Penultima puntata del viaggio in bicicletta di Fabio Fiori sulle strade dell'Istria. Da Albona al Park Skulptura Dubrova per poi dirigersi in direzione Chersano per affrontare l'impegnativa salita del Monte Maggiore. Accompagnato dall'immancabile Rilke
La bicicletta appare nell’Ottocento come un ferreo corsier, con cui per incanto, aggiungo io, il pedalatore si fonde dopo qualche ora e qualche emozione. In quel momento origina una creatura nuova, un centauro avrebbero detto gli antichi, un cycleborg scrivo io. Un cycleborg che non è dotato di poteri speciali, ma di una sensibilità potenziata. Quella che regala la bicicletta, perché riprendendo le considerazioni di Marc Augé, antropologo e appassionato, “La bicicletta ci aiuta a prendere coscienza delle due dimensioni. Dello spazio è evidente perché pedalando il paesaggio circostante muta davanti ai nostri occhi mentre del tempo perché ciascuno di noi ne percepisce uno diverso a seconda della preparazione atletica e dell’età”. La bicicletta come estensione corporea, il cui uso “ci riporta all’evidenza del nostro corpo, della nostra età e dell’ambito che ci circonda.”. E se “La bicicletta è uno strumento contro l’astrazione”, la bicicletta per antitesi è stato per me anche un modo per astrarre l’Istria.
Personalmente già dopo poche pedalate i pensieri trasmutano, perché le preoccupazioni lasciano il posto alle divagazioni, perché l’ansietà muta in tranquillità. Se poi, come in quest’alba di settembre decido di ascoltare Colapesce e Dimartino, allora la musica, la pedalata e la giornata si fanno leggerissime, parafrasando una delle loro canzoni più note.
Dal centro storico di Albona, sto andando al vicino Park Skulptura Dubrova, un grande parco pubblico dedicato alla scultura, immaginato e realizzato a partire dal 1969 durante il Simposio Mediterraneo di Scultura, quando la Jugoslavia era un faro mediterraneo di prima grandezza, non solo politicamente, malgrado le tante complicate contraddizioni. Qui si è svolto il primo incontro di artisti chiamati a celebrare il cinquantesimo anniversario della "Repubblica di Albona" e le prime opere ne hanno segnato i confini. Parcheggio la bici sulla strada secondaria che da Albona va in direzione di Chersano ed entro a piedi, da un accesso laterale. Un parco sempre aperto, senza biglietto d’ingresso; un parco che aggiorna idee libertarie. Percorro la Bijela Cesta, Strada Bianca, un lastricato monumentale avviato nel 1997 da Dora Kovačević, che di anno in anno viene allungato da altre artiste. La sola lettura della città di nascita dell’artista, Dubrovnik, e del titolo Put, Sentiero o Percorso, oltre all’anno di realizzazione, muove in me suggestioni potenti, legate ai tragici anni Novanta. Un necessario sentiero di pace. I prati, a destra e sinistra, proseguendo in direzione est, verso l’ingresso principale, sono disseminati di decine di sculture in pietra bianca. Vado da una all’altra in un pellegrinaggio laico che, passo dopo passo, mi fa entrare in uno spazio atemporale. Il parco mi appare come un karesansui, un giardino di pietra giapponese. Pietre, erbe, arbusti, alberi e cielo; gli azzurri sono punteggiati del bianco delle nubi, i gialli del bianco delle sculture. Le pietre sono nuvole immobili; ognuna è un’isola dove cercare rifugio, un simulacro meditativo. Mi distendo ai piedi di “Prihvat”, “Accettazione” (1971) di Nicola Zamboni, per riaprire il mio Rilke. “Incontenibili emergono i parchi / dal lento, morbido sfacelo / carichi di cieli, di forze / che si tramandano e resistono”. Parchi dove il tempo è sospeso, dove i silenzi di alberi, erbe e pietre parlano.
Lascio in tarda mattinata il parco e metto la ruota in direzione di Chersano. Dovrò poi affrontare l’impegnativa salita che mi porterà sulla vetta del Monte Maggiore, a 1396 metri sul livello del mare, che arrivano a 1400 se si sale sul tetto della torretta di Vojak, costruita agli inizi del Novecento dall’Österreichischer Touristen Club e oggi sede di un piccolo centro espositivo del Parco, istituito nel 1999. Con precisione ciclistica sono 60 chilometri con circa 1.800 metri di dislivello, insomma una tappa impegnativa, almeno per me. Considerando anche che ho due borse laterali e la tenda, per un totale di una dozzina di chilogrammi, e che poi dovrò scendere per andare a Pinguente, Buzet in croato, con altri 30 chilometri. Ma non mancheranno 200 metri di dislivello positivo, perché come mi ricorda sempre Davide, amico e guru ciclistico: “La salita è solo salita, mentre la discesa è anche salita!”. Comunque l’umore è buono, la gamba anche, e il cielo è azzurro, anzi “è sempre più blu!”, mi canta adesso in cuffia Rino Gaetano.
PS
Mentre scrivo questa puntata, 24 luglio 2023, mi arriva la notizia della morte di Marc Augé, antropologo francese noto al grande pubblico per la riflessione sui non-luoghi, che tutti attraversiamo e in cui qualcuno vive o lavora. Ma Augé si è occupato di tanti altri argomenti, di antropologie lontane e vicine. Tra queste ultime annovererei quella della bicicletta. Per chi voglia pedalare con lui, suggerisco un’intervista su Doppiozero di qualche anno fa oppure il libro “Il bello della bicicletta”, pubblicato in Italia da Bollati Boringhieri.
Infine, come qualcuno avrà già notato, da qualche tempo utilizzo spesso il plurale al femminile, invertendo la prassi in uso nella lingua italiana, includendo ogni umana creatura, a prescindere dal genere. Credo possa essere un modo semplice per superare un difetto maschilista dell’italiano.