Una recente protesta di piazza contro la decisione del tribunale di Zara di liberare dalla custodia cautelare cinque giovani accusati di aver violentato e ricattato una ragazzina di 15 anni ha riacceso l'attenzione sulle violenze di genere in Croazia
"In meno di un anno, il tema della violenza di genere ha conquistato per ben tre volte le piazze e lo spazio mediatico in Croazia", commenta Ivan Blažević, dell’associazione Solidarna, che dal 2015 aiuta economicamente chi non ha accesso ad alcuni diritti fondamentali. Già a fine 2018, infatti, la società croata è stata scossa dalla campagna #PrekinimoŠutnju (Rompiamo il silenzio), iniziata quando una deputata ha raccontato la sua terribile esperienza - rivelatasi poi comune ad altre donne - di un raschiamento operato senza anestesia.
A marzo 2019, è toccato al movimento #Spasime (Salvami), una protesta nata contro la violenza domestica e organizzatasi dopo un grave fatto di cronaca nera (a Pago, un uomo aveva lanciato i quattro figli dal balcone). Infine, questo fine settimana, c’è stata la mobilitazione #PravdaZaDjevojčice (Giustizia per le ragazze), ancora una volta a seguito di un terribile fatto di cronaca. "Sembra che la società croata si sia risvegliata su questi temi", aggiunge Blažević.
«Giustizia per le ragazze»
Ultima in ordine di data, la manifestazione che si è tenuta sabato 19 ottobre a Zagabria e nelle principali città della Croazia ha raccolto la partecipazione di migliaia di persone (7mila solo nella capitale, secondo gli organizzatori). All’origine della mobilitazione, vi è la decisione del tribunale di Zara di liberare dalla custodia cautelare cinque giovani (tra i 17 e i 19 anni) accusati di aver violentato e ricattato per oltre un anno una ragazzina di 15 anni.
Stando a quanto riportato dalla stampa locale, la vittima avrebbe finito per confessare la vicenda allo psicologo della scuola, dopo che tra l’agosto 2018 e il luglio 2019 i cinque - coadiuvati da altri due giovani - le avevano inflitto percosse e stupri di gruppo e l’avevano minacciata di pubblicare sui social media i video delle violenze. Tra i sospettati ci sarebbe anche l’ex ragazzo della vittima, lui stesso accusato di violenze.
La decisione del giudice ha scatenato un’ondata di proteste e di commenti, con l’intervento anche della presidente Kolinda Grabar-Kitarović e di diversi ministri, «stupiti» dal caso e decisi a «condannare ogni forma di violenza». Nel giro di pochi giorni, si sono organizzati sit-in e proteste, ponendo al centro della critica il sistema giudiziario croato. A Zara, intanto, il tribunale ha ricevuto il ricorso del procuratore e ribaltato la decisione del giudice (i cinque ora sono di nuovo in carcere).
La critica espressa sabato in diverse città va dunque oltre il caso specifico e guarda più in generale alla situazione nel paese. In Croazia, lo stupro è punibile con una pena che va fino a 10 anni di prigione, ma il codice penale prevede anche il reato di «rapporto sessuale senza consenso», con pene che vanno dai 6 mesi ai 5 anni. Secondo Amnesty International, il 90% dei casi di stupro finisce proprio in questa seconda categoria, con condanne di un anno o meno.
«Le condizioni per le donne stanno peggiorando»
"Negli ultimi cinque anni, più di 90 donne sono state uccise in Croazia dai loro mariti, partner, ex o altri uomini a loro vicini. Ogni 15 minuti, una donna è vittima di abusi e il 58% delle giovani tra i 16 e i 26 anni ha fatto esperienza di un comportamento abusivo da parte del proprio partner", analizza Svjetlana Knežević dell’associazione «B.a.B.e. - Budi aktivna. Budi emancipiran» (letteralmente: sii attiva, sii emancipato), creata nel 1994 per promuovere l’uguaglianza di genere.
