Dopo essere già stati alle urne lo scorso aprile, domenica i bulgari ritornano a votare per le politiche, alla ricerca di una maggioranza in grado di mettere fine al lungo periodo di instabilità emerso dalle prolungate proteste di piazza del 2020
Le nuove elezioni anticipate in Bulgaria – previste per domenica 11 luglio – dovranno risolvere numerosi punti di domanda: visti gli ultimi sondaggi, però, sembra esserci almeno una certezza, Boyko Borisov, il leader che ha dominato la scena politica nel paese per più di un decennio, non tornerà ad essere nuovamente primo ministro.
Tutti gli altri nodi, però, dovranno essere sciolti dagli elettori che appaiono stanchi e sfibrati dopo una lunga stagione di malcontento politico – sfociato in prolungate proteste di piazza durante il 2020 – e le inconcludenti elezioni dello scorso 4 aprile, incapaci di portare a compimento una svolta politica e di creare una nuova maggioranza in parlamento.
I nodi da sciogliere
La prima risposta che si aspetta dall'elettorato è capire chi uscirà dalle urne come prima forza politica. Una lenta, ma costante emorragia di voti mette oggi in forse la capacità di GERB (Cittadini per uno sviluppo europeo della Bulgaria), il movimento di centro-destra di Borisov, di mantenere almeno il ruolo di partito di maggioranza relativa, conservato a fatica nelle elezioni di aprile.
Gli ultimi sondaggi danno infatti un sostanziale testa a testa con “C'è un popolo così” del popolare showman Slavi Trifonov: entrambi i partiti vengono dati appaiati con poco più del 20% dei consensi, ma visto il trend, è proprio il movimento di Trifonov che sembra avere le migliori possibilità di spuntarla.
C'è poi da capire quali partiti saranno in grado di entrare nel prossimo parlamento di Sofia. Da questo punto di vista, i sondaggi non segnalano drastici cambiamenti rispetto ai risultati della scorsa primavera. Il partito socialista viene dato in leggera ripresa, e dovrebbe superare la soglia del 15%, mantenendo così la terza piazza.
A conquistare seggi dovrebbero poi essere la destra liberale di “Bulgaria democratica”, il partito dei turchi di Bulgaria DPS (Movimento per i diritti e le libertà” e il movimento “Alzati! Fuori i mafiosi!”, emerso dalle proteste di piazza dell'anno scorso.
Due formazioni nazionaliste sembrano poi a ridosso della soglia di sbarramento, fissata al 4%, e con qualche reale possibilità di superarla: la coalizione dei “Patrioti Bulgari” e il movimento “Rinascita”.
Alcuni analisti ricordano però che nel recente passato, in situazioni di forte turbolenza politica come quella che la Bulgaria sta vivendo, i risultati elettorali hanno stravolto le aspettative create con i sondaggi d'opinione: ecco perché la prudenza è d'obbligo, e i conti verranno fatti solo al termine dello spoglio.
Se il quadro delineato alla vigilia dovesse essere confermato, si aprirà una complessa partita per la creazione di un nuovo esecutivo, esercizio politico che si prospetta tutt'altro che semplice.
Una campagna senza fuochi d'artificio
Il voto di domenica arriva dopo una campagna elettorale senza fuochi d'artificio, portata avanti con una certa dose d'inerzia dopo le consultazioni dello scorso aprile.
A renderla più pepata ci sono state senza dubbio le sanzioni arrivate dagli Stati Uniti ad alcuni oligarchi considerati vicini a Borisov – compreso il discusso tycoon dei media Delyan Peevski - attraverso la “legge Magnitsky”. Una decisione senza precedenti che, in Bulgaria, è stata interpretata come una poco velata bocciatura dell'ex premier da parte di Washington.
Borisov dal canto suo non ha rinunciato agli strumenti classici di agitazione politica messi in campo con successo in passato, con visite e comizi senza sosta portate avanti in modo capillare su tutto il territorio nazionale, e conditi da selfie a raffica presto divenuti vittima dell'ironia virale dei social media. Borisov ha poi cercato sostegno internazionale in modo imprevedibile, con una visita inaspettata al presidente turco Recep Tayyip Erdoğan alla vigilia delle consultazioni.
Un'altra novità è stata rappresentata da una rara intervista concessa da Slavi Trifonov, che dalla creazione di “C'è un popolo così” ha dosato col contagocce le sue uscite pubbliche, lasciando aperte non poche domande sulle fondamenta politiche del movimento che si candida a guidare il paese nei prossimi anni.
In una conversazione col quotidiano francese “Le Monde”, il noto cantante e showman, trasformatosi in leader politico, ha ribadito i punti fondamentali del suo programma: il passaggio ad un sistema maggioritario, l'introduzione del voto elettronico e la riduzione dei sussidi pubblici ai partiti.
Trifonov ha confermato il proprio orientamento europeista, esprimendo poi ammirazione per politici conservatori come Margaret Thatcher, Ronald Reagan, ma anche l'attuale presidente francese Emmanuel Macron.
L'intervista non è accompagnata da foto: Trifonov, descritto dall'intervistatore come visibilmente sofferente, in ripresa da una frattura e dalla carnagione “grigiastra” non ha voluto farsi immortalare, alimentando così voci su uno stato di salute compromesso.
Tra voto controllato e voto all'estero
Nel frattempo, il governo tecnico alla guida del paese negli ultimi mesi, non ha interrotto la propria opera di denuncia e progressivo smantellamento del “sistema Borisov”, che ha retto la Bulgaria nell'ultimo decennio.
Vari scandali sono emersi nelle ultime settimane, da quello sulle intercettazioni illegale nei confronti di chi protestava contro il governo Borisov a quello sulle spese poco trasparenti dell'amministrazione pubblica.
Nuove polemiche sono scoppiate anche sulla piaga del voto di scambio, fenomeno che ha accompagnato la democrazia bulgara negli ultimi decenni. L'attuale ministro degli Interni Boyko Rashkov ha accusato la precedente amministrazione GERB, ma anche la procura, di non aver mai voluto affrontare seriamente la questione.
Rispetto alle elezioni di aprile, gestite dal governo Borisov, Rashkov ha presentato i risultati della rinnovata lotta contro la compravendita di voti, con un raddoppio dei segnali di irregolarità e delle persone fermate, e un numero quadruplicato di procedure legali iniziate.
“I processi per compravendita di voti in passato si contano sulle dita di una mano e, guarda caso, nemmeno uno ha coinvolto GERB”, ha commentato polemico il ministro degli Interni.
Insieme alla lotta al voto controllato, il governo si è speso anche per aumentare le possibilità di votare all'estero, col voto della diaspora che si è rivelato più volte decisivo per decidere i risultati finali.
Per le elezioni di domenica è stato infatti previsto un numero record di sezioni all'estero, ben 791. Nelle elezioni di aprile il voto dall'estero aveva premiato soprattutto “C'è un popolo così”, seguito da “Bulgaria democratica" e dal “Movimento per le libertà e i diritti”.