una sigaretta

(justin shearer/flickr )

In Bulgaria, continuano le proteste contro il governo del premier Oresharski. Tra le misure controverse proposte dal nuovo esecutivo e ora al centro del dibattito pubblico, quella di rivedere l'attuale divieto assoluto di fumo nei locali pubblici. Una questione che in Bulgaria ha particolari radici storiche

05/07/2013 -  Francesco Martino Sofia

Il braccio di ferro tra piazza e il nuovo governo a guida socialista, che da quasi tre settimane paralizza la Bulgaria, non sembra trovare vie di sbocco. I manifestanti continuano la loro protesta, rumorosa e colorata, di fronte alle istituzioni di Sofia chiedendo le dimissioni dell'esecutivo, il governo da parte sua resiste e non cede.

Il clima di polarizzazione, che ha obbligato il premier Plamen Oresharski alla navigazione a vista, sembra però aver mietuto una vittima politica “eccellente”: il progetto, annunciato subito dopo le elezioni dalle forze della nuova maggioranza, di rivedere in senso “liberale” l'attuale divieto assoluto di fumo nei locali pubblici, imposto in Bulgaria nel giugno 2012 dopo una lunga saga, fatta di decisioni ondivaghe e repentini cambi di direzione.

La legge sul fumo, una priorità

Prima che la decisione di nominare Delyan Peevski a capo dei servizi segreti (DANS) scatenasse l'attuale clima di protesta continua, il nuovo governo aveva già provocato reazioni molto controverse proprio inserendo a sorpresa la revisione della legge sul fumo tra le proprie priorità immediate, risvegliando così un dibattito viscerale che sembrava ormai definitivamente chiuso, in uno dei paesi europei col maggior numero di fumatori.

Il partito ultranazionalista Ataka, che pur non facendo parte dell'esecutivo gioca un ruolo fondamentale nella sua sopravvivenza politica, assicurando coi propri deputati il quorum in parlamento, ha addirittura presentato in modo indipendente un proprio progetto di legge sul fumo come primo atto nella nuova assemblea nazionale appena formata.

Il premier Oresharski, fumatore lui stesso, si è dichiarato favorevole ad una “soluzione bilanciata”, che tenesse conto degli interessi diversi di fumatori e non fumatori. “Non ammetto che si possa fumare senza limiti”, ha precisato Oresharski. “Al tempo stesso non è accettabile che chi ha forme di dipendenza venga discriminato. Nell'UE siamo uno dei pochi stati ad aver imposto il divieto assoluto. Persino in Germania, nei locali ci sono sale per fumatori”.

La “soluzione bilanciata” prospettata è in sostanza il ritorno alla legislazione precedente, che obbligava i locali più grandi a garantire sale separate per fumatori e non fumatori, dando ai locali più piccoli la possibilità di scegliere se permettere o meno il fumo ai propri clienti.

Posizioni polarizzate

“Il passo indietro annunciato dal governo non ha alcun senso. Il divieto totale è entrato in vigore solo da un anno, è folle cambiare ancor prima di poterne apprezzare a pieno gli effetti”, dichiara ad OBC Pavel Antonov, giornalista ed animatore dell'associazione “Bulgaria bez dim” (Bulgaria senza fumo), nata nel 2010 . “Tanto più che il paese continua ad essere in cima alle classifiche europee per malattie e mortalità legate al fumo, ed è nel gruppo di testa per la diffusione del fumo tra i giovani e giovanissimi”.

Secondo Antonov, definire il tentativo del nuovo governo di allentare il divieto fumo “una mossa populista” non è corretto “visto che ormai da tempo una larga maggioranza dei cittadini bulgari, anche tra gli stessi fumatori, appoggia l'attuale divieto”. A parziale conferma, in pochi giorni una petizione contro la revisione del divieto di fumo ha raccolto on-line decine di migliaia di firme.

“È evidente che dietro questa politica si nascondono invece gli interessi dell'industria del tabacco, promossa da lobbisti in parlamento, ma anche attraverso una serie di associazioni che rappresentano 'il fronte di attacco' dei produttori”. Tra queste spicca l'Associazione dei ristoratori, che ha chiesto ripetutamente il ritorno alla vecchia legislazione, denunciando perdite economiche ingenti dovute alla supposta “fuga” dei fumatori da bar, locali e ristoranti.

Per Pavlov, però, “l'associazione ha legami stretti con l'industria del tabacco, cosa che abbiamo dimostrato, mostrando come le loro comunicazioni passino in realtà attraverso gli uffici bulgari della British-American Tobacco. Anche le cifre catastrofiche che sventola, non hanno in realtà alcuna base solida statistica o scientifica”.

L'altra realtà particolarmente attiva nella lotta per l'abrogazione del divieto totale è l'”Associazione dei Liberi”, un gruppo informale di cui fanno parte anche molte personalità conosciute in Bulgaria, e che pone l'accento soprattutto sulla libertà personale di scelta.

