Intervista con Ivana Kekin, candidata del partito Mozemo! alle elezioni presidenziali croate del prossimo 29 dicembre, deputata parlamentare e presidente del partito extra parlamentare Nuova Sinistra
(Originariamente pubblicato da H-Alter )
Lei ha a più riprese dichiarato di voler essere la presidente della nuova generazione. Cosa intende con questa affermazione?
Mi riferisco alla necessità di affidare la carica di presidente della Repubblica a una persona pronta a impegnarsi attivamente per l’interesse pubblico e ad affrontare le questioni che toccano la maggior parte della popolazione. Una persona capace di osservare i vecchi problemi da una nuova prospettiva, ma anche di sollevare questioni finora rimaste ignorate. Non possiamo continuare a votare le stesse persone e aspettarci nuove soluzioni.
I miei avversari [alle imminenti elezioni presidenziali], che rappresentano i due principali partiti in Croazia, sono presenti nella scena politica da oltre vent’anni. Entrambi facevano parte del potere esecutivo, uno come ministro e l’altro come premier, quest’ultimo è poi diventato presidente della Repubblica. Ritengo che questi due politici abbiano già raggiunto l’apice delle loro capacità. Inoltre, i precedenti presidenti non hanno sfruttato il loro mandato per parlare di argomenti che ritengo importanti per i cittadini.
Le istituzioni pubbliche non vengono più gestite in modo da servire l’interesse pubblico. I cittadini si sono più volte organizzati autonomamente, ad esempio per denunciare il caso di un ginecologo di Osijek, accusato di stupro, oppure per difendere il fiume Una.
La Croazia ha bisogno di un capo dello stato che, oltre ad occuparsi di questioni di sicurezza e di politica estera, si impegni seriamente per sollevare questioni importanti ai massimi livelli, parlando instancabilmente di problemi urgenti che toccano i cittadini.
Sembra che il premier Andrej Plenković non prenda sul serio i suoi interventi in parlamento. Se lei dovesse vincere le elezioni presidenziali, questa tendenza potrebbe cambiare?
Plenković spesso reagisce in modo inappropriato e con nervosismo ai miei interventi, e questo dimostra che prende sul serio le mie parole. Ad ogni modo, il primo ministro deve rispettare le istituzioni dello stato. A prescindere dalla sua opinione personale su di me, Plenković riveste la carica di premier e io sono una deputata del parlamento, quindi dovrebbe esserci un rapporto di rispetto reciproco. Tuttavia, Plenković non rispetta le istituzioni. Da cinque anni ormai non rispetta nemmeno la Costituzione: condizionato da divergenze e animosità personali, il premier ignora l’obbligo costituzionale di chiedere il parere del presidente della Repubblica su diverse questioni.
Se verrò eletta presidente, insisterò sulla necessità di tenere fuori dal dibattito pubblico le animosità personali, che non possono essere il motivo per rifiutare di collaborare. Se poi Plenković continuerà a violare la Costituzione, ne parlerò apertamente, senza però chiamare il premier con appellativi dispregiativi, insistendo affinché l’interesse pubblico sia posto al di sopra di qualsiasi conflitto personale.
Quando ha iniziato a pensare seriamente di candidarsi alle elezioni presidenziali?
Možemo! è il terzo partito in Croazia, molti cittadini ci considerano come una valida opzione politica. Quindi, abbiamo ritenuto opportuno proporre un nostro candidato [alla presidenza della Repubblica]. Abbiamo preso questa decisione più di un anno fa.
Personalmente, ho iniziato a pensare ad una possibile candidatura durante le precedenti campagne elettorali. Mi sono resa conto di essere capace di esplicitare in modo efficace anche idee complesse e i cittadini hanno reagito positivamente al mio impegno politico. Sono molto entusiasta della candidatura, fortemente appoggiata anche dal mio partito.
Una delle prerogative del capo dello stato è conferire e revocare le onorificenze. Qualche anno fa il presidente Milanović aveva restituito la medaglia d’onore a Branimir Glavaš. Lei se venisse eletta presidente, cosa farebbe? Revocherebbe le onorificenze controverse, come quelle conferite a Jadranko Prlić e Dario Kordić [condannati per crimini di guerra]?
Sono rimasta profondamente delusa dalla decisione del presidente Milanović di restituire la medaglia a Branimir Glavaš. Io non lo avrei mai fatto e davvero non so come tale decisione possa contribuire a rendere migliore la nostra società.
