Ancora una volta, in Bulgaria, si scontrano gli interessi del mondo degli affari e di chi sostiene un utilizzo più attento delle risorse naturali. Stavolta al centro delle polemiche è il monte Vitosha, simbolo e stazione sciistica per antonomasia della capitale Sofia. Ancora incerti gli sviluppi, ma c'è già chi ci ha rimesso: sciatori e appassionati di montagna, rimasti senza impianti di risalita
Sulle falde del monte Vitosha, la montagna simbolo della capitale bulgara Sofia, quest'anno non ci sono sciatori. Dopo la prima neve, la compagnia “Vitosha ski”, proprietaria degli impianti di risalita, ha rifiutato di mettere in moto skilift e funivie, appellandosi al fatto che le piste da sci, alla luce delle nuove norme sulle foreste approvate lo scorso aprile, sarebbero fuori legge. La “Vitosha ski” da anni tenta di allargare l'area adibita agli sport invernali, costruendo nuovi impianti e modificando il piano d'uso della montagna. Al momento la compagnia tenta di far passare il progetto per un grande centro sciistico, che però ancora non ha ottenuto via libera dal ministero dell'Ecologia.
Alla vigilia dell'anno nuovo, il governo ha proposto modifiche alla legge sulle foreste, che renderebbero possibile costruire piste e impianti anche su terreni del demanio, portando poi il disegno di legge in parlamento. Le organizzazioni ecologiste hanno reagito duramente, scendendo in piazza. La proposta normativa del governo è nota al pubblico come “legge Vitosha ski”.
A gennaio il ministro dell'Agricoltura Miroslav Naydenov, durante una discussione al parlamento, ha proposto agli ecologisti di partecipare come osservatori al processo di costruzione dei nuovi impianti. La coalizione “Perché sopravviva la natura in Bulgaria”, ha però risposto che “riguardo alle modifiche alla legge sulle foreste, lo stato parla con la lingua dell'oligarchia”. Il primo giorno di lavoro del 2012 i deputati hanno ricevuto una lettera aperta firmata da 31 organizzazioni della società civile, nella quale si chiede di abbandonare il progetto di legge. Il primo di gennaio organizzazioni ecologiste, cittadini e appassionati di sport invernali hanno inscenato una protesta davanti al parlamento.
Da una parte della barricata si trovano grandi gruppi economici, che ruotano intorno alla Parva Investitzionna banka (First Investment Bank) di Tzeko Minev, intenzionati a sviluppare nuovi impianti, dall'altra cittadini e organizzazioni ecologiste, che ritengono che le modifiche alla legge soddisfino esclusivamente gli interessi dei proprietari degli impianti. Secondo gli ecologisti lo stato fornisce sovvenzioni pubbliche fuori legge alle compagnie che gestiscono le località sciistiche bulgare senza alcun riguardo alla dimensione naturale.
Il monopolio “Vitosha ski”
Se il ministro Miroslav Naydenov ritiene che la nuova legge “favorirà le condizioni per il turismo e per lo sviluppo delle attività in tutte le località sciistiche del Paese”, le organizzazioni ecologiste vedono nel provvedimento perdite dirette per la collettività.
Durante il processo di privatizzazione un unico proprietario (la Vitosha ski, appunto) si è trovato nelle mani quasi tutti gli impianti sulla Vitosha, un proprietario che oggi si rivela molto poco socialmente responsabile. Risultato: gli sciatori devono affannarsi sulla neve a piedi, come negli anni '50 del secolo scorso.
A subire la perdita più grande, se verrà approvata la nuova legge, sarà a detta di chi critica la legge, il budget dello stato. Le organizzazioni ecologiste sostengono che le modifiche alla legge daranno la possibilità alle società proprietarie delle località sciistiche di costruire nuovi impianti dove oggi sorgono boschi del demanio, senza dover pagare un soldo.
