La famiglia Bashov al lavoro sui campi - T.Mangalakova

La famiglia Bashov al lavoro sui campi - T.Mangalakova

Duro lavoro, isolamento, speranze per il futuro. E' questa la realtà quotidiana a Gyoren, piccolo villaggio a maggioranza turca sui monti Rodopi, in Bulgaria. La nostra corrispondente ci racconta la vita dei Bashov, unica famiglia multietnica e multiconfessionale del villaggio

18/10/2010 -  Tanya Mangalakova Gyoren

“Se andate ai Devin [centro amministrativo e nota località termale dei Rodopi centrali, n.d.t.] e chiedete alla gente come si chiama il nostro villaggio vi risponderanno ‘Tora Bora’!”. Nasko, 21 anni, parla di Gyoren col sorriso sulle labbra, mentre col padre Redzhep, la mamma Silva e la nonna Nevena raccoglie patate sui campi di famiglia, non lontani dalla moschea “Ayshe Dzhamiya”.

La famiglia Bashov è l’unica a Gyoren a non digiunare durante il mese di Ramadan, e a parlare in bulgaro tra le mura domestiche. Silva, Nasko e Nevena sono gli unici cristiani tra i circa 900 abitanti del villaggio, situato a 1300 metri di altezza nel cuore dei Rodopi.

Nell’ultimo giorno del Bayram, vecchi e giovani raccolgono le patate nei piccoli campi intorno al villaggio con l’aiuto di cavalli e vecchi aratri, oppure a forza di zappa. I Rodopi non sono fertili, e tutto si lavora a mano. Parte del raccolto, poi, viene rovinato da orsi e cinghiali.

Ogni famiglia raccoglie 70-80 sacchi di patate, ossia qualche tonnellata, che sui Rodopi significano la vita. I Bashov parlano delle patate quasi fossero anche loro membri della famiglia. Le patate sono alla base di tutto, e si cucinano nei modi più svariati.

Qui si lavora duro, la disoccupazione non esiste, e le donne del villaggio lavorano in due piccoli laboratori tessili, mentre gli uomini si guadagnano il pane quasi tutti nel campo dell’edilizia, come manovali e muratori.

La comunità turca di Gyoren è molto religiosa. Durante il mese di Ramadan pochi caffè e bar restano vuoti. Secondo Sherif Hodzha, imam del villaggio, “l’80% degli abitanti digiunano, con l’esclusione di una parte dei più giovani. Più di cento uomini e cinquanta donne frequentano regolarmente la moschea”. Cinque o sei abitanti di Gyoren hanno frequentato istituti religiosi islamici, e una quindicina di persone hanno effettuato il pellegrinaggio rituale alla Mecca.

Silva è stata un tempo insegnante di Sherif. E’ una pomacca (bulgara di religione islamica) e ha conosciuto il marito Redzhep proprio perché lavorava nella scuola di Gyoren. Venticinque anni fa Silva si è convertita al cristianesimo evangelico, e da allora si reca ogni domenica nella chiesa evangelica di Devin.

La famiglia Bashov, multietnica e multi religiosa, ha festeggiato il Bayram fino a quando era viva la madre di Redzhep. “Quando è morta mia suocera, non abbiamo più festeggiato, perché io non sento mie le feste musulmane”, confessa Silva.

Silva racconta che il suo matrimonio con Redzhep l’ha arricchita, perché le ha permesso di conoscere la lingua turca e le tradizioni di questa comunità. All’inizio in paese è stata accolta bene, ma dopo la sua conversione le cose sono cambiate.

“Anche altre persone, grazie a me, sono diventate cristiane, anche se in molti lo nascondono, per timore delle reazioni degli altri. Molti degli abitanti di Gyoren mi rispettano e abbiamo buoni rapporti, solo i fanatici mi rifiutano”.

Il libretto “Testimonianze dai Rodopi” della chiesa evangelica di Devin racconta di altri casi di pomacchi convertiti. Il fratello di Silva, Ognyan Kolenarov, è diventato pastore evangelico della città di Madan.

In Bulgaria i matrimoni misti tra bulgari e turchi, come quello di Silva e Redzhep, sono molto rari. Secondo l’imam Sherif Hodzha questo dipende innanzitutto da precetti religiosi. “Nell’Islam non è permesso che una ragazza credente possa sposare un non credente, mentre è possibile il contrario. Un musulmano può sposare una ragazza cristiana o ebrea. Anche il profeta Maometto ha avuto matrimoni di questo tipo. Le donne che ha sposato, però, hanno poi accolto l’Islam”.

Secondo Sherif la minoranza turca, la più numerosa in Bulgaria e una delle più importanti nei Balcani, può arricchire l’Europa con le proprie tradizioni, lingua e cultura.

Redzhep Bashov è stato sindaco di Gyoren, e oggi si guadagna il pane come muratore in varie località sciistiche, come la maggior parte dei suoi compaesani. Secondo Redzhep lo scarso numero di matrimoni misti dipende dagli strascichi della dominazione ottomana, ma pensa che prima o poi i pregiudizi verranno superati.

“A poco a poco le barriere cadono, e anche le frontiere ormai si sono aperte. Fino a non molto tempo fa non sapevamo cosa succedeva in Turchia, né loro sapevano come andavano le cose in Bulgaria. Sono convinto che così anche i pregiudizi scompariranno a poco a poco”.

Nasko illustra i pregiudizi ancora presenti nei confronti della comunità turca con un esempio. “Quando siamo in discoteca, e il dj mette una canzone turca, ho amici che escono dal locale. Io rimango interdetto. Gli chiedo ‘come mai odiate solo la Turchia? Eppure siete stati anche sotto il dominio bizantino, ma non odiate i greci!’ Lo stesso si può dire della Serbia: siamo stati a lungo nemici, eppure tutti ascoltano musica serba. Nessuno riesce a rispondermi in modo concreto”.

Sali e Nadie, vicini di casa dei Bashov, salgono sulla ripida erta che li porta al loro campo, situato ancora più in alto sulla montagna. Mentre arano il campo, Nadie da la sua versione sulla mancanza di matrimoni misti bulgaro-turchi. “La religione non lo permette, e poi ci sono bulgari che odiano i turchi. La questione è complicata. I turchi più anziani non riescono ad accettarlo. Da un po’ si iniziano a vedere matrimoni misti nelle città più grandi, come Plovdiv e Sofia”.

Nasko parla il turco, come tutti a Gyoren. Nella scuola del villaggio i ragazzi studiano il turco come lingua facoltativa. Chiedo a Nasko, figlio di un matrimonio misto, quale sia la sua identità. “Fin da piccolo sono stato spesso lontano da Gyoren, ho studiato a Plovdiv, e la maggior parte dei miei amici là è bulgaro. Io mi sento bulgaro, cristiano”.

Nasko studia a distanza economia del turismo e vede il proprio futuro in Bulgaria. “Il futuro del nostro paese poggia sul turismo e sull’agricoltura. Spero di riuscire a restare qui, e di trovare uno spazio proprio in questo settore”.