Uno dei fondatori, e portavoce non ufficiale, è il noto attore e regista Andrey Slabakov. “L'attuale divieto totale è una scelta stupida, ma soprattutto ipocrita”, ha dichiarato ad OBC Slabakov. “Se il fumo è davvero così dannoso, lo stato dovrebbe proibire la vendita delle sigarette, che oggi assicura al budget enormi entrate in accise, e non vietarne il consumo ai cittadini. Invece non vogliono rinunciare ai nostri soldi, facendoci però sentire al tempo stesso dei quasi-criminali”.

“Nell'attuale atteggiamento repressivo vedo elementi di fascismo”, continua Slabakov. “Non nego i diritti dei non fumatori, ma ritengo che i tanti bulgari che purtroppo hanno il vizio delle sigarette non debbano essere additati, discriminati e colpevolizzati. Non ci battiamo per imporre il fumo alla società: vogliamo solo degli spazi dove poter fumare senza disturbare ed essere disturbati”.

Il tabacco e la Bulgaria, un amore profondo

Tra i motivi elencati dai difensori di un certo grado di “libertà di fumo” in Bulgaria, c'è anche una componente di tipo culturale. “Noi bulgari amiamo incontrarci fuori, non tanto per mangiare, quanto per bere in compagnia. E da noi il bere è sempre stato associato alla sigaretta”, sostiene Slabakov.

“In effetti, a partire dalla seconda metà del XIX secolo, e quindi non così lontano in termini storici, l'abitudine al fumo si è radicata in profondità in Bulgaria, all'interno di un processo globale che ha riguardato tutto il pianeta”, spiega ad OBC la professoressa Mary Neuburger dell'Università del Texas ad Austin, autrice del volume “Balkan Smoke: Tobacco and the Making of Modern Bulgaria”. “Non c'è nessun fattore particolare, nella cultura bulgara, che abbia fatto del fumo un elemento più importante di quanto non accadesse altrove. È però vero che una certa idea di socialità, in Bulgaria, è sicuramente legata all'uso del tabacco”.

Più che il consumo, secondo la Neuburger, è la produzione e lavorazione del tabacco a rappresentare in Bulgaria un fenomeno assolutamente eccezionale. “La produzione di tabacco ha segnato e modellato l'economia, ma anche le relazioni internazionali della Bulgaria. L'export verso la Germania nel periodo tra le due guerre mondiali, ad esempio ha giocato un ruolo importante nella decisione di Sofia di allearsi al Terzo Reich nel secondo conflitto mondiale”.

“A partire dagli anni '60, la Bulgaria diventa il primo esportatore al mondo di sigarette, dirette soprattutto al grande mercato dell'Unione sovietica, ma anche a paesi come l'Iran”.

Una posizione che attira l'attenzione in parte l'invidia dell'industria del tabacco statunitense, che negli anni '70 decide di creare joint-ventures con la Bulgaria per raggiungere l'agognato mercato dell'URSS. In Bulgaria, si producono così su licenza sigarette americane, come le Marlboro. “In qualche modo, la Bulgaria è divenuto un luogo interessante agli occhi del mondo, e soprattutto degli Stati Uniti, soprattutto grazie al suo tabacco”, chiosa la Neuburger.

Lotta al fumo sì, lotta al fumo no

Secondo la professoressa americana, l'enorme importanza dell'industria del tabacco in Bulgaria ha influenzato in modo decisivo anche le politiche di “lotta al vizio” nei decenni passati. “Anche durante il regime comunista ci sono state campagne ufficiali contro il fumo, sia negli anni '40 che, in modo più visibile, negli anni '70 e '80. Visto il ruolo dell'industria del tabacco nel paese, però, lo stato bulgaro ha sempre vissuto queste iniziative in una situazione di forte conflitto di interessi, e le politiche anti-fumo proposte sulla carta non sono mai state realmente applicate”.

Da qui, secondo la Neuburger, nasce uno dei paradossi che segna l'attuale dibattito sul fumo. “Lo stato comunista repressivo, nonostante gli slogan anti-sigarette, ha nei fatti sempre tollerato il vizio. Il fatto che l'attuale regime liberale voglia invece imporre un regime restrittivo, viene vissuto da una parte della società come un'indebita limitazione delle libertà individuali, più che come un tema legato alla salute pubblica”.

“A questo va aggiunto che, mentre in altri paesi la lobby anti-fumo ha spesso radici nella società civile, in Bulgaria questo sembra essere meno vero. In molti vedono quindi il divieto non come una decisione maturata democraticamente nella società bulgara, ma come un'imposizione esterna, calata dall'alto dallo stato oppure dalle direttive dell'Unione europea”.