Indennizzi per i danni subiti durante le guerre degli anni '90. E' una questione del tutto aperta che vede contrapposte le Repubbliche nate dal disfacimento dell'ex Jugoslavia. In particolare per la Serbia richia di prospettarsi uno scenario da sudori freddi per un Paese gravato da pesanti problemi in ambito economico e finanziario
Introduzione e traduzione a cura di Leonardo Barattin
Il 27 luglio nella località di Cavtat (a sud di Dubrovnik), alla presenza dei rispettivi Presidenti della Repubblica - Stjepan Mesić e Filip Vujanović -, i Ministri dell'Agricoltura di Croazia e Montenegro Petar Čobanković e Milutin Simović hanno firmato un Memorandum sulla base del quale la Repubblica di Montenegro si impegna a pagare una cifra pari a circa 400.000 euro a titolo di risarcimento per il saccheggio di capi di bestiame e la devastazione del fondo di allevamento "Agrum Gruda" nella zona del Konavle (micro-regione ai confini con il Montenegro) durante la guerra 1991-1995.
Nel presentare questa notizia sul web, il "Public Broadcasting Service of Bosnia and Herzegovina" ha inoltre riportato che "nello stesso momento, è arrivata a Zagabria una richiesta ufficiale dell'amministrazione cittadina di Vukovar affinché si domandi alla Serbia un indennizzo di guerra per la distruzione della città in tempo di guerra".
La firma del Memorandum tra le due Repubbliche e la richiesta proveniente dal governo locale di Vukovar, retto da una coalizione di Destra HDZ-HSP, hanno certo implicazioni più ampie del loro specifico oggetto.
In primo luogo mettono sotto gli occhi della classe dirigente e della società serba uno scenario da sudori freddi per un Paese oggi gravato da pesanti problemi in ambito economico e finanziario. Nel quadro di un'economia che vive una stagione di crisi ed è azzoppata dalle perdite provocate dai bombardamenti NATO del '99 e di uno Stato e di una società che faticano a riorganizzarsi dopo gli eventi degli anni '90, una campagna di richiesta di risarcimenti provenienti da Croazia, Bosnia-Erzegovina e, in futuro, dal Kosovo metterebbe infatti in ulteriore affanno il sistema-Paese della Serbia.
Rileva in secondo luogo la cosiddetta "questione serbo-montenegrina", ossia la partita carica di tensione che si gioca tra Belgrado e Podgorica per il futuro dell'Unione di Serbia e Montenegro. Contenitore confederale creato nel febbraio 2003 per tenere insieme le due Repubbliche, l'Unione è in vista di un contestato voto referendario (agli inizi del 2006) che potrebbe portare alla secessione del Montenegro e alla creazione di due Stati indipendenti. L'azione in solitudine intrapresa dal Governo montenegrino con la firma del Memorandum getta ulteriore benzina sul fuoco sui già difficili rapporti tra le due Repubbliche, crea ulteriori elementi di complicazione per lo Stato serbo e ne rende ancor più precaria l'azione politica.
Non pare dunque un caso che, al di là delle molte polemiche sul metodo e sul merito sollevate nell'Unione dall'accordo tra Croazia e Montenegro, il gruppo "pro-serbo" e "unionista" del Montenegro si sia mosso con prontezza e decisione per disinnescare questo fattore di ulteriore destabilizzazione della confederazione e per tamponare la questione dei risarcimenti. Il leader dell'opposizione socialista - Predrag Bulatović - ha infatti chiesto di portare la questione in Parlamento sollevando la questione di costituzionalità in merito alla firma dell'accordo croato-montenegrino. La seduta, fissata per il 30 agosto, fornirà ulteriori elementi politici sulle questioni in piedi e sulle evoluzioni del quadro politico, dando la possibilità di aggiungere una nuova tessera alla comprensione del destino dell'Unione e degli impegni che attendono la Serbia.
Qui di seguito viene riportato in traduzione un articolo pubblicato sul quotidiano di Vukovar "Vukovarske Novine" che tratta della richiesta di risarcimento alla Serbia per danni di guerra. Si tratta di una testata controllata dall'elemento croato della città, ma l'articolo appare di interesse in quanto rivela un punto di vista e delle pretese che potranno essere prese ad esempio ed essere avanzate negli stessi termini da altre comunità croate danneggiate dall'azione nemica nel corso del conflitto. La questione dei risarcimenti - già riportata da Osservatorio sui Balcani con l'articolo di Jadranka Gilić del 26 gennaio (Montenegro: scheletri nell'armadio) - va così ad arricchire di nuovi capitoli il vasto e complesso mosaico delle relazioni e delle rivendicazioni in ambito ex-jugoslavo.