Le modifiche alla legge, volute dalla “Vitosha ski”, significano per gli investitori enorme risparmio nell'utilizzo di terreni dal demanio forestale. Lo stato di fatto rinuncerà a circa 60 milioni di leva (30 milioni di euro) nei prossimi anni: è l'opinione del leader del Partito dei verdi Andrey Kovachev. Il partito, a cui fanno riferimento molte organizzazioni non governative, ha già annunciato che invierà una denuncia alla Commissione europea di aiuti statali irregolari ai proprietari degli impianti sciistici.
La stampa bulgara non ha speso molto inchiostro per raccontare il conflitto di interessi sulla Vitosha, dove per la prima volta da cinquanta anni le funivie sono rimaste ferme. La posta in gioco è enorme. Il quotidiano Telegraf, vicino alle posizioni del governo, ha pubblicato un articolo non firmato in cui si sostiene che in un anno sessanta Ong ecologiste avrebbero raccolto 150 milioni di euro in progetti europei. Con la tecnica dell'articolo anonimo, utilizzata al tempo del regime comunista, si attacca personalmente il direttore del parco naturale “Vitosha” Toma Belev, uno dei difensori più accaniti del patrimonio naturalistico bulgaro.
Gli interessi dei banchieri
Durante le manifestazioni ecologiste si sono visti cartelli con scritto “Maledetto Tzeko!”, visto che in molti vedono in Tzeko Minev il simbolo dello sfruttamento indiscriminato della natura in Bulgaria. Ma chi è Minev?
A gennaio il sito bivol.bg e il giornale on-line е-vestnik hanno pubblicato un'inchiesta giornalistica sui proprietari delle banche in Bulgaria, che sarebbero tra i maggiori favoriti dalle modifiche alla legge sulle foreste. Tzeko Minev e Ivaylo Mutafchiev, attraverso la loro Parva Investitzionna Banka e attraverso società offshore collegate controllerebbero oggi i le due maggiori località sciistiche della Bulgaria, la Vitosha e Bansko.
La proprietà degli impianti “Vitosha Ski” è della compagnia offshore “Ellora Management Limited”, con sede nelle Isole Vergini Britanniche. Principale azionista della compagnia è Stela Georgiu. La compagnia “Vitosha Ski” è ipotecata per 2,6 milioni di euro nella Parva Investitzionna Banka. Tra i principali azionisti della banca figurano due compagnie offshore, registrate allo stesso indirizzo fisico della Ellora Management Limited e della “Julen”, compagnia che in passato ha utilizzato, deforestando e costruendo, il doppio del terreno assegnatole in concessione a Bansko. Lenia Papadopolou è il direttore di due compagnie offshore che controllano la “Julen”, e al tempo stesso direttore di un'ulteriore compagnia offshore a cui appartengono 8,45 milioni in azioni della Parva Investitzionna Banka.
I giornalisti di bivol.bg e di е-vestnik sostengono che le due direttrici sono in realtà dei prestanome, dietro cui rimangono nascosti i veri proprietari, ma al tempo stesso è evidente che tutte le contorte proprietà portano alla Parva Investitzionna Banka.
Complotto contro il turismo bulgaro?
Secondo molti osservatori sulla Vitosha non c'è posto per ulteriori operazioni di sfruttamento e nuovi impianti, ma i piani di espansione continuano. Il conflitto tra business ed ecologisti continua in parlamento, che deve votare le discusse modifiche alla legge sulle foreste. Il premier Boyko Borisov nel suo tipico stile colorito ha parlato di complotto contro il turismo bulgaro, sostenendo che esiste un gruppo di ecologisti che prendono soldi dai Paesi “alpini” per impedire che si sviluppi una seria concorrenza in Bulgaria.
Le montagne del Paese balcanico, però, difficilmente si possono paragonare alla catena europea regina degli sport invernali. Gli ecologisti temono che la “Vitosha ski” spinga per un piano di investimento che possa portare a tragici sfruttamenti della montagna, come già successo a Bansko, e dove tutti gli abusi edilizi sono già stati sanati dall'autorità.
Dopo la cementificazione selvaggia della costa del Mar Nero, resta da vedere se l'oligarchia economica bulgara riuscirà a mettere definitivamente le mani anche sulle montagne della Bulgaria.