A seguito del conflitto Hamas-Israele in Caucaso settentrionale si sono verificati alcuni episodi violenti di antisemitismo. In Daghestan si è assistito ad una vera e propria caccia all'ebreo nell'aeroporto della capitale Makhachkala, dove la folla il 29 ottobre ha preso d'assalto un volo proveniente da Tel Aviv
Il 7 ottobre Hamas ha lanciato un’offensiva di larga scala contro lo stato di Israele. La risposta non si è fatta attendere ed è in corso una feroce guerra Hamas-Israele. Il conflitto ha acceso gli animi, e a macchia d’olio si è esteso un profondo odio. Da quando è sorta, la questione palestinese, di cui Gaza fa parte, ha suscitato una profonda preoccupazione che ha superato i confini regionali, alimentando attualmente una crescente ondata di antisemitismo, la cui eco si fa sentire anche nel Caucaso.
Il 29 ottobre una folla violenta ha preso d’assalto il volo della Red Wings Airlines in arrivo da Tel Aviv all’aeroporto di Makhachkala, capitale del Daghestan. La folla ha gridato slogan antisemiti e ha cercato di dare assalto all’aereo. Come conseguenza dell’assalto le autorità hanno decretato la chiusura dell’aeroporto e dirottato i voli in arrivo su altri scali. Negli scontri con le forze dell’ordine sono rimaste ferite circa venti persone, di cui la metà agenti di polizia. 150 partecipanti alla rivolta antisemita sono stati identificati, più di 80 fermati. Le sinagoghe in città sono state poste sotto la protezione delle forze di sicurezza.
L’episodio è parossistico, ma non isolato. I disordini antisemiti sono in aumento nella regione. Già dall’agosto 2019 la Cecenia è stata classificata regione a massimo rischio per la presenza di gruppi di terroristi che potrebbero prendere di mira specificatamente cittadini israeliani. Ma al di là di un complesso contesto regionale di sicurezza, la congiuntura legata al conflitto corrente ha fatto sì che nei tre giorni che hanno preceduto l’assalto all’aereo nel Caucaso russo si siano registrate altre aggressioni .
A Čerkessk, capitale della Karačaevo-Circassia, alcuni manifestanti hanno dichiarato che gli israeliani non devono entrare nella repubblica. A Nal’chik, capitale della Kabardino-Balkaria, è stato dato fuoco a un centro culturale ebraico. A Khasavyurt, in Daghestan, si è scatenata la caccia all’ebreo in un albergo in cui era circolata voce che fossero ospiti degli israeliani rifugiatisi in Caucaso in fuga dalla guerra.
La gestione
Le immagini della caccia all’ebreo nell’aeroporto daghestano hanno fatto il giro del mondo, e generato sia sdegno sia domande. Innanzitutto come è possibile che una folla inferocita, in un paese in cui sono emerse criticità verso una specifica comunità, abbia potuto accedere agli spazi dell'aeroporto in quel modo e li abbia ridotti a caos mentre l'intervento delle forze di polizia è stato così poco tempestivo. I danni stimati sono di 285 milioni di rubli (quasi 3 milioni di euro), e l’indagine su quanto accaduto è passata dagli organi locali a quelli federali.
Da Mosca ora tuonano punizioni esemplari, come un divieto di accedere alla struttura aeroportuale per tutti coloro che hanno preso parte alla sommossa antisemita, così come la possibilità di addebitare ai manifestanti i costi di ripristino delle strutture danneggiate. L’autorità locale ha ventilato che i colpevoli potrebbero redimere la propria colpa andando a combattere in Ucraina.
L’aeroporto è capillarmente sorvegliato da telecamere di sicurezza, e proprio questo rende la gestione dell’assalto più incomprensibile. L’arrivo della folla è stato monitorato, eppure non è stato attivato nessun piano per prevenire l'aggressione.
Non è la prima volta che la società russa, soggetta ad una stretta sorveglianza, si trova improvvisamente esposta a situazioni di alto rischio per la sicurezza senza avere capacità di reazione. Il caso più plateale è stata la “marcia per la giustizia” dei mercenari di Prigozhin a giugno, che ha portato la soldataglia alle porte della capitale in poche ore senza che incontrassero adeguata resistenza.
Tatiana Stanovaja del Carnegie Russia Eurasia Center identifica una serie di debolezze strutturali che permettono questi exploit di violenza incontrollata, quali il fatto che la verticalizzazione del processo decisionale rende gli organi sul territorio incapaci di prendere in mano le situazioni relegandoli a esecutori degli ordini ricevuti, processo che può avere delle tempistiche non adatte a scongiurare pericoli immediati.
Ma è soprattutto la lista di priorità che espone il fianco del paese a rischi ingestibili: il sistema di sicurezza è incentrato sulla tutela di Putin. Mai una folla anti-regime avrebbe mano libera per prendere d’assalto un aeroporto in una zona calda del paese. La Russia di Putin è esperta nella soppressione del pluralismo politico, seguendo un modello che ricorda l'Unione Sovietica. Per altre sfide, molto meno. E come sempre quando ci si trova davanti a un fallimento, l’establishment russo addita le forze esterne al paese come colpevoli, sostenendo che anche il pogrom di Makhachkala è stato orchestrato dai nemici della Russia, gli ucraini e i suoi sostenitori, repertorio ormai classico del complottismo russo.
Il contesto e le conseguenze
Che la tutela della comunità ebraica in Russia non sia una priorità è dimostrato dalle continue dichiarazioni e scelte di Mosca. Dall’offensiva del 7 ottobre, il primo viaggio all’estero della rappresentanza di Hamas è stato a Mosca. Hamas è riconosciuta come organizzazione terroristica in molto paesi, ma non in Russia.
Non solo l’appoggio ad Hamas, ma il crescente antisemitismo nella sfera pubblica è sdoganato, anche da figure politiche ed istituzionali di primo piano. L’antisemitismo è emerso in chiave anti-ucraina, nei frequenti attacchi al presidente Volodymir Zelenskij. Proprio l’identità del presidente ucraino è diventata una cartina tornasole per forme di antisemitismo latenti . Da Lavrov a Putin ci si è abbandonati a commenti sul ruolo dell’ebraismo nella figura del presidente ucraino.
La caccia all’ebreo, le scelte politiche di Mosca e il clima che si è creato nel paese, ha portato Israele ha estendere il massimo livello di allerta a tutto il distretto sud della Russia per i cittadini israeliani, perché si astengano dal visitare la regione, nonché a fare attivare l’Ambasciata di Israele a Mosca perché gli ebrei daghestani che lo desiderano possano lasciare la Repubblica e trasferirsi in Israele . Dei circa 30 israeliani presenti sul volo quasi nessuno si è avvalso dei servizi dell’ambasciata, evacuando privatamente.
La comunità ebraica del Caucaso, la cui presenza è attestata nella regione dai primi secoli del primo millennio, si è notevolmente già assottigliata. Dall’inizio della guerra in Ucraina il Rabbino Capo di Mosca, riparato in Israele, teme per la sua comunità, sapendo che l’antisemitismo russo è storico, radicato e in ascesa, ed è quello che ha dato origine alla parola pogrom. L’assenza di un misurato dibattito pubblico intorno al conflitto Hamas-Israele ha aperto un nuovo fronte di questo allarmante fenomeno.