Una traduzione (29 luglio 2005, articolo di Zeljka Kraljic)
Dalla Croazia orientale i rientrati chiedono al vertice dello Stato di raggiungere un accordo con la vicina Serbia per il pagamento di un indennizzo di guerra per la distruzione di Vukovar e del territorio circostante. La richiesta concreta, indirizzata al Capo dello Stato Stjepan Mesić ed al premier Ivo Sanader, è stata inviata direttamente da Vukovar, città di indubbio eroismo in cui, dopo 14 anni, sono ancora visibili le cicatrici di guerra.
"Abbiamo vissuto un genocidio, un ecocidio ed un culturicidio. Desideriamo relazioni di buon vicinato con la Serbia, ma in primo luogo bisogna che il territorio venga risarcito dei danni subiti grazie ad una particolare azione dello Stato. Sappiamo chi è l'aggressore e chi è la vittima; è noto chi deve risarcire i danni di guerra agli abitanti di Vukovar" dice Dragutin Glasnović, primo esponente della "Comunità dei rientrati della Contea di Vukovar-Srijem". Aggiunge che, in questo contesto, saluta con piacere il proposito del governo montenegrino di pagare un risarcimento danni di 375.000 euro per la depredazione del Konavle. Nel caso di Vukovar l'importo dei danni arriverebbe di per certo al miliardo di euro.
A sostegno di questa valutazione parla il conteggio dei danni di guerra diretti prodotti sul territorio di Vukovar. Questi sono stati documentati dalle istituzioni dello Stato nei primi anni del dopoguerra. I dati parlano di 1,25 miliardi di euro di danni di guerra complessivi, provocati direttamente dall'aggressione serba. Di questi, 600 milioni di euro riguarderebbero danni arrecati all'economia; 300 milioni di euro si riferirebbero ai danni subiti dalle infrastrutture per l'economia; mentre i danni ai beni degli abitanti di Vukovar ammonterebbero a 342 milioni di euro. Aggiungiamo a questo il Rapporto stilato in quell'epoca dalla "Commissione della Contea per l'inventario e la valutazione dei danni di guerra", che parla di evidenti danni di guerra su un numero complessivo di 7.892 case di Vukovar e su 5.580 appartamenti, senza includere nel totale le unità abitative dei villaggi suburbani di Lipovača e Sotin. I danni di guerra riferibili al sistema di rifornimento idrico ammontano ad un minimo di 8 milioni di euro, mentre il sistema di fornitura dell'energia elettrica avrebbe subito guasti per 10 milioni di euro. Si è calcolato anche che la riparazione delle strade di Vukovar danneggiate dal conflitto costerebbe almeno 25 milioni di euro; e, infine, secondo i dati di allora forniti dal "Centro croato per lo sminamento" (HCR), l'eliminazione delle mine da Vukovar e dal vicino territorio circostante verrebbe a costare nel complesso 290 milioni di euro. Non si deve poi dimenticare nemmeno che, durante l'aggressione serba alla città, hanno riportato pesanti danni anche 118 costruzioni di interesse monumentale all'interno del nucleo storico cittadino.
Sull'altro versante, i danni immateriali provocati agli animi degli abitanti di Vukovar, potranno difficilmente essere mai computati. A dire il vero, esiste una tabella non ufficiale relativa ai patimenti dei prigionieri, all'interno della quale sono indicati importi stimati (senza pretese di precisione) per alcune forme di pesanti torture fisiche e psicologiche. Si citano, tra le altre, le sofferenze che hanno condotto alla morte (400.000 euro), le sofferenze inferte all'animo (30.000 euro), le violenze sessuali ripetute (100.000 euro), le paure sofferte (da 90.000 fino a 300.000 euro).
Alla Zagabria ufficiale gli abitanti di Vukovar pongono alla fine un'altra domanda: cosa ne è degli elenchi degli immobili che gli esuli avevano compilato nel 1995 in modo preciso, registrando i beni mobili e immobili che possedevano. Dopo 14 anni gli abitanti del Podunavlje (n.d.t.: l'area sub-danubiana) guardano con sfiducia alla possibilità di ottenere un risarcimento per i danni subiti. "La maggioranza lascerà questo mondo prima che la Serbia paghi alla Croazia un indennizzo", ha commentato uno dei ritornati.