Un'azienda bulgara sarebbe coinvolta in un commercio illegale di armi sul territorio USA. E dagli Stati uniti arrivano ulteriori accuse alla Bulgaria di aver violato l'embargo ONU nei confronti dell'Iraq.
Il quotidiano statunitense 'St. Louis Today', ripreso dall'agenzia di stampa bulgara 'Focus', ha nei giorni scorsi pubblicato un articolo nel quale si sostiene che l'azienda statale 'Kintex', produttrice di armi, sarebbe coinvolta in una vicenda di commercio illegale di armi sul suolo statunitense. La maggior parte dei quotidiani bulgari hanno poi ripreso la notizia cercando di approfondirla.
Nell'ottobre del 2000 agenti della polizia USA avevano sequestrato nella casa del cittadino americano James Karmi 800 mitragliatrici. In seguito al rinvenimento si è scoperto che erano state importate illegalmente grazie a documenti d'importazione falsificati. Durante il processo, Kate Baranski, commerciante di armi e socio in affari di Karmi, ha affermato che le armi erano state procurate dalla 'Kintex', azienda bulgara.
I giornali bulgari notano come nonostante siano cittadini americani ad aver falsificato i documenti di importazione, il quotidiano statunitense titoli "Schema bulgaro dedito all'importazione illegale di armi ha contatti con la realtà locale (Stati uniti, n.d.r)". Sempre secondo i quotidiani bulgari Peter Shinkle, autore dell'articolo, sfrutterebbe l'occasione data dalla notizia per accusare la 'Kintex' di aver venduto armi all'Iraq, a gruppi terroristi, a trafficanti di droga. Viene inoltre individuato un legame tra Ali Agza, il cittadino turco che ha tentato di assassinare Giovanni Paolo II, e la stessa 'Kintex'.
L'ambasciatore bulgaro accreditato presso gli Stati uniti, Elena Poptodorova, ha dichiarato al quotidiano '24 Chassa' che la vicenda è limitata al territorio statunitense e che le autorità bulgare non sono colpevoli di alcuna violazione della normativa sull'importazione di armi in USA. "E men che meno si tratta di una violazione di un embargo", ha fatto sapere riferendosi al recente scandalo che ha visto coinvolte alcune aziende bulgare in un presunto commercio di armi con l'Iraq di Saddam Hussein, "bensì di un normale commercio di armi con gli Stati uniti. Sembra che l'atto criminale di un cittadino USA sia solo stata la scusa per scrivere un articolo sulla Kintex", ha concluso.Sul piano ufficiale non vi sono state ancora reazioni da parte delle autorità americane. Lo ha reso noto il Ministro degli esteri Salomon Passy, che ha anche chiarito come non vi sarà alcuna nota ufficiale da parte del suo Ministero in assenza di una reazione ufficiale da parte USA.
Ai commenti del Ministro degli esteri si sono aggiunti quelli di Nikola Yankov, vice-Ministro per l'economia: "La pubblicazione di questi articoli dove alcune illazioni non sono confermate da prove certe non fanno che danneggiare gli interessi della Bulgaria all'estero". Yankov ha anche notato che molteplici sono le conseguenze negative che subirà la 'Kintex', vicina alla privatizzazione.
"Non ha senso che si accusi la Kintex di voler entrare illegalmente nel mercato USA", commenta il quotidiano 'Sega', "la Bulgaria non esporta armi automatiche verso gli Stati uniti da anni".
La vicenda è da inquadrarsi nelle molteplici 'fughe di notizie' avvenute negli ultimi mesi in merito al coinvolgimento di aziende produttrici di armi con sede nei Balcani in traffici illegali in particolare con l'Iraq. Anche se questo coinvolgimento è probabilmente vero e credibile, non è certo un caso che tutto questo sia emerso mentre si stanno riscaldando i motori per un attacco al Rais di Bagdad.