Il primo ministro Sanader si è recato lunedì scorso a Belgrado per la prima visita di un capo di governo croato all'ex nemico serbo. Firmato un accordo per la protezione delle minoranze serbe e croate nei due Paesi. Il riavvicinamento tra Zagabria e Belgrado, tuttavia, non si avverte a Vukovar, dove pochi giorni fa è stato commemorato il tredicesimo anniversario della caduta. Un reportage del nostro corrispondente
Vukosava Suvić (34), professoressa di geografia a Vukovar, è convinta che l'accordo sulle minoranze firmato tra Croazia e Serbia Montenegro la settimana scorsa, nel corso della prima visita di un Primo Ministro croato a Belgrado dalla fine della Jugoslavia, non avrà nessuna influenza sulla propria vita. Crede che nessun accordo potrà risolvere la situazione impossibile nella quale si trova. Il suo problema è che è Serba, ma si è laureata alla Università di Zagabria. A causa di questa impossibile combinazione, nella Vukovar divisa per nazionalità, né i Serbi né i Croati la vogliono.
Essere un professore di geografia è una professione molto richiesta nella Croazia dell'est, dove abita Vukosava. Non ci sono persone con questo titolo nelle liste dell'ufficio di collocamento, e il Paese offre borse di studio per tutti quelli che decidono di studiare geografia. Malgrado questo, nei tre anni da quando Vukosava Suvić sta cercando lavoro in una delle scuole elementari, medie o superiori locali, ha ricevuto più di 40 risposte negative.
Rivolgersi alle scuole in lingua croata è inutile, perché solitamente al suo posto viene scelto un Croato, normalmente uno studente dell'ultimo anno, ma spesso anche persone che non hanno sufficienti qualificazioni. Se si rivolge alle scuole in lingua serba, allora il lavoro va a un Serbo, ma uno che si è laureato in Serbia, o spesso anche a uno che non ha una laurea appropriata.
"Quando le scuole croate vedono il mio nome e cognome, non mi vogliono accettare, nonostante il fatto che io mi sia laureata a Zagabria. Me l'hanno detto anche apertamente in alcune scuole di paese. Un preside, abbastanza spaventato, mi ha detto: "Ci sono solamente Croati in questo villaggio e io non posso assumere un professore di geografia serbo. Qualcuno mi butterebbe una bomba in casa se lo facessi."
Nella Vukovar divisa per nazionalità, che ancora oggi avverte pesantemente le conseguenze della sanguinosa guerra serbo-croata, conclusasi 13 anni fa con il massacro di 260 Croati feriti che si trovavano nell'ospedale locale, tutto è rigidamente separato, anche le scuole. Quelle che svolgono l'insegnamento in serbo non vogliono Vukosava nonostante lei sia Serba, sostenendo che lei non parla il serbo e non usa l'alfabeto cirillico. Nei fatti, come ci dice Vukosava, quello che non piace è la sua laurea croata.
"Dall'autunno scorso, da quando sono stata assunta a part-time nella scuola superiore in lingua serba, sono stata continuamente minacciata di perdere il mio lavoro. Malgrado io abbia cominciato ad usare l'alfabeto cirillico, gli disturba il fatto che a volte uso una parola croata. Ma io sono nata a Osijek, ho frequentato lì le elementari, medie e superiori, e ho preso la mia laurea a Zagabria. I "miei Serbi", però, considerano questa circostanza come la mia più grave mancanza", dice Vukosava.
Fino a quando non è scoppiata la guerra, con il crollo della ex Jugoslavia, Vukosava non sapeva se era Serba o Croata. La sua famiglia non parlava di queste cose, semplicemente non era importante. Ma quando è iniziata la guerra tutto è stato diviso tra croato e serbo. A Osijek, dove suo padre lavorava come professore di geografia alle superiori, i Serbi non potevano più sentirsi sicuri. Decine di civili serbi, specialmente quelli più conosciuti, sono stati uccisi a Osijek, come avvertimento per tutti gli altri di andarsene per evitare una sorte simile. Questo è il motivo per il quale i Suvić sono dovuti partire per la Serbia.
Quando la guerra finì, fecero ritorno a Vukovar. Vukosava è stata la prima che da quella città è andata a studiare a Zagabria. Gli studenti a Zagabria erano esclusivamente Croati, mentre i Serbi mandavano i propri figli a scuola a Belgrado o a Novi Sad, in Serbia. Vukosava Suvić è stata la prima Serba a portare una laurea di Zagabria a Vukovar.
"Per me è chiaro che i Croati non mi vogliono nelle scuole croate perché sono Serba, ma ai Serbi non piace la mia laurea perché è in conflitto con la loro politica. La premessa è che i bambini serbi devono andare alle scuole serbe, e quando finiscono le elementari, medie e superiori, è logico che quelli che vogliono andare avanti proseguano la propria educazione in Serbia. Come possono andare a Zagabria o in un'altra università in Croazia se parlano il serbo e usano l'alfabeto cirillico", dice la Suvić.
Malgrado la normalizzazione delle relazioni tra Croazia e Serbia Montenegro abbia fatto degli enormi passi in avanti - la frontiera comune può essere attraversata senza visti, i due Paesi stanno velocemente riallacciando gli accordi di associazione economica, i quotidiani serbi sono venduti in Croazia e quelli croati in Serbia, i rapporti politici sono in costante miglioramento - i problemi avvertiti dalla gente comune sono ancora enormi. L'esempio di Vukosava Suvić lo dimostra molto bene.
"Ho deciso di fare una mossa disperata: andare alla mia Università a Zagabria e restituire la laurea. Per me questa laurea sfortunatamente non è altro che un pezzo di carta che non vale niente e la causa di tutte le mie frustrazioni. So che facendo così non farò niente di buono per me, ma perlomeno posso mostrare in pubblico quello che mi sta succedendo. In questo Paese nessuno vuole la gente normale, quelli a cui non importa sottolineare la propria origine serba o croata - dice amaramente la Suvić.