Migliaia di case vendute da un'agenzia statale croata all'insaputa dei legittimi proprietari, profughi in Serbia. Una variazione criminal-affaristica sul tema della pulizia etnica, che potrebbe mettere a rischio il percorso europeo della Croazia. Il caso della famiglia Dupor raccontato dal quotidiano britannico The Independent. Profughi di cui nessuno vuol sentire parlare
Di Vesna Peric Zimonjic da Zagabria, The Independent, Londra, 4 Febbraio 2005 (titolo originale: "Balkan home truths: how Croatia swindled its exiled Serbs")
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Carlo Dall'Asta
Fu una mattina presto d'estate, quasi 10 anni fa, che Dragoslav Dupor si svegliò al suono dei colpi dell'artiglieria croata e di urla terrorizzate. Caricò sua moglie, i tre figli, un nipotino e sua madre in una vecchia Lada e fuggì. In preda al panico, non ebbero il tempo di voltarsi indietro a guardare ciò che stavano lasciando a Karin Gornji, un villaggio serbo sulla costa adriatica della Croazia.
"Non ebbi il tempo di pensare se avrei più rivisto la mia casa. Sapevo di avere un lungo viaggio davanti a me," dice il signor Dupor. Come più di altri 300.000 Serbi di Croazia, quest'uomo di sessant'anni e la sua famiglia fuggirono nella Serbia propriamente detta all'inizio dell'offensiva dell'esercito croato dell'agosto 1995, chiamata in codice "Tempesta". In seguito all'esodo improvviso, 50.000 case furono abbandonate.
Sono passati dieci anni e la famiglia Dupor non ha fatto nessun passo avanti verso il ritorno alla sua casa sulla costa. Al contrario, insieme a migliaia di altri profughi, sono le vittime di una truffa che ha gettato sale sulle ferite aperte lasciate dal succedersi delle guerre in ex Yugoslavia, e minaccia di far deragliare il tentativo della Croazia di affrettare il cammino verso l'Unione Europea.
Quando l'Operazione Tempesta fu conclusa, la rivolta dei locali Serbi contro l'autorità della Croazia appena resasi indipendente era stata spezzata. La sanguinosa ribellione, intrapresa con l'appoggio diretto dell'uomo forte della Serbia, Slobodan Milosevic, costò la vita di più di 20.000 persone. L'offensiva pose fine alla resistenza serba, ma portò anche ad una improvvisa fine di centinaia di anni di storia dei Serbi in Croazia. Furono in molti a pensare che, quando fosse finalmente venuta la pace, essi sarebbero riusciti a ritornare alle loro vecchie case. Oggi questa speranza è svanita.
Grazie a un piano posto in atto da funzionari corrotti e da cosche mafiose del crimine organizzato, le case abbandonate furono comprate dallo Stato croato e rivendute con profitto a loro insaputa, senza che le famiglie vedessero un soldo.
La graziosa villetta del signor Dupor è ora la casa di una famiglia di Croati provenienti dalla Bosnia, essi stessi profughi della guerra del 1992-95 in Bosnia-Erzegovina. La loro nuova casa gli è arrivata tramite la statale Agenzia per le Transazioni e le Mediazioni Legali di Beni Immobili (APN).
Vladimir Goatti ha assunto la direzione dell'APN lo scorso settembre con il mandato di riformare l'agenzia. Egli ammette che c'è un grave problema da risolvere. "Tutta questa gente è stata danneggiata due volte," ha detto a The Independent. "Noi l'APN e lo Stato croato dobbiamo ora trovare la soluzione meno dolorosa per i loro problemi... E tutti riotterranno le loro proprietà, senza alcuna discussione, una volta che i tribunali avranno messo ordine in materia." L'agenzia è attiva fin dal 1997, ma il coinvolgimento di alcuni funzionari nella vendita illegale delle case dei profughi non si sapeva fino al mese scorso. Lo si descrive ora come una delle più grandi truffe dei Balcani, una nuova furbesca variazione sul tema della pulizia etnica.
Dal momento della sua formazione, l'APN ha speso più di 200 milioni di euro per comprare 8.380 case di Serbi nelle aree di Krajina e Slavonija, abbandonate nel 1995. Secondo Milorad Pupovac, capo del gruppo serbo nel parlamento croato, molti di questi soldi finirono intascati da privati. "Si stima che tra i 4 e gli 8 milioni di euro furono stornati in questa operazione e che questi soldi finirono in tasche private, sia degli intermediari che degli impiegati corrotti dell'APN."
