Liberati e graziati, il medico e le cinque infermiere bulgare accusati in Libia di aver contagiato più di 400 bambini con il virus dell'HIV, sono arrivati stamattina a Sofia. Nelle difficili trattative che hanno portato alla liberazione, ruolo di primo piano dell'Ue e in particolare della Francia
E' finita. L'odissea giudiziaria del medico di origine palestinese e delle cinque infermiere bulgare, iniziata nel febbraio 1999, quando furono arrestati in Libia con la terribile accusa di aver infettato volutamente col virus dell'HIV 438 bambini nell'ospedale pediatrico di Bengasi, accusa rigettata da tutti i principali esperti medici occidentali, che sostengono che l'epidemia sia stata provocata dalla scarsa igiene dell'istituto, è finita stamattina.
Tutti gli accusati sono stati liberati nelle prime ore dell'alba e, a bordo di un aereo della presidenza francese, accompagnati dal commissario per le Relazioni esterne e la politica europea di vicinato Benita Ferrero-Waldner e dalla first lady francese Cécilia Sarkozy, sono atterrati all' aereoporto di Sofia intorno alle 10 ora locale.
Ad accoglierli, in una sala del terminale di rappresentanza, il presidente Paranov, il primo ministro Stanishev, il ministro degli Esteri Kalfin e tutte le massime autorità dello stato bulgaro, insieme ad una piccola folla di parenti, giornalisti, ma anche cittadini comuni, che si sono radunati fuori dall'edificio sventolando il tricolore bulgaro in un'atmosfera densa di emozione.
Soltanto due settimane fa, gli imputati avevano visto confermare la condanna a morte nei propri confronti, commutata poi mercoledì scorso in ergastolo dal Consiglio superiore delle istanze giudiziarie di Tripoli.
In un'improvvisata conferenza stampa, il ministro Kalfin dopo aver dato il benvenuto a Kristiana Vulcheva, Nasya Nenova, Snezhana Dimitrova, Valentina Siropulo, Valya Chervenyashka al dottor Ashraf Alajouj, visibilmente provati e emozionati, gli ha comunicato che il presidente Parvanov ha immediatamente firmato l'atto formale di grazia, e che quindi sono cittadini liberi.
"Non abbiamo mai smesso di sperare, anche se forse avevamo perso il coraggio di dare un nome ai nostri sogni",ha dichiarato a caldo Kristiana Vulcheva. "Adesso voglio soltanto provare a riprendere la mia vita".
Per qualche giorno le infermiere saranno ospiti della residenza presidenziale di Boyana, alle porte della capitale Sofia, dove potranno riposarsi e incontrare le proprie famiglie lontano dai riflettori. In questi giorni saranno anche sottoposte a visite mediche accurate. Il medico di origine palestinese Ashraf Alajouj, che ha ricevuto la cittadinanza bulgara alcune settimane fa, è invece già patito per l'Olanda, dove vive attualmente la sua famiglia.
Nelle prime dichiarazioni ufficiali, tutte nel segno di una grande euforia e soddisfazione, le istituzioni bulgare hanno sottolineato il ruolo di primo piano giocato dall'Unione Europea nella risoluzione del caso.
"Per raggiungere questo felice risultato, è stato di importanza decisiva riuscire a trasformare il caso delle nostre infermiere in una questione di rapporti tra Ue e Libia", ha dichiarato il premier Sergey Stanishev, che ha ribadito "la solidarietà di tutta l'Unione che ha sempre supportato con forza la nostra posizione".
Anche il ministro Kalfin ha voluto ringraziare i vari stati europei per l'impegno nelle trattative, ed in particolare quello personale di Cécilia Sarkozy. Grazie all'intervento in prima persona della first lady, un precedente nella condotta della politica estera francese che ha sorpreso non pochi commentatori, il neo-presidente Sarkozy si è riservato un posto di particolare importanza nella soluzione dell'intricata vicenda, riuscendo a raccogliere importanti crediti politici sulla scena internazionale.
Sarkozy ha poi immediatamente rilanciato la sua azione politica, annunciando che domani si recherà in visita ufficiale a Tripoli "per aiutare la Libia a tornare in seno alla comunità internazionale".
In Bulgaria il credito accumulato già ha dato i primi risultati simbolici, e il sindaco di Sofia Boyko Borisov ha già annunciato di voler proporre la cittadinanza onoraria della capitale per la coppia presidenziale francese, assieme al commissario Ferrero-Waldner.
"Dobbiamo questo momento di felicità agli sforzi congiunti di tutta l'Ue", ha dichiarato la stessa Ferrero-Waldner. "E' un giorno bellissimo non soltanto per la Bulgaria, ma per tutta l'Unione, e segna la possibilità di nuovi rapporti con la Libia".
Le prime voci di una possibile liberazione erano iniziate a circolare subito dopo la commutazione della pena capitale in ergastolo, maturata anche grazie al pagamento di un risarcimento di un milione di dollari per ognuna delle famiglie dei bambini infettati. Tra Bulgaria e Libia, infatti esiste un accordo bilaterale di estradizione firmato nel 1984.
Ieri la svolta, quando è arrivata a Tripoli una delegazione dell'Unione Europea, guidata dal commissario per le Relazioni esterne e la politica europea di vicinato Benita Ferrero-Waldner e nella quale rivestiva una posizione di particolare importanza la first lady francese Cécilia Sarkozy, che si era già recata in visita a Tripoli alcune settimane fa.
Durante i negoziati, la Libia ha posto alcune richieste precise per la definitiva liberazione degli accusati: piena normalizzazione dei rapporti con l'Unione Europea, supporto materiale e finanziario per la cura dei bambini malati e per la modernizzazione dell'ospedale di Bengazi, apertura del mercato europeo ai prodotti libici, creazione di una zona di libero scambio, realizzazione di alcuni progetti infrastrutturali, come la costruzione di un'autostrada che connetta il confine libico con la Tunisia a quello con l'Egitto, e anche un'intesa sulla protezione del patrimonio archeologico.
Secondo la BBC, sarebbe stata proprio la firma di un memorandum su questi punti d'intesa a sbloccare definitivamente la situazione e a regalare la libertà alle infermiere e al medico bulgari. A Sofia, l'eurocommissario Benita Ferrero-Waldner ha confermato che "nell'accordo raggiunto sono stati inclusi tutti i punti messi all'ordine del giorno, dal commercio, all'archeologia, dall'emigrazione alla politica dei visti".
Tra un paio di giorni, le infermiere e il medico verranno interrogati dalle autorità giudiziarie bulgare sulle denunce, da loro fatte, di essere stati costretti a confessare la propria colpevolezza dalla polizia libica attraverso maltrattamenti e torture.
Il procuratore capo Boris Velchev ha annunciato di voler procedere legalmente contro gli ufficiali che avrebbero commesso le violenze, anche se in pochi sembrano credere alla possibilità di portarli nelle aule di giustizia bulgare.