Il vice presidente del Parlamento croato Vladimir Šeks

Il vice presidente del Parlamento croato Vladimir Šeks

Amnesty International ha precisato in più occasioni che esistono prove sufficienti per avviare un’indagine sul conto del vice presidente del Parlamento croato Vladimir Šeks, sospettato di crimini di guerra. Šeks rigetta le accuse, ma intanto il rapporto di Amnesty è arrivato sui tavoli di Bruxelles

20/01/2011 -  Drago Hedl Osijek

Vladimir Šeks, vicepresidente del Parlamento croato e uno dei politici più influenti del partito di governo Unione democratica croata (HDZ) della premier Jadranka Kosor, si è trovato in serie difficoltà dopo che Nicola Duckworth, direttrice di Amnesty International per l’Europa e l’Asia centrale, ha ribadito che la sua organizzazione è in possesso di prove sufficienti e fondate che potrebbero essere assunte dalla magistratura croata per avviare un’indagine sulla possibile implicazione di Šeks in crimini di guerra commessi da parte croata.

Le dichiarazioni di Amnesty International

Amnesty aveva pubblicato un rapporto su questa questione già all’inizio dello scorso dicembre , sostenendo di avere informazioni simili su Tomislav Merčep, ex assistente del ministro degli Interni, ed anche sull’ammiraglio in pensione Davor Domazet. Interessante il fatto che il giorno dopo la pubblicazione del rapporto, a Zagabria è stato arrestato proprio Tomislav Merčep, indagato per responsabilità per i crimini di guerra avvenuti 19 anni fa a Pakraćka Poljana, Croazia centrale. In quel caso Šeks non aveva rilasciato dichiarazioni, probabilmente pensando che Amnesty International sarebbe stata soddisfatta dell’arresto di Merčep e che di conseguenza non avrebbe avanzato richieste sulle sue responsabilità. Ma un mese dopo, il 14 gennaio, il settimanale zagabrese Novosti ha pubblicato una lunga intervista con Nicola Duckworth , in cui quest’ultima faceva nuovamente riferimento a Šeks.

Nicola Duckworth, direttrice di Amnesty International

Nicola Duckworth

“Credo che ci siano prove sufficienti per poter avviare un’indagine [contro Šeks]. Sappiamo bene dagli atti dell'accusa relativi al caso Branimir Glavaš che Šeks ha affermato di essere stato in posizione di comando a Osijek nel 1991, quando furono commessi molti crimini di guerra. Questa è una prova fondamentale e sufficiente per poter avviare un’indagine contro Šeks, nonostante sia un politico molto influente in Croazia”, ha precisato Duckworth riportando al settimanale Novosti le posizioni di Amnesty International.

Il giorno stesso Vladimir Šeks, di sua iniziativa, si è rivolto alla Procura di Stato con l’intento di rilasciare le sue dichiarazioni sul caso. Dopodiché, partecipando la sera stessa al tg della Televisione croata, ha precisato che non c’è alcun motivo di avviare un processo contro di lui e che questo verrà confermato dalla stessa Procura mediante un particolare comunicato. Tuttavia, fino ad oggi la Procura non si è ancora espressa in merito.

Šeks, un ostacolo sul cammino europeo della Croazia?

Nel frattempo, il Dipartimento di giustizia croato ha confermato che il 18 gennaio è stata avviata un’indagine contro Davor Domazet, sospettato di crimini di guerra. Nonostante l’ammiraglio non sia stato arrestato, come invece accaduto a Merčep, l’indagine sul conto dei due non lascia Šeks tranquillo. Tanto più quando Amnesty International, con un comunicato stampa, il 17 gennaio , il terzo nell’arco di un mese e mezzo, ha ripetuto la sua posizione in merito a Šeks.

Si tratta di un messaggio estremamente chiaro che la Croazia dovrà prendere seriamente in considerazione, anche perché Amnesty ha inviato lo stesso rapporto a Bruxelles, dove è all’esame uno dei capitoli più problematici in merito all'integrazione Ue, quello sulla giustizia croata e sui diritti fondamentali, ritenuto di importanza cruciale per poter chiudere i negoziati di accesso, negoziati che Zagabria vuole concludere entro la fine di giugno.

In questo modo Šeks, inaspettatamente, potrebbe diventare un ostacolo per raggiungere il principale obiettivo della politica estera della premier Jadranka Kosor: chiudere i capitoli negoziali per l’ingresso del Paese nell’Ue. Il problema si complica ancora di più per via del fatto che attualmente Šeks è uno degli uomini più forti dell’HDZ, a sostegno della stessa premier Kosor.

Il ruolo di Vladimir Šeks durante la guerra

Šeks all’inizio della guerra in Croazia era presidente del Comitato di crisi della Slavonia orientale, regione in cui vivevano circa un milione di abitanti e che aveva contatti diretti con la Serbia.

Il ruolo dei comitati di crisi non era definito in modo chiaro e al tempo di guerra i suoi membri avevano assunto ampi poteri nelle operazioni di difesa e nelle azioni militari. Lo stesso Šeks, a quel tempo, intervenendo alla Televisione croata, si era presentato vestito con la mimetica, ribadendo che: “Tutte le truppe della Repubblica di Croazia nella provincia della città di Osijek agiranno in accordo con le decisioni del Comitato di crisi”. Questa frase, ma anche altre decisioni prese all’epoca dal Comitato di crisi presieduto da Vladimir Šeks, testimoniano che  tale organo aveva funzioni di comando.

Ora Šeks, dovendo fare i conti con le accuse di Amnesty International, cerca di relativizzare il suo ruolo nella guerra. Egli afferma che in guerra, come presidente del Comitato di crisi, ha esercitato esclusivamente una funzione civile, senza alcuna giurisdizione militare o di comando. Ma, allo stesso tempo, va rilevato che Šeks porta i gradi di general-maggiore dell’Esercito croato, oltre che godere dello status di difensore nella cosiddetta guerra patriottica, ed avere altre decorazioni che si attribuiscono per meriti in battaglia. Era stato nominato generale dall’allora presidente croato Franjo Tuđman, il 5 marzo 1993, mentre il suo impegno militare, ufficialmente, si sviluppa tra il 15 ottobre 1990 e il 30 settembre del 1993, di cui gli ultimi tre mesi passati al Comando delle Forze armate a Osijek.

Proprio nella città di Osijek durante la guerra, tra il 1991 e il 1992, sono accaduti crimini di guerra per i quali Branimir Glavaš, anch’egli generale dell’Esercito croato e all’epoca stretto collaboratore di Šeks, è stato condannato a otto anni di reclusione. Durante le indagini e il processo, Glavaš in più occasioni ha dichiarato che l’ufficio di guerra di Šeks si trovava solo un piano sopra il suo, alludendo che anche Šeks doveva essere al corrente di tutti i crimini per cui Glavaš è stato condannato.

E proprio a tutti questi fatti si riferiva Amnesty International quando ha reso noto che la procura dovrebbe avviare un’indagine contro Šeks. Quest’ultimo rigetta tutte le accuse, affermando che in guerra era solo un civile. Il grado di generale dell’Esercito croato, che si teneva stretto desiderando garantirsi la sua parte di fama acquisita in guerra, ora gli è diventato di peso.