Pur non avendo mai nutrito illusioni né grandi aspettative nei confronti dell’attuale capo dello stato, la restituzione della medaglia a Glavaš è stata una delle prime azioni di Milanović ad avermi sconvolta non solo da donna politica di sinistra, ma anche da cittadina che non vuole che la Croazia conferisca onorificenze a persone che hanno commesso crimini contro i civili.
Quindi, nel caso di una sua eventuale vittoria alle elezioni presidenziali ci possiamo aspettare…
…che vicende del genere non si ripetano, che i criminali di guerra non vengano insigniti di riconoscimenti.
Sarebbe pronta anche a creare una commissione per revocare le onorificenze di stato?
Dovrei verificare le procedure esatte, però la mia posizione è chiara: le persone accusate di crimini di guerra contro i civili, e soprattutto quelle condannate in secondo grado, non dovrebbero ricevere onorificenze e medaglie.
In una recente intervista rilasciata all’emittente RTL lei ha affermato che se dovesse essere reintrodotta la leva obbligatoria, lo stato croato “spenderebbe ingenti risorse per i giovani che non mostrano alcun interesse per il servizio militare”. Qual è la sua posizione sull’annunciata reintroduzione del servizio di leva?
Il movimento Možemo! è contrario alla totale militarizzazione della società. Personalmente, non credo che la leva obbligatoria possa essere utile. A mio avviso, considerando le modalità della guerra e le tecnologie moderne, i ragazzi che svolgono un servizio militare di otto settimane non sono capaci di contribuire in modo significativo alla sicurezza del paese.
Anziché concentrarci sui potenziali nemici esterni, dovremmo affrontare i pericoli reali che minacciano la vita dei cittadini. Recentemente, in Bosnia Erzegovina diverse persone (parliamo di un numero a due cifre) sono morte a causa di un disastro reale al quale la Croazia è sfuggita per puro caso. Per non parlare degli incendi che hanno devastato la nostra costa per tutta l’estate.
Se si vuole davvero aumentare la resilienza della popolazione bisogna riformare il sistema di protezione civile in modo che i cittadini possano imparare come prevenire potenziali rischi, agire in caso di necessità e partecipare a interventi di soccorso. La retorica incentrata su minacce e nemici esterni è uno stratagemma a cui la destra ricorre regolarmente per serrare le fila dei suoi sostenitori, al contempo evitando di affrontare i pericoli esistenti.
Nel 2023 la Lettonia ha reintrodotto la leva obbligatoria e la questione del servizio di leva è stata ampiamente dibattuta anche durante le ultime tornate elettorali in Germania e in Gran Bretagna. Quanto alla nostra regione, oltre alla Croazia, anche la Serbia e il Montenegro valutano la possibilità di ripristinare la leva obbligatoria…
Noi siamo contrari all’introduzione del servizio di leva. La questione della mancanza dei soldati di leva e dei riservisti dovrebbe essere affrontata all’interno dell’attuale sistema del servizio militare volontario, garantendo ai giovani interessati la possibilità di svolgere il servizio militare in condizioni adeguate.
Quanto agli altri paesi, viviamo in un’epoca di grandi sfide, gli eventi in Ucraina e Medio Oriente incutono ulteriori timori nei cittadini. Alcuni attori politici, anziché cercare di attenuarli, alimentano questi timori, promuovendo l’idea della militarizzazione nel dibattito pubblico. Credo che la Svizzera abbia fatto molto di più per rafforzare la sua sicurezza nazionale mantenendo la sua posizione particolare nelle relazioni internazionali che non introducendo la leva obbligatoria. Resta da vedere come evolverà la situazione in Gran Bretagna, ora guidata da un governo laburista, e in Germania, dove si assiste ad alcune tendenze che mi sembrano molto più pericolose del discorso sul servizio di leva.
Se venisse eletta presidente, lei dovrebbe partecipare anche a diverse cerimonie istituzionali. Nel 2025 la Croazia celebrerà due anniversari importanti: i millecento anni dalla nascita del Regno di Croazia e i trent’anni dalla fine della Guerra patriottica. Lei ha già un’idea su come affrontare questi anniversari per evitare che si trasformino in una sfilata nazionalista?
