Per usare una metafora calcistica, con la membership europea l’UE ha fatto un passaggio alla Croazia in area di rigore, spetta però a quest’ultima concretizzare l’azione e andare in rete. Gol che però ancora non si è visto. L’analisi della situazione croata un anno dopo l’ingresso nell’Unione
Pochi cittadini croati credevano che svegliandosi il 1° luglio 2013 in Unione europea sarebbero stati in paradiso. Ma, probabilmente erano ancora meno quelli sicuri che, un anno dopo l’ingresso nell’Unione, in Croazia si sarebbe vissuto, seppur di pochissimo, un po’ meglio. Un anno dopo l’ingresso nell’UE, pare che abbiano ragione quelli che ritenevano l’ingresso della Croazia nell’Unione una grossa possibilità, come un bel passaggio nell’area di rigore, ma spetta alla Croazia saper sfruttare la possibilità del gol.
Tutti concordano sul fatto che negli ultimi 365 giorni il gol non c’è stato. Così la pensa anche Marko, 29-enne di Osijek che cinque anni fa ha finito gli studi di sociologia e da allora, senza successo, sta cercando lavoro. Parla due lingue, inglese e tedesco, e oltre ad alcuni lavoretti saltuari (distribuzione di volantini pubblicitari, parcheggiatore, cameriere in pizzeria), non ha mai trovato il lavoro per cui ha studiato. Ha risposto a una cinquantina di concorsi ed è sempre stato respinto.
“Mi è chiaro che in Unione non posso aspettarmi il lavoro per cui ho studiato, ma se sono destinato a lavorare come cameriere o taxista, allora è meglio che lo faccia in Germania o in Francia. Lì almeno guadagnerò di più”- ragiona Marko.
Il problema, però, è che la maggior parte dei paesi UE ha limitato l’assunzione di cittadini croati, così sempre più giovani in cerca di lavoro parte per altre e più lontane destinazioni: Canada o Australia. Molti villaggi in Slavonia sono ormai dimezzati, e sono sempre più i giovani di ambienti urbani che abbandonano il paese.
La crisi dura ormai da sei anni, periodo in cui la Croazia ha perso circa il 13 percento del PIL, e l’economia ha fatto marcia indietro, mentre negli uffici di collocamento figurano più di 360.000 persone senza lavoro, pari ad un tasso del 17 percento. Quasi la metà sono giovani, fra questi anche il nostro Marko.
Fondi europei
La Croazia ha riposto molta speranza nei fondi europei, credendo che potessero smuovere l’economia e incentivare l’occupazione. Questo denaro, come si vede dopo un anno dall’ingresso nell’UE, non è facilmente raggiungibile, e la Croazia non è riuscita ad intercettarlo. Per i soldi dell’UE bisognava avere buoni e interessanti progetti e bisognava saperli scrivere. Salvo poche eccezioni, non sono stati in grado di farlo. E si tratta di soldi concreti: in sei anni, da qui al 2020, la Croazia potrebbe intercettare 11,7 miliardi di euro.
L’accento, naturalmente, va sul quel potrebbe. Gli analisti ritengono che andrà bene se la Croazia riuscirà a prendere la metà di questi fondi, quindi circa sei miliardi di euro. Tuttavia, bisogna sapere che nello stesso periodo, dal 2014 al 2020, la Croazia deve versare a Bruxelles 3,5 miliardi di euro di quota di adesione. Quando si tirano le somme, 12 miliardi di fondi europei in un attimo diventano 2,5 miliardi di euro. Distribuito in sei anni è meno di 400 milioni di euro all’anno.
Attraverso i fondi di preadesione dell’UE, che la Croazia ha usato durante le trattative per l’ingresso nell’Unione, a disposizione c’erano 1,12 miliardi di euro. Sono stati usati 820 milioni, poco più del 73 percento.
Branko Grčić, ministro dello Sviluppo regionale e dei Fondi dell’Unione europea, si vanta che il governo in due anni di mandato è riuscito ad accordare nuovi progetti per un valore di 390 milioni di euro. Dei grandi progetti finanziati con fondi UE finora si è investito di più per il rinnovo e la costruzione della ferrovia Dugo Selo-Križevci (sulla tratta Zagabria- Belgrado), per un valore di circa 220 milioni di euro. A buon fine c’è anche il progetto di rifornimento idrico per alcune città, del valore di 225 milioni di euro. La sola città di Osijek, dove si lavora intensamente per i progetti di bonifica, sono garantiti 72,5 milioni di euro dai fondi UE. Tutti i lavori saranno svolti da aziende croate, aumentando così l’occupazione per alcuni anni. Tuttavia, il numero di questi progetti si può contare sulle dita di due mani.
