Un omaggio allo scrittore bulgaro Aleko Konstantinov (1863-1897), autore del romanzo “Baj Ganjo” e dell’omonimo personaggio immortale della letteratura bulgara ed europea
Quell’inverno postbellico, ormai lontano, lo vidi per caso al mercato di Subotica. Un telo ruvido steso per terra e su di esso lampade antiche, cornici per quadri, tenaglie e martelli arrugginiti, scatole di legno e di metallo, due tre ciotole di terracotta, alcuni libri sparpagliati, e tra di essi “Baj Ganjo” [baj in bulgaro è un termine colloquiale per indicare signore, nda]. Una vecchia donna rom, congelata, stava accanto alla sua merce. “Non stare solo a guardare, compra qualcosa. La merce è ottima… e pitturata bene”, mi disse appena mi fermai e allungai la mano verso quel libro. Si riferiva alla copertina, illustrata con colori vivaci. Per un momento mi parve che Baj Ganjo disegnato sulla copertina mi avesse fatto l’occhiolino. Come se avesse voluto dirmi: “Non stupirti, idiota! Non sono mai stato così vivo!”.
Stava nevicando mentre tornavo dal mercato. In fondo all’autobus una voce maschile malediceva i nuovi politici e i nuovi ricchi. Malediceva e poi tacque. Scesi alla fermata nei pressi di Piazza della Libertà. Nella piazza campeggiava un busto in bronzo di Danilo Kiš. Mi ricordai dell’ultima volta che avevo fatto visita ai miei genitori in Bosnia prima dello scoppio della guerra. A mio padre piaceva tenere i libri che leggeva sugli ampi davanzali delle finestre del soggiorno che davano sul giardino. “Baj Ganjo” di Aleko Konstantinov, edizione del 1964, pubblicata da Nolit nella collana “Knjiga za svakoga” [Un libro per tutti], stava lì in compagnia de “Il cortile maledetto” di Ivo Andrić ed “Enciclopedia dei morti” di Danilo Kiš.
“Sono arrivati”, disse mio padre e batté con l’indice sul libro dello scrittore bulgaro.
Fino a quel giorno di marzo del 1992 non sapevo che nell’estate 1941 la biblioteca di mio padre fosse stata data alle fiamme dai soldati delle forze di occupazione. Tra i libri bruciati in mezzo al giardino c’era anche “Baj Ganjo”. Dopo la guerra, mio padre aveva creato con pazienza la sua nuova biblioteca. Ma neanche essa sopravvisse a lungo: i libri che la formavano, compreso il romanzo di Aleko Konstantinov, furono distrutti durante la guerra fratricida in Bosnia. L’edizione di “Baj Ganjo” che comprai quella volta a Subotica è la terza copia di questo libro posseduta negli anni dalla nostra famiglia.
Aleko Konstantinov, analista della mediocrità funzionale
Quella lontana notte di marzo lessi “Baj Ganjo” tutto d’un fiato. Così, alla vigilia della guerra in Bosnia, il protagonista del romanzo di Aleko Konstantinov mi delucidava su certe illusioni, non solo le mie illusioni, ma credo anche di molti dei miei connazionali. È vero, ridevamo di fronte a fenomeni e pagliacci della sottocultura, ci sembravano grotteschi anche quando, all’inizio degli anni Novanta, abbracciarono il nazionalismo come ideologia, ma anche come mezzo per la conquista del potere.
Allo stesso modo in cui, sul finire del XIX secolo, Baj Ganjo si tolse il jamurluk (mantella da pioggia turca) e si mise addosso un mantello belga, al ché tutti dissero che era diventato europeista, così un secolo più tardi in Jugoslavia venivano buttati via gli abiti comunisti, i compagni divennero signori e cominciarono a convincere se stessi e gli altri che nelle loro vene da sempre scorreva sangue europeo e democratico. Anche oggi, in questa fase di transizione ormai infinita, molti di loro sono al potere e fanno crescere le nuove generazioni – da Ohrid alle Caravanche – nello spirito della loro “filosofia dei cambiamenti”.
