Una scritta in centro a Grozny, "Lascia che la giustizia trionfi" - (Dominik K. Cagara /OC Media)

Una scritta in centro a Grozny, "Lascia che la giustizia trionfi" - (Dominik K. Cagara /OC Media)

In Cecenia un inquietante silenzio circonda il destino di centinaia di giovani scomparsi nel nulla. Nessuno osa parlarne perché la repressione è durissima e anche chi è all'estero non è al sicuro

14/11/2018 -  Ivan Ignatyev

(Pubblicato originariamente da OC Media il 5 novembre 2018)

"Non crediate che giustificherei le sue azioni se fosse colpevole, ma almeno che venga sottoposto a processo e che venga condannato. Non mi dicono nemmeno dove si trova!" dice Amalia (non è il vero nome) dalla Cecenia.

Suo nipote è scomparso l'anno scorso e da allora non ha ricevuto alcuna notizia su dove si trovi. Amalia è sicura che sia trattenuto dalle forze di sicurezza cecene.

"Ho tre nipoti. Il più grande manca. Li ho cresciuti dall'infanzia, mio fratello è disabile ed è rimasto vedovo presto. Li ho cresciuti da sola, li ho mandati alla scuola superiore".

"È vero che non c'è lavoro qua. Le autorità condividono le risorse disponibili con i propri familiari, i lavori vengono assegnati sulla base del nepotismo. La conseguenza: persone senza qualifiche ottengono posizioni di responsabilità".

"Se cominci a chiedere cose secondo quanto stabilito dalla legge, gli uomini di Kadyrov vengono durante la notte con armi automatiche e prendono i tuoi figli. Non c'è alcuna legge qua. Abbiamo paura di denunciare, vogliamo che ci lascino vivere normalmente", il discorso di Amalia è interrotto dai singhiozzi.

Amalia si era rivolta a OC Media per scrivere della sparizione di suo nipote, ma la paura le ha poi fatto cambiare idea. Ha continuato nella sua ricerca in sordina, attraverso suoi contatti. Ha anche offerto alle forze di sicurezza locali soldi in cambio di informazioni su suo nipote. Invano.

La polizia non ha accettato la sua denuncia di sparizione del nipote e per Amalia questa è prova sufficiente del fatto che sia trattenuto dalle forze di sicurezza.

"Ha viaggiato fuori dalla Cecenia in cerca di lavoro diverse volte ma è sempre tornato velocemente, dicendo che gli mancava la famiglia, cioè me, sua sorella e i suoi nipoti. Ora di lui non sappiamo nulla da molto tempo. Deve essere qui in Cecenia! Non ha neanche un passaporto e la sua carta d'identità ce l'ho io. Se fosse stato libero, mi avrebbe contattata!"

"Ho sentito che in Cecenia ci sono delle prigioni sotterranee che non hanno né finestre né porte, è possibile che sia detenuto in una di queste. Se solo potessimo sapere dove si trova! Siamo parte della Russia dopotutto, quindi perché non lo cercano. O forse le leggi russe qui non vengono applicate?", continua Amalia.

I parenti degli scomparsi o di coloro che vengono accusati di terrorismo (spesso sulla base di accuse inventate), sono spesso troppo spaventati per rivolgersi ad attivisti di organizzazioni che si occupano di diritti umani, per assumere un avvocato, per postare sui social media richieste di informazioni o denunce, per chiamare i giornalisti, o anche solo per dare i propri nomi.

È risaputo che le forze di sicurezza avvisano le famiglie, minacciandole sul fatto che se agissero in questo modo seguirebbero ripercussioni nei confronti dei propri cari in prigione e di quelli fuori dalla prigione.

Nonostante ciò, ci sono alcuni che rompono il silenzio e, con lacrime di paura, si rivolgono ai giornalisti: se non per cercare salvezza, almeno per trovare comprensione.

Amalia dichiara di essersi rivolta al gruppo che si occupa di diritti umani Memorial ma che questi non sono stati in grado di aiutarla dal momento che il capo del loro ufficio ceceno ha in corso un processo penale per presunto possesso di droga. Gli stessi suoi colleghi e amici dicono che le accuse e il processo stesso sono assurdi ma che non possono farci nulla.

