Decine di arresti la scorsa settimana nella capitale croata tra i più stretti collaboratori dell'ex sindaco Milan Bandić, morto a febbraio di infarto. Varie inchieste portano alla luce un sistema di potere segnato da nepotismo e corruzione
"Questa è solo la punta dell’iceberg. Penso che ci saranno altri arresti". Il neoeletto sindaco di Zagabria Tomislav Tomašević, in carica dallo scorso 30 maggio, ha commentato così lo scorso sabato la grande operazione di polizia che si è svolta la settimana scorsa nella capitale croata, portando all’arresto di 15 persone tra i collaboratori e partner più stretti dell’ex primo cittadino Milan Bandić, morto d’infarto a febbraio 2021 dopo quasi un ventennio di amministrazione ininterrotta a Zagabria. È la fine di un sistema, che, dopo la sconfitta politica alle elezioni amministrative, sembra ora sgretolarsi definitivamente sotto i colpi dell’autorità giudiziaria.
"È l’inizio della fine per la piovra di corruzione e nepotismo", titola il portale Index, riprendendo un’espressione – “la piovra” – usata durante la campagna elettorale da Tomislav Tomašević.
In manette, tra mercoledì e giovedì scorso, sono finiti alcuni volti noti, a cominciare dal direttore generale della televisione pubblica HRT Kazimir Bačić, accusato di aver fatto da tramite per la consegna di una mazzetta a Milan Bandić da parte dell’imprenditore Milan Lončarić. In cambio, Bačić avrebbe ricevuto un appartamento da quest’ultimo. Tra gli altri arrestati c’è poi il cosiddetto “re dei mercatini di Natale” Denis Mohenski, che nel 2019 si era fatto conoscere per per aver incassato più di un milione di kune (circa 130mila euro) durante le feste natalizie, grazie all’affitto di alcune casette o stand in legno, che aveva ottenuto dall’amministrazione comunale nonostante fosse a capo di un’azienda appena registrata e senza alcun dipendente. Ma la lista dei nomi continua, con ad esempio gli autisti dell’ex sindaco, Zdravko Krajina e Vladimir Džaja, anche loro finiti in manette per corruzione e traffico di influenze, mentre gli uffici del comune sono stati perquisiti.
L’operazione della scorsa settimana non ha colto di sorpresa gli zagabresi, né la stampa croata. Durante il lungo regno di Milan Bandić (che al momento della sua morte per infarto era a caccia del settimo mandato), l’ufficio anti-corruzione della polizia croata (Uskok) è intervenuto diverse volte nella capitale. Lo stesso ex sindaco era finito in prigione per corruzione nel 2014, prima di essere liberato su cauzione ed era ancora sotto processo ad inizio 2021. E i mercatini di Natale, che hanno riscosso un gran successo negli ultimi anni a Zagabria, avevano già sollevato grandi polemiche, dato che in quelle settimane il comune era solito assegnare arbitrariamente e senza bandi pubblici le casette di legno disposte nel centro storico della capitale. Ognuna di esse, adibita a negozio di souvenir o a punto ristoro, fruttava alla fine delle vacanze natalizie decine di migliaia di euro alle aziende private, mentre al comune andavano pochi spiccioli. La stampa croata nota ad esempio che nel 2019, la città di Zagabria ha incassato 700mila kune (circa 93mila euro) per l’affitto di 230 casette in legno, mentre il comune di Spalato nello stesso anno ne ha affittate 19 al prezzo di 900mila kune (120mila euro). Insomma, il comune dalmata riusciva a incassare 15 volte di più per ogni stand.
Man mano che l’inchiesta prosegue e che la stampa lascia filtrare i dettagli (in particolare le conversazioni tra Bandić e il suo autista, quando apertamente parlavano degli affari), viene a galla la rete di relazioni e di favori che gravitava attorno all’ex sindaco. Una realtà appunto non nuova né ai media né al pubblico, ma che rischia di essere messa nero su bianco in tribunale. Per il momento, la polizia ha chiesto gli arresti preliminari per la maggior parte delle persone arrestate, mentre dal punto di vista politico l’operazione ha certamente dato ragione a Tomislav Tomašević e alla squadra di Možemo che da anni denunciava le malversazioni a Zagabria. "Voglio che l’amministrazione di questa città smetta di essere un simbolo di opacità e sospetti di corruzione e faremo del nostro meglio per pulire la situazione", ha affermato la settimana scorsa Tomašević, assicurando la sua piena disponibilità alle autorità giudiziarie.
Per il Primo ministro Andrej Plenković, invece, l’operazione di questa settimana dimostra come Uskok - ufficio anti-corruzione della polizia croata - "lavori attivamente e concretamente nella lotta alla corruzione" e come "non ci siano pressioni [sull’ufficio] né persone privilegiate". Un punto di vista che non fa comunque l’unanimità. "Si è dovuto aspettare la morte di Bandić perché Uskok iniziasse a occuparsi seriamente delle sue attività criminali", ha commentato ad esempio l’editorialista Gordan Duhaček.