Se fosse possibile manderei a mio padre la mia replica a quella sua affermazione: “Vecchio mio, loro non sono arrivati… Sono sempre stati tra di noi, e ora governano”. E lui mi avrebbe risposto: “Come? Governano? Va bene, ma che siano ricordati nei libri!”.
L’analisi, profonda e dettagliata, fatta da Konstantinov del periodo di transizione tra la fine del dominio ottomano in Bulgaria e l’inizio del percorso di europeizzazione del paese oltrepassa i confini nazionali e l’epoca in cui è nato il personaggio di Baj Ganjo. Nella prima parte del libro, intitolato “Baj Ganjo: racconti inverosimili di un bulgaro contemporaneo”, in cui i viaggi di Baj Ganjo in Europa – da Praga a Mosca, da Dresda a Ginevra – sono descritti attraverso le testimonianze di giovani studenti bulgari desiderosi di cultura progressista, lo scrittore costruisce il personaggio del commerciante di olio di rosa, un nuovo ricco rozzo ed egoista, che suscita risate. Nella seconda parte del romanzo, in un’imitazione grottesca di un cosmopolita in abiti europei, Baj Ganjo salta sul treno della politica pseudo-democratica e diventa influente. Un uomo cattivo, che non bada ai mezzi per raggiungere i propri scopi, trasforma le nostre risate in smorfie.
Ma chi è Aleko Konstantinov, l’unico scrittore conosciuto da tutti i bulgari?
Nato nel 1863 a Svishtov, una città situata sul Danubio, in una ricca famiglia di commercianti, Konstantinov, come molti altri intellettuali bulgari del periodo successivo alla liberazione della Bulgaria dal dominio ottomano, studiò in Russia (ad Odessa), viaggiò per l’Europa e l’America, partecipò a molti avvenimenti politici e culturali che contraddistinsero quell’epoca di transizione, osservando con occhio acuto la società e i suoi contrasti. Giurista di formazione, scrittore per vocazione, Konstantinov apparteneva a una generazione di giovani bulgari che si immaginavano diversa l’europeizzazione del loro paese.
Nei suoi feuilleton satirici, caratterizzati da un umorismo peculiare, Konstantinov criticava senza reticenza i fenomeni politici e sociali negativi, non esitando ad esprimere la propria posizione idealista e moralista. Due anni dopo la pubblicazione del romanzo “Baj Ganjo” (uscito nel 1895, dopo una prima apparizione a puntate sulla rivista Мисьл [Il pensiero] nel 1894) – che è innanzitutto un’acuta analisi della mediocrità funzionale messa al servizio di una politica ignobile, in cui l’autore ha immortalato un modello di comportamento purtroppo ancora oggi attuale – , Aleko Konstantinov rimase ucciso in un attentato mentre viaggiava nella carrozza con un amico al quale presumibilmente era destinato il proiettile. Aveva 34 anni.
Il ricordo di Aleko nelle parole di un amico
“Aleko Konstantinov è caduto vittima dell’anarchia in seno all’ordinamento interno. Sarebbe stato l’orgoglio della letteratura di ogni popolo istruito, un talento dal quale la Bulgaria onesta e intelligente si aspettava molto. Onesto, disinteressato al guadagno, eccezionalmente modesto – come ogni vero talento – e per questo sempre povero, era una persona di rara brillantezza. Dotato di un carattere integro, un’anima poetica e lirica e un talento di grande importanza per la società, seppe individuare i vizi e i fenomeni negativi e metterli alla berlina senza pari”.(Dimitrij Blagoev, rivista Novo vrijeme, 1897)
Baj Ganjo del XXI secolo