Amalia ha poi chiesto per la seconda volta di scrivere un articolo sulla sua situazione difficile - di nominare suo nipote scomparso - ma di nuovo ha poi cambiato idea. Nella lotta tra la sofferenza e la paura, la paura ha la meglio. Diamo la nostra parola ad Amalia che la sua storia rimarrà anonima.

“Anche se sei all’estero non puoi sentirti sicuro”

Madina e Ibragim (non sono i loro veri nomi), lasciarono Grozny per fuggire la guerra e la distruzione dei primi 2000. Loro figlio era cresciuto tranquillamente in Lituania; era il loro orgoglio e gioia e eccelleva a scuola e al college.

In giugno ha deciso di andare in Cecenia per incontrare una ragazza con la quale chattava online; era il suo primo amore.

Ha annunciato alla sua famiglia che si sarebbe sposato, ma ad una settimana dall’arrivo nella sua terra natale, è stato arrestato e accusato di aver tramato un attacco armato contro i militari.

I suoi genitori sono venuti a conoscenza tramite contatti locali che il figlio viene trattenuto in una struttura di detenzione e che le accuse contro di lui sarebbero basate su un suo presunto post sul fatto che avrebbe attaccato le forze di sicurezza cecene. Nel frattempo la sua promessa sposa è scomparsa nel nulla.

Un’altra donna cecena racconta di un’altra storia d’amore simile che ha coinvolto un proprio parente che viveva in Austria e che successivamente è finito nelle mani delle forze di sicurezza cecene. Una ragazza gli si era avvicinata sul web. A questo era seguita una comunicazione via Skype. Lui le aveva poi dichiarato di provare per lei dei sentimenti e un mese dopo la ragazza gli ha proposto di incontrarsi in Cecenia.

"Lo hanno arrestato all’aeroporto dicendo che era venuto per reclutare combattenti per andare in Siria! Non penso che la sua conoscenza della Siria andasse oltre le discussioni sui social media. Probabilmente ha messo il like a qualcosa a cui non avrebbe dovuto”, ha dichiarato la nostra interlocutrice.

Un like sedizioso

Musa Lomayev è fuggito in Europa come rifugiato 30 anni fa e ora documenta i crimini commessi dalle autorità cecene contro i diritti umani fondamentali. Afferma che vi è la prassi di utilizzare agenti donna per sedurre non solo attivisti dell’opposizione ma anche semplici bloggers.

“Sono a conoscenza di diversi casi in cui uomini che si sono dati alla macchia, anche in Cecenia, sono stati poi trovati dalle autorità con l’aiuto di donne che propongono loro il matrimonio. Persino militanti esperti sono stati catturati in questo modo.”

“Con l’aiuto di ragazze reclutate, scoprono anche chi si nasconde online dietro nickname e utenti anonimi che criticano Kadyrov. Hanno provato in questo modo anche a capire chi fossi io.”

“E ora, non solo i messaggi offensivi e i commenti sono considerati 'sediziosi', ma anche i like, i repost, o anche l’iscrizione a certi blog. L’obiettivo è punire la resistenza alle autorità, l’opposizione alle autorità, e rendere tutto più delicato e doloroso possibile”.

“Lo stesso Kadyrov dice che chiunque dica una parola contro le autorità ne risponderà. Lo stesso è stato dichiarato da Abuzayd Vismuradov [comandante delle forze della Chechen National Guard Spetnaz, ndr], il quale promette che li prenderà tutti. Mogomed Daudov, presidente del parlamento ceceno, minaccia: Non vi potrete nascondere”.

“Questo fa pensare che qualsiasi critica, anche minima, venga punita. Se qualcuno decide di nascondersi dietro ad un nome falso e di vivere tranquillamente, si sta sbagliando di grosso”.

Lomayev dice che una volta che le autorità scoprono l'identità degli oppositori, la polizia è probabile si rechi dai parenti in Cecenia dicendo: “Tuo figlio, o tuo nipote, che vive in Germania o in Francia, sta lanciando fango sul capo della Repubblica. La vostra famiglia è soddisfatta del nostro governo?”

Dopo una visita di questo tipo, chi è in Cecenia chiamerà i parenti in Europa provando insistentemente a scoraggiarli dal criticare le autorità.