Certamente parteciperò a tutte le feste nazionali, compresi il 30 maggio [Giorno della Repubblica di Croazia], il 18 novembre [Giornata della memoria delle vittime della Guerra patriottica], il 5 agosto [Giorno della vittoria nella Guerra patriottica], ma anche il 22 giugno, che spesso viene dimenticato. Ad esempio, l’attuale premier croato ha sempre evitato di partecipare alle cerimonie organizzate in occasione del Giorno della lotta antifascista.
Sono stata l’unica candidata alla presidenza della Repubblica ad aver partecipato alla celebrazione dell’ottantesimo anniversario della liberazione dell’isola di Curzola (Korčula) dal fascismo, dimostrando così la mia posizione. Il presidente Milanović ha improvvisamente cancellato la sua partecipazione all’evento, dove tra l’altro, sulla scorta delle pressioni delle associazioni dei veterani, ad un coro femminile montenegrino è stato vietato di esibirsi. Con la mia presenza a questa cerimonia, insieme a numerosi cittadini e antifascisti non solo della Dalmazia ma di tutta la Croazia, ho dimostrato come intendo affrontare in futuro le feste nazionali.
In Croazia il 5 agosto si celebra la giornata della vittoria, mentre in Serbia è un giorno di lutto. Qual è la sua posizione sulla celebrazione dell’operazione Oluja? Come affronterebbe questa questione considerando che l’Ufficio della Presidenza della Repubblica sostiene parte delle spese dell’organizzazione degli eventi per celebrare il 5 agosto?
Questa data dovrebbe essere ricordata in modo adeguato, senza trionfalismi esagerati. Commemoriamo il giorno in cui la Croazia aveva liberato gran parte del proprio territorio, ma non per questo dobbiamo evitare di ricordare e rendere omaggio alle vittime civili dell’operazione Oluja.
Per quanto riguarda le risorse destinate alla celebrazione, non so con esattezza di quale cifra di tratti, se sia esagerata o meno. Quanto invece all’estetica dell’evento, ogni presidente tende ad adeguarla alle proprie sensibilità.
In passato alcuni presidenti croati hanno menzionato le vittime civili serbe in occasione della celebrazione dell’operazione Oluja, spesso però cadendo nella relativizzazione. Lei invece immagina una celebrazione dignitosa che ricordi anche le vittime civili?
Non ci possiamo aspettare un futuro luminoso senza affrontare con onestà il nostro passato. Una celebrazione dignitosa del giorno dell’operazione Oluja deve commemorare tutte le vittime civili.
Il Consiglio nazionale serbo (SNV) ogni anno invita tutti i gruppi parlamentari a partecipare alla commemorazione centrale delle vittime dell’operazione Oluja. Dal 2021 il suo partito ha sempre declinato l’invito. Perché?
Non possiamo accettare tutti gli inviti, perché gli eventi sono davvero tanti. Se non ho mai assistito alla celebrazione dell’operazione Oluja è perché non ne ho mai avuto l’opportunità.
Il fatto che negli ultimi anni lei non abbia mai partecipato alla commemorazione potrebbe spingere gli elettori appartenenti alla minoranza serba a votare Zoran Milanović?
Sono convinta che la maggior parte dei cittadini appartenenti alla minoranza serba sappia quali politici si impegnano sistematicamente per migliorare le condizioni di vita in Croazia, in particolare per quanto riguarda l’uguaglianza e i diritti economici. Intervengo sempre in parlamento quando l'estrema destra attacca la minoranza serba. Sottolineo che il presidente Milanović aveva a più riprese invitato i cittadini a votare il Movimento patriottico, una formazione che ha costruito il suo intero programma politico intorno all’odio verso le minoranze, in primis quella serba. Sono sicura che i nostri concittadini di nazionalità serba sappiano chi si batte effettivamente per i loro diritti.
In un’occasione lei ha affermato che l’Accordo di Dayton deve essere rivisto per rispondere ai bisogni dei cittadini della Bosnia Erzegovina. Cosa bisognerebbe fare per adeguare l’Accordo ai tempi attuali? Ritiene che la Croazia debba intromettersi negli affari interni della Bosnia Erzegovina?
