Dal primo gennaio 2020 la Croazia assumerà la presidenza di turno del Consiglio dell'Unione europea. Come si sta preparando Zagabria per il suo primo semestre di presidenza? Ne abbiamo discusso con Tena Prelec, ricercatrice della London School of Economics and Political Science
Dal prossimo primo gennaio la Croazia assumerà, per la prima volta nella sua storia, la presidenza del Consiglio dell’Unione europea. Per l’ultimo stato membro dell’UE, sarà l’occasione per definire le sue priorità in materia di politica estera e per dare un contributo allo sviluppo dell’Unione. Anche se generalmente il semestre di presidenza lascia un margine di manovra piuttosto limitato allo stato a cui è assegnato, il governo croato sembra avere grandi aspettative. Che cosa vuole e cosa può realizzare Zagabria nei prossimi sei mesi? Ne abbiamo parlato con Tena Prelec, Research Fellow al Dipartimento di Politica e Relazioni internazionali dell’Università di Oxford, ricercatrice associata alla London School of Economics and Political Science (LSE), e dottoranda all’Università di Sussex. Originaria di Fiume, cresciuta a Trieste e oggi residente a Londra, Prelec è anche membra del Balkans in Europe Policy Advisory Group (BiEPAG), un think-tank di ricerca politica sui Balcani.
La Croazia si appresta ad assumere per la prima volta la presidenza del Consiglio dell’UE. È un compito considerato da molti più cerimoniale che sostanziale, ma il governo croato sembra prenderlo molto sul serio. È così?
È vero, la Croazia sta prendendo sul serio l’organizzazione della presidenza, tant’è che i commenti che arrivano da Bruxelles sono piuttosto positivi. La Croazia ha allargato il proprio gruppo di rappresentanza a Bruxelles e in generale pare esserci, presso la Commissione europea, una buona opinione sul livello di organizzazione e sugli intenti della Croazia, rispetto ad altre presidenze del passato. Per il momento, però, gli obiettivi annunciati ufficialmente sono molto ampi, quindi è difficile dire con esattezza cosa si aspetta Zagabria dai prossimi sei mesi. I quattro pilastri che sono stati presentati sono «l’Europa che cresce, connette, protegge ed è influente». Sono perlopiù degli slogan, al cui interno si può mettere praticamente di tutto.
Uno dei punti forse più interessanti per il governo croato sarà la questione dell’allargamento europeo ai Balcani. Come si posizionerà Zagabria?
L’allargamento è un punto su cui la Croazia è stata ambigua per diversi anni, dimostrandosi spesso un po’ fredda sull’argomento. Tuttavia, con questa presidenza, il governo croato pare avere tutta l’intenzione di dare il suo supporto per l’adesione dei Balcani occidentali all’Ue. A Bruxelles, si discute una riforma del processo di allargamento e a maggio 2020 si terrà proprio a Zagabria un vertice su questo tema, che potrebbe diventare un momento cardine per il processo di ampliamento, anche se - ammetto - non è la prima volta che si parla di “momenti cardini”, che poi non si rivelano tali. Diciamo che dopo il “no” francese a Macedonia del nord e Albania, il tema dell’allargamento è finalmente tornato di attualità. Se ne parla insomma. Il summit del maggio 2020 potrebbe essere un’occasione per la Croazia di porsi come leader nella regione e migliorare i rapporti con i paesi vicini.
Come mai questa svolta della Croazia? Da dove arriva questa posizione «più favorevole» all’allargamento?
Zagabria è sempre stata fredda sul tema per motivi più che altro domestici, politici. Ci sono in Croazia molte opinioni diverse sull’allargamento e il tema non è molto caro alla destra, specialmente al suo zoccolo duro. Da questo punto di vista, non è cambiato nulla a casa, ma forse il governo si è reso conto che questa può essere una buona occasione per dimostrare una qualche leadership a livello europeo. Detto questo, l’esecutivo croato è ancora molto vago a questo proposito: non ci sono paper ufficiali o prese di posizioni chiare. Ma è un tema di cui sicuramente si parlerà a lungo.
Quali potrebbero essere i risultati del semestre di presidenza croato?
Non possiamo sperare che dopo sei mesi ci sia molto di concreto: l’UE è una macchina mastodontica che cambia lentamente. Quindi meglio non aspettarsi alcuna rivoluzione. Tuttavia, il semestre è sicuramente una buona occasione per la Croazia per avere un ruolo costruttivo e definire meglio la propria posizione su alcuni temi chiave. Oltre all’allargamento, anche la Brexit ad esempio. Se qualcuno mi chiedesse oggi “che opinione ha la Croazia sulla Brexit?” non saprei che rispondere, non è chiaro. Insomma, per il momento (e lo ha dimostrato anche una recente ricerca dell'ECFR ), la Croazia non è molto influente all’interno dell’Unione europea e, peggio ancora, è in cattivi rapporti con più di uno stato confinante. Ecco, queste sono cose su cui Zagabria deve lavorare e deve cercare di migliorare. Se dopo sei mesi di lavoro, la Croazia avrà dei rapporti migliori con i suoi vicini e una posizione più chiara e forte in Europa, sarà un buon risultato.