Lomayev aggiunge che la paura ha sopraffatto molti in Cecenia. “Anche se loro figlio venisse ucciso davanti ai loro occhi, non direbbero nulla, aspetterebbero in silenzio per vedere se riescono almeno ad avere il corpo. I ceceni sono arrivati, oggi, a questo limite.”

L’onere del silenzio

Un’altra ragione per le famiglie dell’accusato per stare in silenzio è la promessa che i loro cari riceveranno una sentenza meno aspra se non parlano. La recente e famosa sentenza di un tribunale del distretto di Kurchaloy con la quale si è arrivati alla condanna di 14 persone per “aver costituito un gruppo paramilitare illegale” ha dimostrato questa pratica.

Le famiglie hanno mantenuto il silenzio durante l’anno e mezzo di investigazione e il breve processo che ne è seguito. Ma ora, dato che le autorità non hanno mantenuto fede all'accordo, hanno cominciato a parlare seppur anonimamente. Invece di condanne brevi, i loro parenti sono stati condannati a 9-10 anni di prigione per la presunta preparazione di un attacco alle forze di sicurezza.

Uno di questi che stava fuori dal tribunale aspettando la sentenza ha filmato la reazione dei parenti: grida di indignazione e donne piangenti. Il video, che è stato ampiamente divulgato tra i ceceni attraverso messaggi su gruppi social, ha provocato un’ondata di muta disperazione.

Chi sta mantenendo il silenzio sul destino di loro parenti coinvolti in altri casi, inizia a convincersi che piuttosto che aiutare loro, il silenzio giochi solo a favore della polizia, dell'accusa, e dei tribunali.

I funzionari ceceni stanno provando a mettere tutto sotto il tappeto e sono arrivati a dichiarare che il summenzionato video girato fuori dal tribunale è una provocazione fatta da un provocatore anonimo.

Il ministro ceceno per le Politiche nazionali, Dzhambulat Umarov, ha sentito l'esigenza di garantire personalmente ai ceceni che il video era falso e la stazione delle televisione di stato, Grozny TV, ha trasmesso un’intervista con tre fratelli di uno degli accusati nella quale hanno dichiarato che il loro familiare era colpevole di terrorismo.

WhatsApp, un’isola di libertà

I gruppi ceceni su WhatsApp rimangono la sola forma di comunicazione di massa non controllata dal governo. Diversi di loro connettono anche ceceni che vivono all’estero.

Informazioni importanti e video vengono velocemente divulgati via WhatsApp e raggiungono decine di migliaia di visualizzazioni. Quest’ondata di informazioni raggiunge la stampa e anche le stesse autorità.

In questi casi, le autorità, per prima cosa, investigano e contattano la fonte, e, in un secondo momento, preparano due reazioni: una nota ufficiale e la ricerca degli autori del video.

Vi sono stati diversi casi in cui chi ha criticato in qualche post il governo è stato obbligato a scusarsi Ci sono stati diversi casi dove le critiche del governo ceceno sono state fatte per scusarsi direttamente davanti a Kadyrov e il tutto ripreso dalle telecamere.

Dopo la condanna sentenziata a Kurchaloy, è stato lanciato sui social un invito a manifestare a Grozny contro le uccisioni extragiudiziali, le accuse false, le condanne illegali.

Le persone sono arrivate ed erano tante. Ma la manifestazione non vi è stata perché è stato loro impedito di riunirsi dalle truppe della guardia nazionale che pattugliavano massicciamente l'intero centro della città.

Non l’alternativa migliore

Come sottolineano i difensori dei diritti umani, quando una protesta viene soppressa, va sottotraccia e può diventare violenta. La Cecenia non è un’eccezione. Chi protesta non solo assume posizioni sempre più radicali ma le proteste coinvolgono persone sempre più giovani. 

Il 20 agosto scorso un poliziotto - e uno degli assalitori - sono stati uccisi durante un attacco ad un posto di blocco. Il più vecchio tra gli assaltatori era diciottenne, il più giovane undicenne.

Le autorità cecene amano decorare le loro città; la sera i loro centri brillano con la luce di migliaia di lampade. Moschee, parchi, i giardini: tutto brilla e luccica come una ghirlanda di Natale. I turisti vengono portati a Grozny per essere deliziati e impressionati, mentre tra questi grattacieli vuoti e splendenti camminano i ceceni, pieni di paura.