Stando all’ultimo rapporto dell’Ombudsman croata per l’uguaglianza di genere, Višnja Ljubičić, nei primi otto mesi del 2019 sono stati segnalati 639 casi di violenza domestica nei confronti delle donne, contro 535 casi in tutto il 2018. Se quindi da un lato la recente reazione della società croata è certamente positiva, dall’altro le motivazioni che l’hanno scatenata - per ben tre volte in dodici mesi - non fanno ben sperare.
"Le condizioni per le donne stanno peggiorando a livello globale e la Croazia fa certamente parte di questo trend", prosegue Knežević, che si chiede: "Questo coinvolgimento del pubblico (croato, ndr.) evolverà in una richiesta di cambiamento strutturale o evaporerà facilmente?". Il problema, infatti, è più ampio dei singoli fatti di cronaca che peraltro raccontano solo una parte delle violenze. "Solo una donna su 15 o su 20 denuncia uno stupro subito", precisa Svjetlana Knežević.
A fare da corollario alla cronaca nera, c’è infatti non solo la questione della disuguaglianza di genere (salari più bassi, scarsa rappresentanza in parlamento - 12,5% dei seggi - scarsa presenza nei comuni - 9% dei sindaci), ma anche una persistente mentalità patriarcale e maschilista che fa da concime ai comportamenti violenti. Ne è un esempio l’ultima puntata della trasmissione “Nedjeljom u 2” sulla tv pubblica croata, che trattava proprio il tema della violenza sulle donne.
Maschilismo in tv e nella società
Domenica 20 ottobre, alla trasmissione presentata da Aleksandar Stanković era invitata l’attrice e attivista croata Jelena Veljača, organizzatrice della protesta #Spasime del marzo 2019 e tra le promotrici del movimento #PravdaZaDjevojčice. L’intervista, che partiva dal terribile caso di cronaca di Zara, si è rapidamente concentrata sul comportamento delle vittime di violenza sessuale piuttosto che su quello degli aggressori e sulle cause del fenomeno, dimostrando quanta confusione e incomprensione ci sia ancora sul tema.
Commentando il movimento #MeToo, Stanković ha ad esempio insistito su come l’attrice Salma Hayek abbia potuto tacere per 14 anni sulla violenza subita da parte di Harvey Weinstein. "Hayek era ricca e famosa all’epoca, perché si è piegata alla violenza? Io non lo avrei fatto", ha detto Stanković, concludendo (di fronte ad una scandalizzata Jelena Veljača): "Non dico che non ci sia stato stupro, ma la versione di Salma Hayek mi pare poco credibile".
Immediata la reazione delle associazioni di difesa delle donne. Ženska soba (La stanza delle donne), che da 17 anni lavora con le vittime di violenza sessuale, ha condannato queste affermazioni definendole "preoccupanti" e "pericolose per le vittime di violenza sessuale che hanno guardato la puntata, in quanto le espone ad un ulteriore trauma". "Ripetiamo ancora una volta che l'unica persona responsabile della violenza sessuale è l'autore della violenza", si legge nel comunicato di Ženska soba.
Sia l’associazione che il presentatore televisivo hanno ricevuto negli ultimi giorni delle minacce, segno - come ha commentato ancora Ženska soba - dello stato di "una società in cui anche la lotta alla violenza sessuale provoca nuove reazioni violente". "Stando all’ultimo censimento, l’86% dei croati è di fede cattolica. La Chiesa, in questo senso, potrebbe utilizzare di più la sua influenza per promuovere l’uguaglianza di genere", afferma Ivan Blažević di Solidarna.
Ženska soba va ancora più in là definendo la Chiesa cattolica "un partito ombra" in Croazia e ricordando come quest’ultima si sia espressa "apertamente contro la Convenzione di Istanbul", il documento del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza di genere e alla violenza domestica. L’estate scorsa, il governo ha finito per ratificare tra le proteste il documento, mentre la Chiesa e i gruppi più conservatori manifestavano contro.