalmente anche l'eventuale sospensione delle attività della centrale nucleare di Kozloduy non implicherebbe la fine dei rischi ambientali dell'area. Il quotidiano "Capital" ha sottolineato come ci si concentri tutti sulla questione della chiusura dei reattori e sui costi finanziari di questo, ma pochi pongono l'attenzione sui rischi ecologici ed i costi sociali.
E' comunque oramai molto realistico si proceda alla chiusura almeno dei due reattori più vecchi. Anche qui non è ancora certo se si procederà ad un immediato smantellamento o si attenderà un periodo che può andare dai 30-35 anni sino, a volte, ai 100 per poi procedere all'eliminazione definitiva dei reattori.
Gli esperti del programma FAR, chiamati a progettare le operazioni di smaltimento, hanno sostenuto che l'opzione migliore sarebbe quella di "congelare" i reattori per un lungo periodo di tempo per poi proseguire in un secondo momento al loro completo smantellamento. Questa operazione arriverebbe a costare 500 milioni di dollari.
In merito alla centrale, l'opinione pubblica bulgara sembrerebbe a favore della continuazione dell'attività. Questo almeno emerge da un sondaggio promosso lo scorso aprile. Il 78% degli intervistati si era allora dichiarato contrario alle pressioni UE per la chiusura di almeno due dei reattori della centrale. Solo il 7% si era dichiarato a favore.
Molti degli intervistati percepivano la decisione dell'UE come un modo per liberare fette di mercato per altri produttori d'energia e di minare l'indipendenza del settore energetico bulgaro.
L'impianto nucleare di Kozloduy fornisce il 40% dell'energia di tutto il Paese e quindi c'è un timore condiviso che la chiusura dell'impianto porterà ad un sensibile incremento del costo dell'energia.
Le difficoltà che sta attraversando l'impianto di Kozloduy non hanno comunque fatto optare il governo bulgaro per la modifica delle proprie scelte strategiche nel campo energetico. Nel mese di aprile il Ministro degli esteri bulgaro, Solomon Pasi, aveva ad esempio reso noto come due compagnie canadesi avessero rivelato interesse a costruire un nuovo impianto nucleare nel porto sul Danubio di Belene, a 250 km a nord-est di Sofia. La costruzione di questa centrale era stata congelata nei primi anni '90 dopo la protesta di molte associazioni ambientaliste.