Grazie alle restrizioni sui visti d'ingresso per i Serbi che volevano entrare in Croazia - allentate solo l'anno scorso - la maggior parte delle transazioni tra l'ANP e i Serbi che desideravano vendere le loro proprietà erano condotte per il tramite di agenzie immobiliari private, con sede in Serbia, che rappresentavano i Serbi di Croazia. I proprietari serbi erano obbligati a firmare una procura ad agenti che avrebbero poi firmato il contratto con l'APN. Apparentemente le cose funzionarono bene per anni. Poi, il signor Dupor e il suo amico Desimir Draca, 66 anni, decisero che era giunto il tempo di vendere le proprie vecchie case. Ben presto scoprirono che non c'era più nulla da vendere. Le case da cui erano fuggiti erano già state vendute usando documenti contraffatti che attribuivano false procure. Gli incartamenti sulla casa del signor Dupor includevano un contratto legale di vendita, redatto nel 2004, ma firmato da sua madre, Cvijeta, che era morta nel 1997, e da uno zio morto 70 anni fa.
"Erano le ultime proprietà che avevamo," hanno detto sia il signor Dupor che il signor Draca. "Speravamo di risolvere i problemi di alloggio delle nostre famiglie in Serbia." Oggi entrambi vivono a Krnjaca, un misero villaggio fuori Belgrado. Le case nel villaggio in riva al mare sono state scambiate con rifugi improvvisati, senza bagni. Dal 1995 entrambi hanno provato, con scarso successo, di sbarcare il lunario facendo lavori occasionali. Entrambi guardano alla Serbia propriamente detta più come a una matrigna che come alla propria terra madre. In Serbia, lo scandalo che colpisce la comunità dei rifugiati è stato accolto con indifferenza. "Noi siamo grati alla Serbia perché ci lascia star qui," dice il signor Draca. "Ma a parte questo, non abbiamo mai ricevuto nulla da questo Stato."
Nonostante lo scandalo emergente, le centinaia di famiglie rimaste prive di risorse, e i milioni di euro, solo un arresto è stato fatto all'agenzia dopo che fu appurato che essa vendette le case del signor Dupor e del signor Draca senza il loro consenso. Si dice che l'agenzia abbia avuto tre impiegati coinvolti nelle transazioni con i documenti contraffatti. Essi erano tutti Serbi della Croazia con doppia cittadinanza, il che permetteva loro di viaggiare e lavorare senza restrizioni, anche quando il regime dei visti era in vigore. La polizia serba sta ora investigando sull'operato di diverse agenzie nelle province serbe come anche a Belgrado, dopo che una linea telefonica istituita per raccogliere le lagnanze dei rifugiati ha ricevuto molte chiamate che denunciavano la frode.
Investigatori dalla Croazia sono attesi in Serbia da un giorno all'altro, nel più chiaro atto di cooperazione degli ultimi dieci anni. Il Procuratore Generale croato, Mladen Bajic, ha promesso di occuparsi personalmente della questione.
Le agenzie immobiliari dapprima si interessarono alle proprietà dei Serbi che morivano in esilio in Serbia o a casa loro in Croazia, dopo aver determinato che non era possibile definire la successione legale dei loro beni. Con falsi documenti, che davano loro il potere di agire per procura, le agenzie vendettero le case alla APN.
I documenti falsi erano certificati da tribunali serbi, ma più tardi emerse che i sigilli sui documenti dei tribunali erano anch'essi falsi. Gli investigatori scoprirono che era possibile comprare i sigilli necessari per pochi soldi, al mercatino delle pulci di Belgrado. Una volta che fu chiaro che era possibile guadagnarci, le agenzie smisero di aspettare che la gente morisse, e falsificarono i documenti dall'inizio alla fine.
Le dimensioni del problema divennero evidenti quando arrivarono dei funzionari a sfrattare dei Serbi convinti di vivere nelle proprie case nei villaggi della regione di Krajina in Croazia. I pubblici ufficiali presentarono agli esterrefatti proprietari dei documenti mai visti prima d'allora, con le loro firme apposte su contratti di vendita. In molti casi c'erano dei doppi contratti, con una somma più piccola data al venditore che viveva in Serbia e una somma più consistente fissata nel contratto con l'APN. La somma minore era data al venditore, ma l'APN pagava la somma maggiore all'agente. La differenza era divisa tra l'agente e i funzionari corrotti, secondo quanto si sostiene.
