Domenica 2 ottobre i cittadini della Bulgaria andranno a votare per le elezioni parlamentari, le quarte elezioni in appena diciotto mesi, stavolta sotto il segno della guerra in Ucraina e dell'inflazione galoppante
Uno spettacolo teatrale, si sa, non si ripete mai esattamente allo stesso modo: se testo, attori e scenografie rimangono gli stessi, il contesto cambia continuamente: magari perché i protagonisti hanno litigato in camerino, trascinando tensioni irrisolte sul palco, o semplicemente perché fuori piove, e il pubblico è di umore malinconico.
Le quarte elezioni parlamentari in appena diciotto mesi (di cui tre anticipate) previste questa domenica in Bulgaria, somigliano ad un’altra, ennesima rappresentazione della politica locale: i protagonisti restano - con qualche eccezione - gli stessi, e alla vigilia delle urne la trama minaccia di ricalcare quanto già visto nelle tornate precedenti: risultati incerti e prospettive più incerte ancora.
Quello che è sottilmente cambiato, però, è appunto il contesto, e con questo le domande principali che gli elettori puntano a sciogliere col proprio voto. Nelle varie elezioni precedenti, la questione centrale era come gestire la transizione (irrisolta) dal modello targato Boyko Borisov – durato un decennio, e contestato come corrotto e familista - ad una nuova e più aperta modalità di gestione del potere.
I tentativi fatti, prima quello tentato dal cantante e showman Slavi Trifonov (C’è un popolo così) e poi dal riformatore Kiril Petkov (Continuiamo il cambiamento), invece di coalizzare le forze sono presto entrati in conflitto, arenando così di fatto le speranze di cambiamento.
Dalla scorsa primavera, priorità e preoccupazioni sono cambiate: c’è una guerra sempre più lunga e gravida di rischi alle porte, il paese è nel pieno di una spirale inflazionistica, arrivata a toccare il 17,7% su base annua lo scorso agosto, mentre gli approvvigionamenti di energia, fino a ieri legati soprattutto alle forniture russe, sono ora un rebus tutto da risolvere. Più che agli equilibri di potere interni, molti elettori guardano alla complessa situazione internazionale, e si chiedono chi sarà in grado di reggere il timone nel mezzo di acque così agitate.
Forse è per questo che Borisov e la sua GERB (Cittadini per uno sviluppo europeo della Bulgaria) sono tornati saldamente in testa in tutti i sondaggi (con risultati previsti intorno al 25%), e si preparano a tornare primo partito. Borisov conta sul fatto di essere un fattore politico familiare – e quindi rassicurante - la parola d’ordine è “stabilità in mezzo al caos” uno slogan che, in una situazione così ansiogena, funziona per una parte importante dell’elettorato.
“Continuiamo il cambiamento”, dopo l’affossamento del “governo delle riforme” da parte di Trifonov, avvenuto lo scorso giugno, sembra destinato a non raggiungere la soglia del 20%: e pur restando con tutta probabilità la seconda forza nel prossimo parlamento, il leader ed ex premier Kiril Petkov deve fare i conti con le speranze di cambiamento suscitate nell’elettorato, ma poi rimaste irrealizzate.
Secondo i sondaggi, i partiti “veterani” della politica bulgara, il Partito socialista, il Movimento per le Libertà e i diritti (DPS) e i liberali di “Bulgaria democratica” dovrebbero superare senza problemi la soglia di sbarramento al 4%, mentre “C’è un popolo così”, primo partito alle parlamentari del luglio 2021, stavolta potrebbe restare fuori dai giochi, facendo così tramontare in fretta la stella di un movimento nato ed alimentato da uno show televisivo.
Intorno alla soglia, con qualche possibilità di superarla, c’è una delle (poche) nuove proposte politiche che si presentano a questa tornata: il movimento filo-russo “Ascesa bulgara”, guidato dall’ex ministro della Difesa Stefan Yanev, silurato da Petkov dopo aver espresso posizioni vicine a quello del Cremlino dopo l’invasione dell’Ucraina lo scorso febbraio.
Nel campo filo-russo c’è anche il partito che più di tutti si aspetta di rafforzare le proprie posizioni rispetto alle ultime elezioni: il movimento nazionalista ed euro scettico “Risorgimento” di Kostadin Kostadinov, che secondo le ultime rilevazioni potrebbe raddoppiare i propri consensi fino a toccare il 10% dei voti.
Le complicate relazioni con Mosca – la Bulgaria viene spesso descritta come il paese più filo-russo in Unione europea, a causa di legami storici, politici ed economici – giocheranno un ruolo importante, ma non decisivo nel determinare i risultati delle elezioni ed i successivi sviluppi. Sia GERB che “Continuiamo il cambiamento” hanno reiterato le proprie posizioni euro-atlantiche, ma difficilmente questo sarà sufficiente perché i due partiti possano collaborare.
Le voci di corridoio parlano di un possibile accordo solo con l’estromissione di Borisov, considerato troppo ingombrante da accettare per il partito di Petkov, nato proprio con l’obiettivo dichiarato di estromettere “fratellone Boyko” dal potere.
Forse più importante sarà la voglia degli elettori di recarsi ancora una volta alle urne: nelle ultime parlamentari l’affluenza ha raggiunto un anemico 38%, e non è detto che stavolta le cifre aumenteranno. Forse il contesto diverso, a cui abbiamo accennato in apertura, potrebbe cambiare le dinamiche, spingendo parte degli indecisi, disillusi e apatici a votare.
A meno di sorprese dell’ultim’ora, i risultati elettorali potrebbero mettere di nuovo il sistema politico bulgaro di fronte ad un compito tutt’altro che semplice da risolvere: mettere in piedi una coalizione di governo abbastanza coesa e duratura da guidare il paese attraverso quello che si preannuncia come un inverno incerto e carico di insidie. Visti i precedenti, però, non è detto che le pressioni esterne e la maturità politica siano sufficienti a superare l’impasse, e c’è già chi scommette su un’ulteriore parlamento senza sbocchi e nuove elezioni già la prossima primavera.