In Croazia la superficialità non riguarda soltanto il successo nell’intercettare i fondi UE. Persino cose bizzarre come l’introduzione delle targhe europee si sono dilungate in eterno. Il ministero degli Interni si è infilato in un inutile dibattito pubblico sull’aspetto delle targhe, come se fosse una questione cruciale nell’ambito della tutela degli interessi nazionali. La procedura si è protratta a dismisura perché nell’intera questione si è immischiata anche l’associazione dei grafici che ha valutato le soluzioni proposte come “catastrofiche, tali che rappresenterebbero la Croazia come un paese in preda ad analfabetismo visuale”.
Il dibattito su questa questione è iniziato l’anno scorso, e le nuove targhe si vedranno solo l’anno prossimo. Contemporaneamente, le nuove carte d’identità e le patenti, secondo gli standard dell’Unione europea, sono state introdotte senza alcuna discussione pubblica e nessuno si è lamentato del loro aspetto.
Gli aspetti positivi dell’ingresso nell’UE
Anche se la Croazia solo dalla metà del prossimo anno soddisferà i criteri per l’ingresso nell’area Schengen, così che i suoi cittadini senza alcun controllo potranno attraversare le frontiere di qualsiasi paese membro dell’UE, i croati già adesso viaggiano in modo più semplice di prima. Si tratta forse dell’unico risultato tangibile ottenuto dall’ingresso nell’Unione. Alla frontiera coi vicini, paesi membri dell’UE come l’Ungheria e la Slovenia, non si fanno più domande come: avete qualcosa da dichiarare? La merce comprata a Budapest, Berlino, Parigi o Roma, è come se fosse stata acquistata a Varaždin o Zara. Non c’è più la dogana.
Per gli esportatori, le frontiere aperte sono un grosso vantaggio. Zvonko Bede, proprietario di una grossa fabbrica di Osijek, la Drava International, che lavora i rifiuti di plastica e i prodotti della plastica per un volume di circa 30 milioni di euro all’anno, esporta in molti paesi dell’Unione, e dice che l’ingresso della Croazia nell’UE, dal punto di vista lavorativo, lo ha resuscitato.
“I camion merci posso caricare quando voglio, perché non devo più passare la dogana. Quando eravamo fuori dall’Unione, quello che non riuscivamo a sdoganare entro la fine dell’orario di lavoro il venerdì, doveva aspettare fino al lunedì. Adesso carico la merce quando voglio e quando il carico parte per Colonia o Francoforte, è come se portassi la merce da Osijek a Spalato o Zagabria. E non solo: sulla merce importata dall’Unione europea non devo più pagare l’IVA alla dogana, come non lo devono più fare gli acquirenti nei rispettivi paesi”, dice Beda.
Germania - Croazia
Nell’anno trascorso dall’ingresso nell’UE, la Croazia ha migliorato i rapporti politici con i più importanti paesi della famiglia europea? Se si giudica dai rapporti con la Germania, la risposta è no. La Germania che era uno dei più forti sostenitori dell’ingresso della Croazia in UE ha freddamente boicottato la cerimonia di adesione, deludendo pesantemente la Zagabria ufficiale, quando la cancelliera Angela Merkel ha annullato la visita già programmata. Era successo nel periodo dello scandalo Perković, l’agente jugoslavo e croato, di cui la Germania ha chiesto l’estradizione per il sospetto dell’omicidio dell’emigrante Stjepan Đureković, liquidato nel 1983 a Wolfrathause, vicino a Monaco.
La Croazia, cercando di eludere il mandato di arresto tedesco, soltanto alcuni giorni prima dell’ingresso nell’UE, aveva modificato la legge impedendone l’estradizione. Questo era il motivo per cui la Merkel non è venuta a Zagabria. Dopo, naturalmente, la legge è stata modificata e Perković consegnato, ma il danno non è ancora stato riparato. Angela Merkel sarà a Dubrovnik il prossimo 15 agosto, al summit dei capi di stato della regione, ma si fermerà soltanto alcune ore e, a quanto pare, non si incontrerà con il premier Milanović. Tutto ciò rende la cifra dei rapporti fra Berlino e Zagabria.
Rimaniamo infine sulla metafora calcistica usata all’inizio del testo. Se siamo d’accordo che l’Europa ha offerto alla Croazia una possibilità ma è quest’ultima che deve da sola fare gol, il primo anno della Croazia nell’Unione europea potrebbe essere paragonato al risultato della squadra nazionale ai Mondiali del Brasile. Ci sono stati sì vari gol, ma - come nell’UE – senza grandi risultati.