Secondo alcuni diplomatici, il signor Goatti fu nominato all'agenzia quando a Belgrado giunsero voci secondo cui dei funzionari erano coinvolti in un illecito frontaliero per milioni di euro. Tutti i contratti sono ora stati controllati, diversi impiegati sono sotto inchiesta e l'ufficio dell'APN di Osijek, ad est di Zagabria, è stato chiuso. Il signor Goatti e il signor Pupovac hanno ammesso che la pratica di lavorare attraverso intermediari ha lasciato "un ampio margine per gli abusi finanziari". Il signor Goatti ammette che almeno la metà delle 8.380 case serbe vendute all'APN rientrano nella truffa. Il signor Pupovac dice che la percentuale è piuttosto vicina al 90 per cento.
"Ci sono basi ragionevoli per credere che l'intero giro d'affari delle vendite illegali di case serbe fu un chiaro caso di crimine organizzato che coinvolgeva il governo," ha detto a The Independent un importante diplomatico "Si è trattato di un metodo raffinato di pulizia etnica."
Queste proteste sono respinte con forza dal signor Goatti.
Dei 300.000 Serbi di Croazia che abbandonarono il Paese, solo 115.000 sono ritornati ufficialmente. Il vero numero dei ritornanti si pensa non superi i 30.000 dato che i dati ufficiali includono coloro i quali sono tornati solo per richiedere un passaporto croato e non per stabilirsi nuovamente.
Questo scarto è riflesso nel più vasto quadro della popolazione che include i Serbi che scelsero di non fuggire nel 1995. Solo 200.000 Serbi vivono ora in Croazia - un Paese di 4,5 milioni di abitanti - in confronto ai 600.000 di prima della guerra.
"C'è un problema di sostenibilità dei ritornanti," dice Axel Jaenicke dell'ufficio di Zagabria dell'OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa). "Due terzi delle persone che decidono di tornare non hanno mezzi di sostentamento veri e propri, dato che sono in maggior parte anziani e vivono nelle aree rurali".
I profughi si sono scoperti indesiderati in entrambi i Paesi. La Croazia è stata molto lenta, secondo l'OSCE, nel provvedere basilari condizioni di vita per i ritornanti. Di 186 villaggi serbi cui doveva essere ripristinata l'elettricità, solo 20 l'hanno avuta. Gli altri restano al buio, come sono rimasti per un decennio.
Gli unici barlumi di speranza per quelli che vogliono tornare vengono dalla pressione della Croazia per aderire all'Unione Europea, il che dovrebbe imporre standard internazionali per la proprietà privata e mettere in posizione minoritaria lo Stato nuovo arrivato. Ma, con i colloqui per l'adesione che devono iniziare in marzo, molti diplomatici dell'UE a Zagabria non sembrano essere a conoscenza della truffa immobiliare.
"La vendita illegale delle case non è un punto chiave per i diplomatici dell'UE," ha detto un importante funzionario d'ambasciata di un Paese dell'UE, sotto anonimato. Ha ammesso che egli stesso non ne era a conoscenza.
Nonostante voci ottimistiche da Bruxelles sui progressi della Croazia verso la democrazia e la legalità, il sistema giudiziario è ancora sotto osservazione internazionale perché la sua imparzialità è spesso messa in dubbio.
Il Presidente croato Stjepan Mesic, rieletto di recente, ha ammesso che lo scandalo delle proprietà immobiliari potrebbe offuscare l'immagine del suo Paese nella terra promessa dell'UE. "La Croazia ha iniziato la riforma del suo sistema giudiziario e io sono convinto che può risolvere il problema della vendita illegale di proprietà serbe secondo la norma della legge," ha dichiarato a The Independent. "La Croazia è un Paese in cui tutto il popolo, senza distinzioni di nazionalità, deve essere uguale di fronte alla legge."
Evidentemente, nessuno ha spiegato questo ai magistrati di Sisak, una cittadina a meno di mezz'ora di macchina dalla residenza del signor Mesic nella capitale. I suoi residenti serbi hanno scoperto di essere stati fatti oggetto di uno scippo che riecheggia tutti i crimini che sono perdurati come un triste strascico della guerra. Un'impiegata di banca è stata recentemente assolta benché fosse stata riconosciuta colpevole di frode, un crimine che normalmente comporterebbe il licenziamento e la prigione. Si era appropriata di decine di migliaia di euro da conti appartenenti a clienti serbi residenti in Croazia, tra il 1992 e il 1995. La cosa era stata scoperta da un Croato del posto, accortosi che per anni, nel periodo in cui viveva a Zagabria, i soldi venivano deviati su altri conti. La corte distrettuale, tuttavia, ha assolto l'impiegata perché: "Non avrebbe mai commesso questo crimine se non fosse stata disgustata per le azioni dei Serbi".