Con le sue contraddizioni Sofia rimane una città vivace ed in continua evoluzione. E' lo specchio dei tempi e la vetrina di quello che è la Bulgaria di oggi. Un intenso reportage a cura di Paolo Modesti tratto da Bulgaria-Italia.
di Paolo Modesti - Bulgaria-Italia
Ritrovare una città che si è frequentata per lungo tempo potrebbe somigliare all'incontro tra due amanti ai quali basta chiudere gli occhi e lasciarsi andare. Ma quando passa molto tempo, specie per le città, occorre una certa attenzione nel ri-prendere le misure. Infatti città come Sofia cambiano assai velocemente.
Sebbene non manchino i punti di riferimento principali, altre coordinate sono oramai scomparse o sono state nascoste. La prima sensazione è innanzitutto quella visiva. Sofia era, è lo è ancora, una città che sviluppandosi su una grande superficie ha grandi spazi verdi. L'impetuoso sviluppo della città avvenuto nella seconda metà del XX secolo, quando l'industrializzazione attirò una moltitudine dalle campagne, fu governato nel rispetto di una certa logica e razionalità, capace di tenere in considerazione la qualità della vita dei cittadini. Nuovi e moderni quartieri furono edificati ad una certa distanza dal centro, ma collegati al resto della città da una vasta e capillare rete di trasporto pubblico. Tra il centro e la periferia, come diaframmi, si vennero a trovare i grandi polmoni verdi della città. La loro istituzione rese Sofia una delle capitali più verdi d'Europa.
Cambia il volto della città
I quartieri periferici furono costruiti lasciando tra gli edifici uno spazio maggiore di quello stabilito abitualmente dai piani regolatori delle città italiane. L'industria edilizia in un paese occidentale non avrebbe mai tollerato l'inutilizzo di vaste aree verdi messe al servizio della collettività, attrezzate con giochi per bambini, sentieri, laghetti, panchine e prati ben curati. Questo è un lusso che la Bulgaria ha potuto permettersi fino ad un certo punto della sua storia. Già, perché in Bulgaria, in tutte le cose, piaccia o non piaccia, c'è un "prima" e un "dopo".
Per chi proveniva da una città italiana, aprire una finestra senza il rischio di incrociare le imposte con il vicino del palazzo di fronte poteva essere una esperienza gradevole. Certo, la vista, per quanto vasta e nonostante l'imponente monte Vitosha, non era certo quella mirabile di una vallata alpina: gli architetti realsocialisti, specializzati nella progettazione di casermoni in cemento, potevano vantare una produttività inimmaginabile ai colleghi occidentali: un loro progetto era realizzato decine, se non addirittura centinaia di volte. Progetto talmente razionale dal risultare quasi banale: le forme geometriche regolari rappresentavano la sintesi perfetta dei canoni dell'estetica socialista.
Il sistema, a suo modo, sapeva e poteva essere molto efficiente.
Negli ultimi anni, a Sofia, questi ampi spazi vanno sempre più restringendosi. All'edilizia privata non interessa produrre emozioni, e le emozioni nella Bulgaria odierna sono più che mai fuori mercato. Nei grandi numeri nulla ancora di particolarmente allarmante ed irreversibile, ma in alcuni casi questa tendenza ha già inciso marcatamente il paesaggio urbano.
I terreni sulle principali vie di comunicazioni sono diventati particolarmente appetibili, e chi 15 anni fa, distando anche più di 50 metri poteva ritenere il proprio edificio prospiciente ad uno dei grandi viali dei quartieri di periferia, oggi si può ritrovare scavalcato da uno o più edifici quasi sempre a carattere commerciale. Soltanto in alcuni casi i cittadini auto-organizzatisi sono riusciti a bloccare le nuove costruzioni. Queste fasce di terreno teoricamente non edificabili sono divenute, grazie alla cosiddetta restituzione dei beni nazionalizzati dal regime comunista, immediatamente utilizzabili senza bisogno di alcun condono edilizio.
Eventi che risalgono a mezzo secolo in condizioni sociali e politiche, ma soprattutto urbanistiche completamente diverse (terreni da pascolo divenuti 50 anni dopo zone edificabili pregiate), avrebbero avuto tutte le possibilità di trovare soluzioni diverse, incluso l'indennizzo per confisca in caso di opere di pubblica utilità. Invece nella Bulgaria post-comunista, qualcuno si è illuso, o ha avuto l'interesse a farlo, di poter schiacciare il tasto del reset. Solo che i protagonisti di allora non c'erano più ed i loro eredi, beneficiari delle restituzioni avevano tutt'altra specializzazione e non erano in grado di riprendere in mano il lavoro dei loro antenati. Dove c'era una bottega artigiana magari c'è un'industria meccanica, dove c'erano le gambe ora non c'è la testa. Nei primi anni del nuovo ordine economico il risultato fu lo sbandamento del sistema economico: prima c'era una mente che pensava a tutto, ma poi ammesso che ci fossero ancora delle menti pensanti, il sistema nervoso periferico non era più in grado di interpretarne i segnali.
