Viso di donna che indossa una mascherina chirurgica © Tomas Ragina/Shutterstock

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Negli ultimi giorni si sta registrando una preoccupante impennata nel numero dei contagi sia in Slovenia che in Croazia. La prima ha risposto con ridotta libertà di movimento e coprifuoco serale, in Croazia invece - per ora - nessuna misura straordinaria oltre all'obbligo di indossare la mascherina anche all'aperto

22/10/2020 -  Giovanni Vale Zagabria

Stato di emergenza in Slovenia, quasi 1.500 infezioni in un giorno in Croazia. La situazione relativa all’epidemia di coronavirus sta rapidamente degenerando all’interno delle due giovani repubbliche, dove negli ultimi giorni si sta registrando una preoccupante impennata nel numero dei contagi.

Slovenia: stato di emergenza e coprifuoco

Le autorità di Lubiana hanno reagito all'incremento di casi di coronavirus, decidendo lunedì l’introduzione di uno stato di emergenza di 30 giorni, che impedisce ai residenti di uscire dalla propria regione statistica senza una giustificazione di comprovata necessità (motivi di lavoro, salute, assistenza ai familiari ecc.). Questo significa una ridotta libertà di movimento per i cittadini sloveni sia all’interno del paese che verso l’esterno, mentre nulla cambia per gli stranieri che intendono entrare (o attraversare) la Slovenia. Al tempo stesso, è entrato in vigore anche il coprifuoco, dalle 21 di sera alle 6 del mattino in tutto il paese, trasformando la stessa capitale slovena in una «città fantasma» durante la notte, come commenta il quotidiano croato Jutarnji List , che ricorda che era dal 1943 che Lubiana non viveva un coprifuoco. Vietati anche gli eventi pubblici, le messe e i matrimoni. Consentiti i raggruppamenti fino a 6 persone rispettando le distanze di sicurezza.

Qual è dunque la situazione in Slovenia in termini di numeri? Ad oggi, nel paese si trovano 8.860 persone infette da coronavirus, delle quali 333 sono ricoverate in ospedale e 55 in terapia intensiva. Se paragonati a quelli italiani, questi dati possono sembrare molto limitati, ma vanno tenuti a mente sia la differenza di popolazione (gli sloveni sono appena 2 milioni), sia il trend di crescita: soltanto nella giornata di martedì sono stati accertati 1.503 nuovi casi (su 5.891 test effettuati). Inoltre, secondo il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) , il tasso di incidenza dei contagi nelle ultime due settimane è di 370 casi ogni 100.000 abitanti, più del doppio dei 172 su 100.000 registrati in Italia (e il tasso sloveno sarebbe già salito a 423/100.000 con l’aggiornamento di martedì). Infine, il numero complessivo delle vittime per coronavirus ha superato quota 200 dall’inizio dell’epidemia.

Mentre la maggior parte delle scuole slovene è già passata all’insegnamento online dalla settimana scorsa, l’attenzione si rivolge ora alle strutture sanitarie, già sotto pressione. I dirigenti dell’ospedale UKC di Lubiana, il principale centro medico del paese nella lotta al coronavirus, hanno invitato tutti i cittadini sloveni a rimanere a casa per quanto possibile, poiché, nonostante il richiamo del personale in pensione e l’intervento di volontari e degli studenti di medicina all’ultimo anno, continua ad esserci una mancanza di personale per gestire il numero di malati in aumento. Negli ultimi giorni, l’UKC di Lubiana ha espanso la sua capacità ricettiva sia in terapia intensiva che nei normali reparti di degenza.

Croazia: verso i 1500 casi al giorno

Anche in Croazia la situazione sanitaria sta peggiorando rapidamente, ma per il momento il governo ha deciso di non introdurre nuove misure, salvo l’obbligo di indossare la mascherina anche all’aperto in quei luoghi in cui non è possibile mantenere una distanza di sicurezza (ad esempio alle fermate degli autobus). Stando a quanto dichiarato martedì dal Primo ministro Andrej Plenković, "il coprifuoco o un nuovo lockdown sono misure estreme, [da prendersi solo] se la situazione si aggrava a tal punto che non ci sono più altre opzioni". Ma fino ad allora, il premier ripone la sua fiducia nei cittadini. "Credo nella forza di volontà dei croati", ha dichiarato Plenković, che ha invitato a rispettare le misure e gli accorgimenti consigliati fino ad oggi dal governo e dagli epidemiologi. Niente cambiamenti al sistema scolastico o agli orari di apertura di bar e ristoranti (già limitati alla mezzanotte da quest’estate).

Nelle ultime due settimane, tuttavia, il numero giornaliero di contagi è lievitato notevolmente in Croazia, passando dagli abituali 300 del mese di settembre ai 1.424 casi registrati nella giornata di mercoledì (su un totale di 8.255 tamponi effettuati). Attualmente, 6.459 persone sono affette da COVID–19 nel paese, delle quali 622 in ospedale e 38 collegate ad un respiratore. Il numero dei decessi causati dal virus è di 393 dall’inizio della pandemia. Come la Slovenia, anche la Croazia presenta un tasso di incidenza dei contagi superiore all’Italia: 215 casi ogni 100.000 abitanti nelle ultime due settimane. Inoltre, negli ultimi giorni anche il numero di decessi è aumentato considerevolmente (11 decessi nella sola giornata di martedì), con un caso di cronaca che ha colpito particolarmente l’opinione pubblica. È quello di una ragazza 33enne morta di COVID–19 a Bjelovar: la vittima più giovane registrata finora in Croazia.

L’ospedale in cui è morta la ragazza è ora uno dei focolai del paese con 30 contagiati, tra pazienti e personale sanitario. Anche in Croazia si discute dunque dell’organizzazione degli ospedali e della loro capacità, dato il numero crescente di ricoveri ogni settimana. A questo problema urgente, si aggiunge anche quello cronico dell’indebitamento degli ospedali, ormai ai ferri corti con i distributori di farmaci. Il Primo ministro è intervenuto in settimana sull’argomento per assicurare che gli ospedali croati non rimarranno senza medicinali. Ma per il quotidiano Jutarnji List, si va verso una "grande crisi " perché diversi grossisti di farmaci, che aspettano pagamenti da oltre un anno, sono sul punto di perdere la pazienza.