Nel creare il personaggio di Baj Ganjo, che nel romanzo viene chiamato anche Ganjo Balkanski [Ganjo Balcanico], Aleko Konstantinov si ispirò a una persona reale, un ricco commerciante bulgaro che l’autore conobbe a Chicago nel 1893, in occasione dell’Esposizione Internazionale. Un personaggio che, purtroppo, è ancora vivo e presente nella vita politica dei paesi dei Balcani. Oggi in Bosnia Erzegovina Baj Ganjo probabilmente avrebbe un seggio in tutti i parlamenti (nel parlamento della Federazione BiH, in quello della Republika Srpska e in quello nazionale); discuterebbe di politica senza proporre alcuna prospettiva per il futuro; incoraggerebbe i suoi – dalle Caravanche a Ohrid – a rimanere fedeli al nazionalismo come mezzo per raggiungere obiettivi politici; sarebbe propenso al revisionismo storico, pur non sapendo nulla di storia, ma anche alla negazione dei crimini commessi durante le guerre fratricide combattute tra il 1991 e il 1999 sul territorio dell’ex Jugoslavia; parteciperebbe agli eventi organizzati in occasione del rientro in patria dei criminali di guerra, accolti come eroi; strumentalizzerebbe la tragedia dei rifugiati e dei cancellati, ma anche questa più recente che vede altri sfortunati percorrere a piedi le strade dell’ex Jugoslavia…
Cos’altro avrebbe fatto? Ovviamente, nel parlamento bulgaro (e in qualsiasi altro parlamento da Stoccolma ad Atene) si impegnerebbe per la costruzione di barriere di filo spinato lungo le frontiere, non criticherebbe mai la corruzione, e come candidati per i membri del Parlamento europeo e dell’Assemblea generale del Consiglio d’Europa proporrebbe degli idioti di destra. Baj Ganjo è un camaleonte che non ha mai dimenticato la sua vera natura, egoista e volta al perseguimento di scopi ignobili. Nel suo saggio intitolato “Sul nazionalismo” Danilo Kiš aveva implicitamente previsto l’arrivo sulla scena politica di persone simili a Baj Ganjo. I libri, come ben noto, non possono fermare le guerre e le ondate nazionaliste, ma rimangono un monito contro il male del nazionalismo che, una volta messo in moto, avanza a passi di marcia, sconvolgendo i destini degli esseri umani.
Konstantinov, uomo e intellettuale
A ricordare il grande uomo e scrittore Aleko Konstantinov – le cui opere e riflessioni sull’uomo e sulla società sono un promemoria, a volte sgradevole, del fatto che un intellettuale non può limitarsi alla contemplazione, ma deve prendere una posizione – sono il Teatro satirico di Sofia, una cima della montagna di Rila, un centro turistico sul monte Vitosha e un villaggio che portano il suo nome, molti film tratti dal suo romanzo, ma anche il diffondersi della corruzione in Bulgaria, così come in altri paesi dei Balcani e altrove nel mondo e, naturalmente, gli odierni cacciatori di poltrone politiche, assetati di potere e prestigio.
Un frammento dal romanzo Baj Ganjo (Bulzoni editore, Roma 1978 – traduzione: Lavinia Borriero)
Baj Ganjo filtrò la mastika attraverso i mustacchi, si arricciò questi ultimi vistosamente e continuò:
- Ora vi dirò come si sceglie un seggio elettorale. Si fa tirando a sorte. Il presidente del tribunale estrae. Si dice così, “a sorte”, ma io posso sceglierti chi voglio. E con la massima facilità. Sulle schede piene, quando le getti nell’urna, devi tirare un piccolo frego a inchiostro visibile da fuori o, nel caso, prendere un’urna più profonda in modo che le schede non si vedano e tu disponi quelle riempite da una parte e quelle bianche dall’altra. Dopodiché non ti resta che di sussurrare al presidente che “il suo affare è già bell’e fritto e quindi “che apra bene gli occhi”… Intanto gridano: Ivan, Stojan, Parvan! Lo vuoi Parvan? – tira una scheda di quelle piene. Non lo vuoi Parvan? – tira una scheda bianca. E il presidente estrae a sorte …
- Diavolo d’un Baj Ganjo! Quelli là – poveri sciocchi – hanno trovato pane per i loro denti. Sarà un osso duro per loro – esclamo Gočoolu.
– E pensare che con un cervello simile non sei ancora ministro! – si meraviglia Dočoolu.
– Eh, via, piantala lì! – fece modestamente Baj Ganjo – li conosci i bulgari, no?