Per alcuni l’attenzione del governo croato al semestre di presidenza è dovuta anche alla figura del Primo ministro, Andrej Plenković, un ex-eurodeputato più interessato agli Esteri che agli Affari interni. Un commentatore della politica croata, Tomislav Klauški, mi ha detto di recente: “La Croazia ha un ministro degli Esteri come premier”. Tu cosa pensi?
È una frase ad effetto e capisco che parte della popolazione croata possa vederla così. Effettivamente, Plenković ha più confidenza negli Affari esteri e quando le cose si mettono male a casa, è lì che lui si ritira in un certo senso. È il campo in cui è più bravo. Tuttavia, non direi che non si è occupato di affari interni. Anzi, a casa fatica parecchio nel tenere a bada l’HDZ più estremista e nel farlo ha trasformato negli anni la sua retorica, che è diventata molto più dura.
Con quale bilancio interno Plenković arriva al semestre di presidenza?
Con luci ed ombre direi. Da un lato, è riuscito a far passare la convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne. È stata sicuramente una vittoria ottenere il via libera del parlamento tra le proteste. Dall’altra, però, si vede che c’è una stagnazione o addirittura una recessione in quanto a diritti e a sviluppo democratico. Su questi temi, il Primo ministro croato non è stato abbastanza forte da imporre una nuova rotta. Lo si è visto sulla libertà di stampa (Plenković si limita a dire che non ci sono problemi, ma il servizio pubblico è in pessimo stato, ndr), ma anche su temi legati alla società civile (Plenković ha attaccato l’organizzazione Gong apertamente di recente e ha avuto degli screzi seri con la Commissione per i conflitti di interesse, ndr). Insomma, dispiace dirlo, ma la nuova retorica conservatrice del premier croato non aiuta a creare una situazione più sana in quanto a diritti civili nel paese.
Il semestre croato prenderà il via subito dopo le elezioni presidenziali in Croazia. In che modo il risultato del voto potrebbe influenzare il semestre di presidenza?
È difficile dirlo, ci sono diversi scenari possibili. Per il momento, stando ai sondaggi, pare che Kolinda Grabar-Kitarović, sarà riconfermata. È il candidato dell’HDZ e questo significherebbe sicuramente una vittoria per Plenković. Se non dovesse essere rieletta, si tratterà di una sconfitta anche per il premier, ma forse non così grave come si potrebbe immaginare. Grabar-Kitarović ha personalizzato molto la campagna elettorale, quindi un’eventuale sconfitta sarebbe soprattutto sua. Inoltre, premier e presidente hanno sempre avuto un rapporto ambiguo. Penso si possa dire che in realtà si sopportano, c’è poca affinità tra i due e lo si è visto diverse volte. Con Milanović presidente davvero le cose andrebbero così male? I due non sono così diversi, penso potrebbero trovare un’intesa sul modus operandi. Insomma, non sono convinta che l’HDZ volterebbe le spalle a Plenković in caso di sconfitta. Quel partito si basa su una struttura clientelistica, le vere motivazioni del matrimonio di convenienza tra la destra dura e Plenković stanno nella distribuzione di posti e di favori. L’ideologia non è così determinante.
Parlando dell’attuale presidente, Kolinda Grabar-Kitarović, che bilancio possiamo trarre del suo primo mandato?
La mia impressione è che si tratta di una donna non completamente malvagia ma che ha appiattito la propria immagine per ragioni politiche e elettorali. Non bisogna dimenticare che si tratta di una donna ambiziosa, intelligente, che ha fatto molte cose nella sua carriera, anche positive, penso al suo passato nella Nato in cui si è battuta per preservare la Public diplomacy division e in cui ha aiutato altre donne a far carriera, da quanto mi risulta. Mi lascia personalmente amareggiata il fatto che lei abbia messo da parte qualsiasi contenuto e la propria esperienza per votarsi unicamente all’ideologia. Ha rinunciato agli elettori di centro e di sinistra e si rivolge solo alla destra e all’estrema destra. Ha scelto questo messaggio polarizzando per ragioni pragmatiche, immagino. Avrà fatto due conti in termini di popolarità e sondaggi, ma è un peccato. Le persone che la conoscono da vicino la ricordano come qualcuno di battagliero e che aiutava gli altri. Da croata, mi dispiace che si sia votata al populismo e alla destra più radicale.