Queste domande andrebbero poste ai cittadini e ai partiti politici bosniaco-erzegovesi. Sono loro a dover raggiungere un consenso e trovare una soluzione per migliorare l’ordinamento democratico della BiH. Non spetta né a Zagabria né a Belgrado farlo. Personalmente, sostegno l’integrità della Bosnia Erzegovina e non stringerei mai un’alleanza con i politici, come Milorad Dodik, che vorrebbero dividere il paese.
Tornando alla politica croata, lei aveva firmato quella petizione del 2008 per indire una consultazione referendaria sull’adesione della Croazia alla NATO?
Penso di no, ma non l’ho mai ritenuta un’iniziativa problematica.
Lei condivide la posizione del presidente Milanović, secondo cui l’esercito croato non dovrebbe in alcun modo partecipare alla guerra in Ucraina?
La Croazia non è una grande potenza militare e non può fingere di esserlo. Non disponiamo di grandi risorse, però, a differenza degli altri paesi, abbiamo una conoscenza specifica legata alle recenti guerre che abbiamo vissuto. Quindi, ci troviamo in una posizione particolare che ci permette di apportare un contributo specifico alla risoluzione dei conflitti.
Condivido la posizione del gruppo dei deputati di Možemo! secondo cui la Croazia dovrebbe aiutare l’Ucraina come paese invaso dalla Russia. A mio avviso, la Croazia dovrebbe intervenire in quegli ambiti in cui ha sviluppato determinate competenze, penso ad esempio allo sminamento, alla documentazione dei crimini di guerra, al perseguimento dei criminali di guerra. Abbiamo presentato quest’idea in parlamento, ma il premier Plenković, pur di contestare l’opposizione, ha respinto la nostra proposta. Successivamente, Plenković ha stipulato un accordo simile a quello da noi proposto, però al di fuori della missione NATO, focalizzandosi sulla cooperazione bilaterale con l’Ucraina.
Per quanto riguarda nello specifico la missione NATO di assistenza e formazione alla sicurezza per l’Ucraina (NSATU), le più alte cariche dello stato croato, ossia il premier e il presidente della Repubblica esprimono opinioni diametralmente opposte su una questione che incide direttamente sulla sicurezza nazionale. A mio avviso, questo atteggiamento è decisamente inappropriato e irresponsabile non solo nei confronti dei cittadini croati – che hanno diritto di conoscere tutte le possibili conseguenze della partecipazione della Croazia alla missione NSATU – ma anche nei confronti dei deputati del parlamento di Zagabria che devono esprimersi sull’argomento. Ecco perché abbiamo chiesto una riunione del Consiglio di sicurezza nazionale.
C’è da aspettarsi che Gordan Bosanac, parlamentare europeo eletto tra le fila del partito Možemo! lasci il gruppo dei Verdi a causa delle posizioni divergenti sulla Palestina?
Gordan Bosanac è uno dei promotori dell’iniziativa per raggiungere un compromesso in seno al gruppo dei Verdi sulle questioni chiave riguardanti la Palestina. All’interno del gruppo vi è un forte consenso sulla necessità di raggiungere immediatamente un cessate il fuoco, imporre lo stop all’esportazione di armi verso Israele, consentire la fornitura di aiuti umanitari a Gaza, aumentare le risorse stanziate dalla Commissione europea a sostegno dell’Agenzia dell’Onu per i rifugiati palestinesi, attuare pienamente le decisioni della Corte internazionale di giustizia, sostenere la soluzione dei due stati, condannare la diffusione degli insediamenti illegali e gli attacchi lanciati dai coloni israeliani contro la popolazione palestinese in Cisgiordania.
Perché la sede del partito Nova ljevica [Nuova sinistra], da lei guidato, è ancora registrata all’indirizzo di residenza di Rada Borić [co-fondatrice di Nova ljevica e membro del parlamento di Zagabria eletta tra le fila della coalizione guidata da Možemo!] se avete ricevuto un contributo dallo stato con cui potevate anche prendere in affitto un ufficio?
Considerando le risorse necessarie per mettere in piedi un ufficio, abbiamo attinto a fonti alternative, e questa, secondo me, è stata una scelta adeguata. Nova ljevica ormai è un partito extraparlamentare, non riceviamo più finanziamenti statali. Visto che intendiamo unirci a Možemo!, utilizziamo i loro spazi.
Quando ci possiamo aspettare che Nova ljevica confluisca nel movimento Možemo?
Il processo di fusione dei due partiti è in corso, credo possa essere portato a termine nel 2025.