Seguirono anni e quantità industriali di macelleria sociale per cominciare a rivedere qualche forma organizzata degna di questo nome. Nel frattempo profittatori, vecchi papaveri del regime, speculatori e soprattutto malavitosi hanno avuto il tempo per delineare il nuovo assetto del potere. Periodici regolamenti di conti hanno stabilito in modo provvisorio le nuove gerarchie. Importanti "uomini d'affari" hanno così concluso i loro giorni distesi sull'asfalto o sulle moquette di qualche locale alla moda.
I totem del nuovo potere
C'è un soggetto, non nuovo per la verità, che domina in maniera ossessiva e soffocante il nuovo paesaggio urbano. Una presenza che per sua natura non conosce la discrezione. Anzi, i suoi simboli si devono imporre come i totem del nuovo credo consumista, quasi fossero i vessilli che le armate vincitrici hanno innalzato sulle terre sottomesse.
Icone del nuovo potere, i marchi delle multinazionali urlano con voce tonante il loro messaggio: inquietanti tazze fumanti di caffé sovrastano edifici, minacciose M gialle ruotano senza sosta dalle 0 alle 24. La sola tonalità di rosso dominante è quella di una nota bibita gassata. Il palazzo nazionale della cultura è sovrastato da un enorme cartellone di un operatore telefonico cellulare che comunica che per i nuovi abbonati sono in palio 50 veicoli fuoristrada: secondo le statistiche almeno il 70% della popolazione non dispone del potere d'acquisto sufficiente per fare il pieno di carburante a queste vetture energivore.
Ai gradini inferiori della scala gerarchica pubblicitaria proseguono indisturbate le affissioni sui lampioni e sui muri degli edifici: onnipresenti manifesti invitano a prendere parte a "stage" negli Stati Uniti a 7 dollari l'ora, senza specificare ulteriori dettagli. Nella valanga di offerte commerciali, fa capolino anche qualche timido messaggio politico. Un manifestino molto semplice di un circolo anarchico ed un altro di impronta antimilitarista a favore di una Bulgaria "indipendente".
C'era una volta una zona pedonale
Nel centro di Sofia esisteva una zona pedonale: si poteva percorre a piedi in tutta tranquillità il lungo tratto che dal Parlamento porta al Palazzo della Cultura, attraversando piazza Batemberg (già "9 settembre" e sede delle manifestazioni di regime), ed il boulevard Vitosha, la strada più "in" della città.
Ora le grandi auto fiammanti dei nuovi ricchi ed anche quelle più piccole e po' scassate dei nuovi poveri, percorrono a gran velocità queste arterie. La piazza già palcoscenico delle masse comuniste che appiedate sfilavano di fronte al mausoleo di Dimitrov è divenuta ora un anonimo parcheggio. Forse come ultimo sfregio al passato di quella piazza, o forse per necessità o semplicemente sciatteria.
La scelta già molto discutibile dal punto di vista estetico é comunque in controtendenza con quanto fanno le grandi città europee per disincentivare il traffico automobilistico nei centri storici, restituendo ai cittadini il diritto di accesso a piedi agli spazi di maggior pregio della città.
Nuovi e vecchi mestieri
Lo sviluppo di nuove attività, specie nell'edilizia e nel commercio, ha offerto diverse opportunità di lavoro. Nell'edilizia la mano d'opera è esclusivamente maschile: dalla strada si notano nei cantieri muratori, imbianchini, piastrellisti, elettricisti ed altri operai. La domenica la loro presenza per quanto ridotta non scompare del tutto. A coloro che sacrificano il riposo settimanale per accelerare i tempi, si aggiungono quelli che per poter arrotondare il salario si dedicano a questa attività nel tempo libero.
Gli orari degli esercizi pubblici sono alquanto estesi, alcuni supermercati sono aperti giorno e notte, 24 ore. Anche gli uffici pubblici, le banche e la posta applicano orari che senz'altro agevolano la clientela. Nel settore del commercio e dei servizi al pubblico la presenza femminile è predominante. Nel centro città nei punti vendita delle grandi firme internazionali, il numero di commesse è largamente superiore al flusso di clienti da gestire, ma questo è abbastanza scontato trattandosi di negozi di lusso.
