A Vukovar, una delle città simbolo della guerra in ex Jugoslavia, un’associazione di veterani ha pensato di intitolare una via ad un soldato serbo che difese la città accanto ai suoi compagni croati. Un modo per far progredire la riconciliazione che però si è trasformato nel suo opposto
La proposta di dare ad una via di Vukovar il nome del difensore Predrag Gagic, ha diviso le associazioni dei veterani della città croata. Gagic è serbo di nazionalità, e la città di Vukovar è uno dei simboli delle sofferenze che hanno sopportato i croati nella sanguinosa guerra avvenuta con la dissoluzione della Jugoslavia. Vukovar, cosa che fino ad oggi per lo più veniva taciuta, insieme ai croati fu difesa anche dai residenti serbi, e Predrag Gagic e suo fratello Nenad furono tra questi.
“Con l'iniziativa di intitolare a Predrag Gagic una via di Vukovar abbiamo voluto mostrare che chiunque abbia contribuito alla società croata e alla formazione dello stato croato, può essere decorato, ricevere la sua via e andare avanti in questa società”, dice Zoran Sangut, il presidente di una delle associazioni croate dei veterani di guerra, l'iniziatore dell'idea di intitolare la via a Gagic. “Non bisogna giudicare le persone secondo la nazionalità a cui appartengono, ma bisogna apprezzarli a seconda della loro azioni”.
Ma Slavko Juric, il presidente di un'altra associazione dei veterani è contrario a questa idea. “Apprezziamo il ruolo di tutti i serbi che hanno difeso la Croazia, ma non vogliamo dividere i difensori secondo l'appartenenza nazionale. Se questo dovesse essere fatto, allora bisognerebbe tener conto delle proporzioni, perché è illogico che su tre vie di Vukovar che hanno avuto il nome dei difensori croati, si aggiunga anche la via di un difensore serbo. Nella difesa di Vukovar ci sono stati in modo imparagonabile molti più croati”.
Così l'idea secondo la quale dare ad una via di Vukovar il nome di un difensore serbo avrebbe potuto contribuire ad una migliore intesa, riconciliazione e diminuzione delle tensioni fra croati e serbi, si è trasformata nel suo opposto. Le tensioni hanno appena iniziato a bollire, mostrando quanto in questa città - una di quelle più colpite dalla guerra, dove fu commesso anche un orribile crimine di guerra, l'assassinio di più di 200 feriti dell'ospedale di Vukovar - tutto poggi ancora su fragili fondamenta e servirà ancora molto tempo per ripristinare una vita normale.
Predrag Gagic
Predrag Gagic, serbo di Vukovar e figlio di un sacerdote ortodosso di Vukovar, si unì ai croati della città subito all'inizio della guerra. La maggior parte dei serbi di Vukovar abbandonò invece la città o si unì alle unità dell'Esercito popolare jugoslavo (JNA) e alle forze paramilitari serbe, che per mesi tennero la città in stato di assedio e la sottoposero ad una pesante distruzione. Ma Predrag Gagic rimase insieme ai croati e mantenne una delle posizioni più difficili sul fronte della zona, quello sulla strada di Trpinj, nota come il “cimitero dei carri armati”. Proprio là le forze serbe subirono le perdite maggiori. Alla fine del settembre 1991, sul fronte di Vukovar, a Predrag si unì anche il fratello Nenad, che viveva a Zagabria. Entrambi erano mitraglieri, coraggiosi e impavidi, e siccome spesso rischiavano la vita, i compagni di armi li chiamavano “i folli Gagic”.
“Predrag, come anche suo fratello Nenad, si sono comportati da veri patrioti e io apprezzo il loro contributo alla difesa di Vukovar. Più volte ho detto che, per esempio, se fossi vissuto a Cacak, in Serbia, e se qualcuno avesse attaccato quella città, il mio obbligo morale e umano sarebbe stato di difenderla, nonostante io non sia serbo. Perciò apprezzo eccezionalmente il fatto che i fratelli Gagic si siano comportati in questo modo” - afferma Zarko Pavletic, uno dei comandanti di Vukovar, di nazionalità croata.
Sia Predrag che Nenad fino all'ultimo difesero Vukovar. Quando la resistenza della città dopo un assedio di più mesi fu rotta e quando vi entrarono le forze serbe, entrambi furono arrestati e finirono nei lager in Serbia. “Ci trattarono molto peggio di come ci avevano trattato i croati”, dice Nenad, il fratello di Predrag. “Noi eravamo i traditori del popolo serbo e ci picchiavano di brutto”. A causa delle conseguenze delle botte, delle difficili condizioni di vita nei lager e delle ferite subite difendendo Vukovar, Predrag Gagic morì alcuni anni dopo. È sepolto fra i suoi compagni di battaglia, croati, al Cimitero delle rimembranze di Vukovar.
“Abbiamo soltanto difeso la nostra città e la patria dove siamo nati. Non vorrei doverlo fare di nuovo, ma se dovesse esserci bisogno, farei di nuovo la stessa cosa”, dice Nenad Gagic, che è sopravvissuto all'inferno bellico di Vukovar. È consapevole, invece, del fatto che la maggior parte dei croati non tiene in considerazione questo fatto, mentre la maggior parte dei serbi - visto che sono stati dalla parte dei croati - li percepisce come traditori nazionali.
“L'iniziativa di intitolare a Predrag Gagic una via di Vukovar sarebbe anche una forma di riconoscimento per la minoranza nazionale serba, perché anche alcuni loro membri insieme a noi hanno combattuto per Vukovar”, dice Zoran Sangut, il presidente di una delle associazioni dei veterani di Vukovar. “In questo modo mostreremmo che la storia della guerra di Vukovar non è in bianco e nero, ma che ci sono tanti colori e ancora di più tante sfumature. La mia tesi è che la guerra a Vukovar non è stata una guerra fra serbi e croati ma una guerra fra aggressori e patrioti”.
Tuttavia, gli altri non la pensano così. Slavko Juric, la cui associazione dei veterani si oppone a questa proposta, crede che dare il nome di Predrag Gagic ad una via contribuirebbe soltanto alle divisioni presenti a Vukovar. “Gagic non è morto difendendo Vukovar. E' morto alcuni anni dopo. Invece ci sono molte persone che sono morte difendendo la città, e che non hanno la loro via. Sono sicuro che questo provocherebbe la rivolta di quelle famiglie delle quali il figlio o il marito sono stati uccisi difendendo Vukovar”, spiega Juric.
Ad ogni modo, la proposta di dare il nome di Predrag Gagic ad una via di Vukovar si trova sul tavolo della sindaca di Vukovar, Zdenka Buljan. Ma sullo stesso tavolo si trova anche la lettera dell’associazione dei veterani che si oppone a questa iniziativa. Nemmeno oggi, 15 anni dopo la fine della guerra, la vita a Vukovar è semplice. Per questo neanche la decisione su cosa fare della proposta di intitolare una via di Vukovar ad un serbo che ha difeso questa città sarà semplice.