I Pomatsi sono una comunità indigena bulgara convertitasi all'Islam durante la dominazione ottomana. Ora vivono in prevalenza in alcuni villaggi situati tra i monti Rodopi, Bulgaria centrale, ma sono moltissimi quelli che scelgono di emigrare.
Il 15 ottobre scorso all'interno di un incontro tra sociologi ed assistenti sociali a Bruxelles è stato presentato il film-documentario "Vivere là, sognare qua" che descrive l'emigrazione verso l'estero dei Pomatsi, comunità bulgara di religione musulmana che risiede tra i monti Rodopi. L'idea alla base della realizzazione del documentario è nata durante una ricerca sul campo proprio tra queste comunità.
"Il documentario mostra quanto sia difficile per queste comunità vivere tra i monti Rodopi" afferma Margarita Karamihova, etnografa, direttrice della ricerca ed autrice del film-documentario "ci siamo concentrati in particolare su di una comunità che risiede nel villaggio di Satovcha, centro amministrativo dell'area".
Ed in effetti le condizioni di vita di questa comunità sono al limite della sopravvivenza. I Pomatsi tradizionalmente si occupano della coltivazione del tabacco ma la crisi che questo settore ha subito negli ultimi anni li ha messi in forti difficoltà. Il tasso di disoccupazione si attesta sul 20% ma, sempre secondo la direttrice della ricerca, il dato non è così rilevante. "La comunità si è assuefatta a ricevere l'assistenza sociale e non lo ritiene per nulla lesivo della propria dignità. Per questo motivo molti non si percepiscono quali disoccupati e di conseguenza nulla fanno per cambiare la loro situazione".
Dal 1998 la comunità dei Pomatsi ha vissuto un forte tasso di emigrazione. Due i flussi principali. Il primo verso alcuni Paesi dell'Europa occidentale, in particolare Spagna, Portogallo e Grecia, il secondo verso gli Stati uniti. Alla base dell'emigrazione vi sarebbe - secondo la Karamihova - la difficile situazione economica.
"Più dei 2/3 degli uomini delle comunità che abbiamo visitato erano coinvolti a vari livelli in questo fenomeno di emigrazione tant'è che si stanno creando delle vere e proprie 'piccole Patrie' all'estero. Si inizia a sentire parlare della 'comunità di Satovcha' a Strasburgo ed in Pensilvania, del 'villaggio Byal Izvor' ad Amsterdam, della 'città di Devin' in Spagna".
Naturalmente le famiglie rimaste in Bulgaria sopravvivono anche e soprattutto grazie alle rimesse dall'estero. E questo mantiene i legami tra il "là" ed il "qua" molto forti.
"Il messaggio più forte che abbiamo cercato di dare attraverso questo nostro lavoro è che le minoranze, ed i particolare quelle che vivono in zone remote e montuose, per il momento non hanno guadagnato nulla dalla transizione all'economia di mercato. Anzi, hanno pagato un duro prezzo in termini di emigrazione" ha affermato la Karamihova augurandosi poi che il film sia in grado di stimolare il dibattito in Bulgaria sui temi trattati e di influenzare le decisioni di chi è responsabile per la definizione delle politiche che riguardano queste comunità.