Nei mercati di periferia, i prezzi si abbassano, si espone con orgoglio l'origine bulgara della merce, le commesse ed i commessi assumono le fattezze delle zie e dei nonni, che con calore sanno consigliare l'incerto cliente. L'assortimento è alquanto eterogeneo e si compera quello che c'è. In effetti i prodotti locali hanno generalmente un prezzo e una qualità accettabili, mentre i beni di importazione hanno prezzi cosiddetti "internazionali", cioè sono abbastanza lontani dalla portata di molti bulgari. Non mancano nei grandi magazzini le proposte di vendite rateali: per beni di non elevato gli importi mensili scendono fino a 10 lev (5 euro), il che la dice lunga sul potere d'acquisto del bulgaro medio. Infatti nel settore dell'abbigliamento hanno un loro spazio consolidato i negozi di vestiti usati provenienti anche dall'estero, Germania innanzitutto.
Paradossalmente la situazione socio-economica costringe ad un riciclaggio intensivo di molti oggetti. Sebbene non esista una raccolta differenziata, prima che squadre addette alla raccolta delle immondizie raccolgano il loro carico, dei soggetti variopinti sono già passati. Chi si specializza nella carta, chi nel vetro, chi nel metallo, alcuni raccolgono un po' tutto. Oltre a questi "professionisti" passano altri soggetti, spesso anziani (almeno nell'aspetto, visto che i poveri invecchiano più velocemente), che hanno bisogni ancora più primari da soddisfare.
Diritto alla salute
Altri soggetti, generalmente molto più giovani, si prodigano nel convincere i passanti a contribuire a collette che permettano a singoli malati di essere sottoposti a costose operazioni all'estero. La veridicità di tali situazioni è ovviamente impossibile da verificare, ma le situazioni appaiono del tutto verosimili. La purezza di certi visi e il sorriso naturale sono un segnale confortante per chi spera che in Bulgaria qualcuno si occupi del "sociale", ma l'idea di unire le energie per lottare per il diritto alla salute di tutti i cittadini è piuttosto sconosciuta. Ci si imbarca nella raccolta di 30.000 euro per un'operazione all'estero, quando con meno risorse lo stesso intervento potrebbe essere garantito gratuitamente dal sistema sanitario bulgaro a patto che chi lo dovrebbe amministrare si impegnasse nella sua ricostruzione.
Mentre il governo bulgaro continua a mantiene i propri soldati in Iraq, ai disoccupati viene negata l'assistenza sanitaria. Il sistema assicura solo coloro che hanno un reddito, e quindi il disoccupato si deve far carico di tutti costi. Oltre al danno, la beffa: come misura di profilassi generale, il non sottoporsi ad una visita medica generale nel corso di un anno, è sanzionato con una multa di 200 lev (100 euro). Chi è assicurato è comunque tenuto a versare una somma ogni volta che va dal medico di famiglia, più una serie di costi ufficiali ed occulti da affrontare di volta in volta per poter usufruire di certe prestazioni o semplicemente godere dell'attenzione del personale sanitario.
Sofia cablata
La capacità dei bulgari di arrangiarsi si esplicita anche nel settore dell'IT. Numerosi internet cafè consentono connessioni a prezzi popolari (1 lev all'ora), ma molti utenti manifestano la necessità di connessioni veloci anche dalla propria abitazione. Così una Wan (una LAN metropolitana) si propaga in maniera tentacolare tra i quartieri di Sofia.
Diversi provider rendono disponibili connessioni internet, a costi mensili oscillanti tra 15 e 50 lev con velocità da 128kbps a 2 Mbps. Velocità nominali che si riducono notevolmente quando si tratta di accedere alla rete Internet internazionale (24-64 kbps).
Una reclame fa notare che la "cassa" si trova direttamente nel quartiere e che quindi si può pagare comodamente in contanti. Attenzione alle distrazioni però: dimenticarsi di pagare la bolletta implica dopo 3 giorni la disconnessione dalla rete. I provider in questo sono implacabili. Attraverso questo canale si apre un mondo di contenuti accessibili, in modo semi-ufficiale, unicamente agli utenti bulgari: musica e film disponibili in grande quantità.
Internet via cavo si affianca ad un'altro veicolo multimediale a disposizione dei bulgari già da molti anni: è la tv via cavo. Vengono proposti molti canali internazionali e anche alcuni canali bulgari accessibili solo in questa maniera. La rete è capillare, ma in alcune zone della città il cablaggio è un po' approssimativo: cavi volanti incrociano i diversi palazzi. C'è solo da sperare nel corso della scena più intensa del film, i volatili che si posano sui cavi non siano troppo pesanti.
In bilico tra passato e futuro
Con le sue contraddizioni Sofia rimane una città vivace ed in continua evoluzione. E' lo specchio dei tempi e la vetrina di quello che è la Bulgaria di oggi. Una società in trasformazione, in bilico tra un passato ed un futuro fin troppo idealizzati da sostenitori e detrattori. Questo crea una bipartizione sociale e generazionale, tra chi si aggrappa ad un passato che non esiste più e chi si lancia incoscientemente verso un futuro pieno di incognite. Nel mezzo la sfida quotidiana per affrontare il difficile presente.