La popolazione della Croazia è in calo. Per contrastare questa tendenza demografi e politici propongono di favorire un'immigrazione di giovani dai Paesi dell'est, tra cui la Serbia, per ripopolare le regioni carsiche del centro. Ma dieci anni fa proprio i serbi venivano scacciati dalle stesse regioni...
Di Kristina Turcin, Jutarnji List, traduzione di Ursula Burger Oesch per Le Courrier des Balkans e di Carlo Dall'Asta per Osservatorio sui Balcani
Per mantenere numericamente la sua popolazione attuale, con una natalità media di solo 1,4 figli per donna, la Croazia dovrebbe ogni anno poter contare su un numero di immigranti superiore di 15.000 unità a quello degli emigranti.
Dato che, secondo le stime, il numero di immigranti in Croazia è uguale a quello degli emigranti, lo Stato croato dovrebbe trovare il modo di favorire l'immigrazione per un ammontare di 15 mila persone all'anno.
Queste sono le intenzioni espresse dal ministro Jadranka Kosor che, in una delle tanto annunciate future misure della Politica demografica nazionale, prevede di stimolare l'immigrazione in Croazia di ben definiti gruppi di persone.
Corsi di lingua croata
"A mio parere, la Croazia dovrebbe impegnarsi sulla questione del controllo dell'immigrazione, come fanno del resto altri Paesi che hanno problematiche simili. La Croazia deve decidere di che tipo di popolazione ha bisogno e dire poi, per esempio, 'noi vogliamo favorire l'immigrazione, ma di gruppi di persone d'età inferiore ai 40 anni e di persone con un certo grado d'istruzione'", spiega lo specialista di demografia Jakov Gelo, membro del Consiglio governativo per le politiche demografiche.
"Prima di introdurre tali misure", aggiunge, "lo Stato deve fare una seria analisi per identificare i Paesi da cui vuole favorire una immigrazione di fuoriusciti. Ciò permetterebbe di ottenere dei gruppi più compatibili che nel caso di una semplice immigrazione spontanea, vale a dire dei gruppi facilmente integrabili nella nostra società e suscettibili di percepire la Croazia come il loro Paese".
"A priori, noi siamo soprattutto interessati a quei Paesi i cui giovani mostrano sempre più una tendenza a emigrare, e che potrebbero considerare a livello economico la Croazia come più attraente del loro Paese di residenza".
"Si tratta evidentemente dei Paesi della nuova Europa: l'Ucraina, la Bulgaria, la Romania, la Serbia, la Bosnia ed Erzegovina, il Kosovo", spiega Jakov Gelo. "La Croazia", aggiunge, "può dunque motivare quelli che emigrano da questi Paesi ad immigrare qui, introducendo misure di diverso tipo. Può organizzare corsi di croato nei loro Paesi, facilitare i criteri per l'ottenimento della cittadinanza croata, garantirgli dei lavori stabili in Croazia, etc.".
Stimolare la natalità sarebbe una misura più efficace.
Comunque Gelo segnala che l'immigrazione non potrebbe mai rimpiazzare completamente i nuovi nati, di cui la Croazia deve sistematicamente favorire l'incremento.
"Stimolare l'immigrazione è 'meno caro' che stimolare la natalità, ma si tratta di una soluzione solo a breve termine. Non dimentichiamo che gli immigranti provenienti dai Paesi in questione si abituano rapidamente al nostro stile di vita e ben presto acquisiscono le nostre abitudini anche in fatto di procreazione. Inoltre bisogna sapere che da loro il tasso di natalità è ancora più basso che da noi", spiega Gelo.
"Tra le nuove misure della sua politica demografica", aggiunge Gelo, "la Croazia elaborerà un piano inteso a favorire il ritorno dei suoi emigranti e a definire una politica chiara di redistribuzione della popolazione, nella prospettiva di ripopolare le zone scarsamente abitate, in particolare la regione della Lika e delle isole croate.
Qualche dato importante:
- Il numero medio di nascite in Croazia è di 1,4 figli per donna;
- Nel 2100, la Croazia conterà 1,5 milioni di abitanti in meno;
- Per mantenere l'attuale numero di abitanti la Croazia dovrebbe accogliere ogni anno 15.000 immigranti;
- I gruppi a cui si mira: lavoratori giovani che dispongono di un buon livello di istruzione;
- I Paesi di riferimento: l'Ucraina, la Bulgaria, la Romania, la Serbia, la Bosnia ed Erzegovina e il Kosovo.