Sabato sera ignoti hanno lanciato del gas lacrimogeno in una discoteca LGBT della capitale. Nella calca che ne è seguita, solo per un caso, non vi sono state vittime. Le reazioni nel paese
“Era una serata normalissima, stavamo ballando, c’era un sacco di gente. Poi, all’improvviso, tutti si sono messi a tossire, a gridare. Io, per fortuna, ero vicina all’uscita e sono subito corsa fuori non appena mi sono accorta che non riuscivo a respirare. Ma eravamo tutti molto spaventati, ricordo di essere caduta e che qualcuno mi ha sollevata e portata su uno spiazzo d’erba, dove mi sono ripresa”. Questa è la testimonianza di Dora, una giovane architetta che sabato sera si trovava al “Super Super”, la discoteca Lgbt di Zagabria attaccata sabato scorso con del gas lacrimogeno.
Ieri sera, alla manifestazione contro l’omofobia e in sostegno alla comunità omosessuale croata, promossa a Zagabria a seguito della violenza avvenuta al "Super Super" Dora era tra i presenti. "Non intendo dare a chi ha attaccato il club la soddisfazione di non uscire più e di avere paura. Ci tornerò comunque al Super Super”, assicura, anche se, con una smorfia, aggiunge: “Spero comunque che aumentino la sicurezza!”.
L'aggressione
Sabato notte, due persone sono rimaste ferite nella discoteca del quartiere Trnje, nella capitale, dopo che ignoti hanno lanciato al suo interno gas lacrimogeno. Il tutto è avvenuto verso le tre e mezza del mattino, quando la pista da ballo era ancora affollatissima. Un gesto deliberato e che avrebbe potuto uccidere, data la calca che ne è seguita. “Eravamo in trecento e, sinceramente, pensavo che saremmo morti tutti”, ricorda Tatjana, una veterinaria sulla quarantina. “C’è una sola rampa di scale per uscire dal club e tutti si sono diretti da quella parte: c’era gente spintonata, gente che cadeva - prosegue - io mi sono nascosta nel guardaroba, dove si riusciva ancora a respirare, poi sono uscita quando la folla si era ormai diradata”.
Una serata “bellissima” diventata improvvisamente “assurda” e che non sarà senza conseguenze, perlomeno per Tatjana. “Non mi sento sicura e non credo che avrò il coraggio di tornare al Super Super questo sabato”, ammette, prima di aggiungere con voce ferma: “Ma non ci fermeranno! Io non sono omosessuale, però voglio avere il diritto di uscire con i miei amici dove voglio”.
L'amore più forte dell'odio
Ieri sera, diverse centinaia di persone hanno manifestato proprio per difendere questo diritto, quello di essere se stessi, senza dover temere per la propria incolumità. “L’amore è e resterà più forte dell’odio”, questo il titolo scelto dalle organizzazioni per la difesa dei diritti umani e dai rappresentanti della comunità Lgbt, “Zagreb Pride” in primis.
“Nel 2007 c’è stato l’ultimo vero attacco contro la nostra comunità, un tentato lancio di bombe molotov fortunatamente fallito. Poi, a partire dal 2010, sono finite anche le aggressioni personali contro chi partecipava ai gay pride”, ricorda Jelena Poštić che coordina Zagreb Pride. Dopo una pausa, Jelena aggiunge che effettivamente “dal 2010, le cose stavano andando meglio”. E ora? “Ora, l’aumento dell’intolleranza è reale, lo vediamo nei commenti che riceviamo sui social network o ai nostri indirizzi email”, mentre dal governo, prosegue Jelena, arrivano in continuazione “dei messaggi negativi”. A cominciare dalla più recente nomina di Ladislav Ilčić (il leader del partito di estrema destra Hrast) a consigliere per i diritti umani al ministero degli Esteri. Ma la lista è lunga.
Politica
Mentre Jelena parla dietro alle quinte della manifestazione, sul palco improvvisato in Piazza delle vittime del fascismo, i rappresentanti di Zagreb Pride e del Centro per gli Studi sulla Pace (Cms) sparano a zero sulla destra croata, dal ministro degli Esteri Davor Ivo Stier, alla presidente Kolinda Grabar-Kitarović, passando per l’ex ministro della Cultura Zlatko Hasanbegović.
La folla fischia ad ogni nome, mentre dal microfono si fa l’elenco degli scandali che negli ultimi mesi hanno accompagnato la politica croata. Dalla targa con il motto ustascia apparsa a Jasenovac alla vicenda dei cioccolatini serbi che Grabar-Kitarović ha distribuito “per errore”, passando per le minacce e le discriminazioni nei confronti delle diverse minoranze. La misura è colma, sostengono i cittadini scesi in piazza ieri sera e decisi a dar battaglia. “Abbiamo superato la paura da un bel pezzo e vinceremo anche contro di voi!”, lancia dal microfono Sandra Benčić, del Centro per gli Studi sulla pace. E la folla esplode in un boato.
Tra i cartelli che declamano “Za freeDom Spremni!” (un gioco di parole col motto ustascia: Za Dom Spremni!, Per la patria, pronti!), o ancora “Avete il diritto di baciarvi per strada”, c’erano anche degli esponenti di prim’ordine del Partito socialdemocratico, oggi all’opposizione, come l’ex ministro dell’Interno Ranko Ostojić o lo stesso leader dell’Sdp Davor Bernardić. In seguito all’attacco di domenica, quest’ultimo è intervenuto denunciando l’atmosfera presente in Croazia. “Ieri è stata attaccata la comunità Lgbt. Oggi, potrebbe toccare ad un’altra minoranza etnica o religiosa. Domani, potrebbe essere il vostro turno”, ha affermato Bernardić su twitter. Come lui, anche il leader del Partito contadino croato (Hss) Krešo Beljak ha accusato l’esecutivo di non fare nulla per evitare tali violenze, ma al contrario di fomentarle volontariamente.
Per il momento, la squadra del premier Andrej Plenković si è limitata ad un comunicato in cui condanna “ogni forma di violenza, discorsi d’odio e discriminazione razziale, religiosa o sessuale”, mentre il ministro degli Esteri Stier e la presidente Grabar-Kitarović hanno denunciato “un atto vandalico”, senza però menzionare la comunità Lgbt oggetto della violenza.