Il governo Sanader avvia una massiccia campagna informativa volta a favorire i ritorni, ma un nuovo attacco razzista colpisce la minoranza serba in Croazia. Omicidi e aggressioni restano spesso impuniti. L'analisi del Comitato Helsinki di Zagabria. Nostro servizio
Mentre tornava a casa per le celebrazioni della vigilia del Natale ortodosso presso la chiesa della Sacra Trasfigurazione di Cristo, nel centro di Zagabria, il 7 gennaio scorso, il cittadino serbo di Zagabria, Svetozar Djordjevic, di 75 anni, è stato brutalmente pestato. Gli assalitori, che la polizia non ha ancora arrestato, lo hanno picchiato sulla testa e sul corpo a bastonate gridando "morte al cetnico". La vittima è rimasta insanguinata per un'ora e mezza sul marciapiede prima di essere trasportato all'ospedale. I sanitari gli hanno riscontrato lesioni gravi alla testa e ai polmoni, trattenendolo in ricovero.
Si è trattato del primo attacco quest'anno contro persone della minoranza serba di Croazia, ma questo incidente appare come la continuazione della tendenza dello scorso anno, quando sono stati registrati 50 episodi di questo genere. Tutto questo avviene nel pieno della campagna condotta dal governo croato, avviata il 30 novembre scorso, per rendere possibile il ritorno dei Serbi sfollati a seguito delle operazioni militari Lampo e Tempesta (1995), come anche degli altri che hanno abbandonato la Croazia durante la guerra. Il governo croato, insieme alla missione dell'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) a Zagabria, sotto lo slogan "La Croazia è la casa di tutti i suoi cittadini", ha intrapreso infatti una vasta operazione di informazione il cui obiettivo è di far ritornare il maggior numero possibile di Serbi. Attraverso la pubblicità dei manifesti, le inserzioni sui giornali, gli spot radio e televisivi, sotto lo slogan "Dove c'è posto per tutti", si invitano i Serbi a considerare se stessi e i propri beni al sicuro in Croazia sotto la garanzia dello Stato.
All'inizio dello scorso dicembre, la Croazia ha presentato il proprio piano per il ritorno dei Serbi anche a Banja Luka, in Bosnia Erzegovina, e ha l'intenzione di fare lo stesso anche in Serbia e in Montenegro.
Nella pratica, tuttavia, le cose spesso appaiono affatto diverse. L'anno scorso, secondo un'indagine condotta dal Ministero per gli Affari Interni, ci sono stati 50 attacchi contro persone della minoranza nazionale serba in Croazia. La polizia non ha risolto neppure la metà dei casi, e tra questi proprio i più gravi sono ancora aperti. Sono rimasti insoluti tre omicidi e una serie di attentati con esplosivo, tra questi anche il crimine avvenuto a maggio dell'anno scorso a Karin Gornj, nell'entroterra di Zara, la città adriatica. In quell'occasione è stato infatti assassinato in maniera brutale Dusan Vidic, di 81 anni, e nonostante più di un centinaio di interrogatori e testimonianze scritte la polizia non ha scoperto i colpevoli.
La polizia non è riuscita neppure a trovare le persone che nei dintorni di Pakrac, cittadina nella Croazia centrale, hanno ucciso servendosi di congegni esplosivi. A novembre dell'anno scorso, infatti, sono stati uccisi con questa modalità due Serbi, Milan Paunovic e Bogdan Stankovic, ma la polizia non ha trovato chi ha piazzato l'esplosivo. Impuniti sono rimasti anche i responsabili di due esplosioni avvenute a Borovo e Trpinje, villaggi nei pressi di Vukovar, a maggioranza serba. In quell'occasione non ci sono state vittime, ma le esplosioni erano chiaramente motivate politicamente e hanno rappresentato un chiaro messaggio politico. Le bombe erano infatti state collocate nei locali del Comune, governato dal Partito Democratico Indipendente Serbo (SDSS), il partito più importante della minoranza serba in Croazia, con tre rappresentanti al Parlamento nazionale.
Il presidente del Comitato Helsinki della Croazia (HHO), Zarko Puhovski, ha reso noto che l'ultimo rapporto dell'HHO mostra come la situazione dei diritti umani in Croazia nel 2005 sia peggiorata, dopo un trend di miglioramento dal 1996 al 2004, il che significa un regresso di anni. Puhovski ha indicato come causa di questa situazione anche l'incremento di gravi attacchi nei confronti, soprattutto, della minoranza nazionale serba.
Il premier Ivo Sanader, giunto al potere nel novembre 2003 dopo che il suo partito, l'Unione Democratica Croata (HDZ), era stato per un certo periodo all'opposizione, avendo perso le elezioni del 2000, aveva cercato di cambiare la politica nei confronti dei Serbi di Croazia. A differenza di Franjo Tudjman, primo presidente croato, che ha guidato l'HDZ fino alla propria morte avvenuta nel dicembre 1999 e che, in uno dei suoi discorsi pubblici, aveva affermato di essere "felice di non avere una moglie ebrea o serba", Sanader è stato molto più assennato. In occasione del Natale ortodosso del 2003, solo un mese dopo essere stato eletto premier, aveva fatto visita ai rappresentanti della minoranza serba di Zagabria, facendo loro gli auguri per il Natale nel tradizionale modo ortodosso. Il premier si era infatti loro rivolto con le parole "Hristos se rodi" "Cristo è nato", ndt, e quando questo suo augurio è stato mostrato in televisione, durante il notiziario, per molti aveva rappresentato uno choc.
Eppure, quello era stato il primo segno evidente della politica di Sanader, volta ad aprire la strada della Croazia verso l'Unione Europea. Il premier sapeva che per percorrere quella strada avrebbe dovuto cambiare la politica del governo nei confronti delle minoranze, fino a quel momento in discordante contraddizione con i principi del mondo democratico.
Per contrastare l'eventualità di ulteriori attacchi nei confronti dei Serbi e delle loro proprietà, il governo ha quindi deciso di intraprendere azioni per propagandare il ritorno. La politica ufficiale ritiene che si tratti ormai solo di incidenti singoli e isolati, e non di fenomeni di massa che potrebbero caratterizzarsi come un atteggiamento di sopraffazione della maggioranza nei confronti delle minoranze.
Eppure, che la situazione non sia ancora come vorrebbe mostrarla il governo, lo testimonia anche l'iniziativa di Milorad Pupovac, uno dei tre parlamentari croati di nazionalità serba, che ha discusso la situazione della sicurezza dei Serbi in Croazia anche al Sabor (il Parlamento croato). Pupovac ha preparato come base della discussione un'inchiesta su tutti gli attacchi registrati contro i Serbi, ma la sua proposta non è stata accolta nella procedura con la spiegazione che era incompleta. In un anno appena iniziato, che ha già registrato un nuovo attacco nei confronti della più numerosa minoranza in Croazia, una tale discussione - se gli incidenti continuano - non può chiaramente più essere evitata.