Professore di scienze politiche all’Università di Zagabria ed ex consigliere del presidente Ivo Josipović, Dejan Jović guarda con ottimismo al futuro della politica croata, che dopo l’elezione di Zoran Milanović alla presidenza della Repubblica - ci dice - può liberarsi dal peso dell’estrema destra
In un tweet la sera delle elezioni, lei ha suggerito che la vittoria di Milanović debba essere letta come un futuro rafforzamento del centro. Come mai?
Zoran Milanović ha sconfitto due candidati della destra: Miroslav Škoro al primo turno e Kolinda Grabar-Kitarović al secondo. Va ricordato, infatti, che Grabar-Kitarović era l’ultima persona rimasta in carica dai tempi di Tomislav Karamarko [l’ex presidente dell’HDZ prima di Plenković, ndr.], ovvero era una rappresentante dell’ala più conservatrice dell’HDZ. Ora, la vittoria di Milanović crea una situazione di coabitazione tra lui e Plenković e questi due politici sono per certi versi simili tra loro. Assieme possono dunque rafforzare il centro e marginalizzare gli estremisti. Mi riferisco ovviamente all’estremismo di destra, perché quello di sinistra, in Croazia, è numericamente irrilevante.
Insomma, Plenković si è paradossalmente tolto un sassolino dalla scarpa, con la perdita di Grabar-Kitarović. Pensa che sotto sotto ne sia contento?
Contento forse è un po’ eccessivo. Ma diciamo che al secondo turno Plenković era davanti ad una situazione di “win-win”. Poteva vincere con Grabar-Kitarović oppure poteva vincere con Milanović come presidente, perché si tratta di una persona tutto sommato simile a lui e che potrà utilizzare come spauracchio per serrare i ranghi nell’HDZ. Potrà dire ai suoi: abbiamo già un presidente SDP, dobbiamo restare uniti e non perdere anche il governo.
La sera del voto, Gordan Jandroković, il presidente del parlamento in quota HDZ, ha detto che il suo partito ha perso perché ha condotto «una compagna elettorale troppo a destra». È così?
Sì, sono d’accordo. Il fatto che Škoro e Grabar-Kitarović abbiano perso è un segnale chiaro per l’HDZ: fa capire che spostarsi a destra non è la soluzione, ci sono meno possibilità di vincere in quella parte dello spettro politico. Jandroković l’ha capito e infatti non dà la colpa al centro ma alla destra. Ma non si potrebbe anche dire che Grabar-Kitarović ha perso proprio perché non è riuscita ad assicurarsi al secondo turno i voti di Škoro? Insomma, che non è andata abbastanza a destra?
È vero solo in parte. Io penso che ci sia una differenza tra l’HDZ diciamo “mainstream” e Škoro. Lo si è visto anche durante la campagna elettorale: per Škoro il nemico numero uno era Plenković, prima ancora di Milanović. Quindi non sono certo che Grabar-Kitarović avrebbe potuto, anche volendo, recuperare tutti i voti di Škoro. C’è un mix di nazionalismo e populismo nella retorica di quest’ultimo, due cose già di per sé incompatibili ma che l’HDZ difficilmente avrebbe potuto recuperare in toto. Pensiamo a chi ha votato Škoro perché anti-sistema, in che modo avrebbe potuto votare HDZ?
Che cosa succederà ora all’interno della destra?
Penso sia inevitabile che ci sia una divisione: da un lato i moderati e dall’altro i sovranisti. Tuttavia, non so chi potrà essere il leader di questa seconda fazione, perché ci sono diverse anime. I nazionalisti, i populisti, i lunatici ustascia che sono in realtà un peso per tutti… Škoro può provare a farsi da portavoce, ma non è certo che riesca a convincere tutti. L’HDZ, invece, può finalmente strutturarsi in un partito moderato, smettendo di essere quel movimento nazionalista pigliatutto che è stato per trent’anni. È una buona opportunità.
La sua sembra una chiave di lettura piuttosto positiva. Sbaglio?
Guardiamo ai risultati del primo turno: Milanović e Grabar-Kitarović hanno ottenuto assieme il 56% dei voti. Ciò significa che nonostante ci fossero 11 candidati, i due partiti tradizionali ancora controllano il sistema politico croato. E ora, la novità di queste elezioni è che con la vittoria di Milanović c’è come un ritorno alla politica croata pre–2013. Ovvero, c’è di nuovo un obiettivo comune ai due grandi partiti. All’epoca era l’ingresso nell’Unione europea, ora, invece, può essere la marginalizzazione dell’estrema destra. Su questo punto, Milanović e Plenković hanno un'agenda simile. Ecco perché ci sono buone chance che ci ritroveremo con un centro più forte degli estremi.
È possibile che si arrivi in futuro ad una Grosse Koalition tra SPD e HDZ?
Non penso sia necessario, la coabitazione tra presidente e Primo ministro è già una forma di cooperazione, anche senza la necessità di una coalizione. È un fatto tipico della politica croata post-Tuđman. Molti elettori croati sono sospettosi, non vogliono mettere tutte le uova nello stesso paniere. Ecco perché quando al governo c’era Milanović si votò Grabar-Kitarović e ora, con l’esecutivo Plenković, vince il presidente Milanović. È come se ci fosse ancora l’ombra di Tuđman che aleggia sulla politica croata: la gente non vuole autoritarismo, non vuole che ci sia una sola persona e un solo partito a governare tutto.
Lei è stato consigliere del presidente Josipović, anche lui eletto in quota SDP. Che tipo di presidente sarà ora Milanović? Quali differenze vede con il suo predecessore socialdemocratico?
Sono diversi. Come persona, Milanović è un combattente, un politico puro, è eloquente, colorito. Josipović era un professore e lo si vedeva. Anche da presidente, a volte, si comportava da prof. Milanović, al contrario, è appassionato, a volte troppo appassionato, al punto da non essere prudente in quello che dice, ma ora mi pare l’abbia capito. La gente, in ogni caso, ha dei sentimenti per lui, positivi o negativi che siano. Milanović è più simile a Mesić che a Josipović.
Quale sarà la sfida principale per Milanović?
Usando una metafora direi: far entrare un piede troppo grande in una scarpa troppo piccola. Ovvero, Milanović dovrà imparare a far entrare il suo ego in uno spazio piuttosto piccolo, che è quello della presidenza, perché in Croazia, il capo di Stato non ha grandi poteri.