La recente scoperta di ingenti riserve di gas nel Mediterraneo orientale crea nuove opportunità di collaborazione, ma anche di scontro, sull'asse Grecia, Cipro, Turchia e Israele
A Nicosia il 28 gennaio scorso si è svolto il trilaterale Grecia-Cipro-Israele: un momento importante nel dibattito in corso sul gas nel Mediterraneo, un incontro in grado di dare forma alle future alleanze nella grande e sensibile partita dei gasdotti. A causa della crescente importanza della politica di sicurezza nazionale, tutti gli Stati della macro-regione del gas hanno infatti l'occasione di strutturare un'azione congiunta per sfruttare la zona marina del sud-est del Mediterraneo.
Il gas naturale è diventato il tema principale dei colloqui bilaterali. Oltre all'accordo israelo-cipriota sullo sfruttamento del gas naturale nel loro spazio comune, Cipro può essere usata anche come un trampolino di lancio fondamentale per le infrastrutture di trasporto del gas nel bacino del Mediterraneo orientale, a causa della sua posizione strategica. Con l’Italia che potrà recitare un ruolo importante in questa sorta di “rete euro-caucasico-mediterranea” del gas.
Priorità
All’orizzonte del nuovo "triumvirato energetico del Mare Nostrum" si profila una cooperazione energetica che nasce con l'obiettivo di non restare schiacciati dagli attori già attivi nell'area: la Turchia a est e gli Stati Uniti ad ovest, in un momento in cui Tel Aviv vive rapporti complicati con Washington dopo gli screzi seguiti all'accordo sul nucleare iraniano.
Allo scacchiere si somma l'Egitto, che dopo il raddoppio del Canale di Suez assume un ruolo cardine, come dimostra la volontà di Grecia e Cipro di saldare ulteriormente i rapporti col Cairo.
Il vertice di Nicosia si è tenuto all'ombra dei recenti segnali di riavvicinamento tra Israele e la Turchia. Fonti ufficiose dicono però che Tel Aviv ha dato assicurazione ad Atene e Nicosia che i passi diplomatici verso Ankara non avranno conseguenze negative sui dossier comuni. Una politica di equilibrio indispensabile per non irritare nessuno degli attori protagonisti.
Strategie
A Cipro gli occhi sono puntati sul giacimento “Afrodite” - scoperto nelle acque del Mediterraneo orientale a circa 200 chilometri a sud di Limassol e stimato in 129 miliardi di metri cubi di gas – che si estende fino a toccarsi con il “Leviatano”, che giace in acque israeliane. Nicosia insiste affinché tutti gli attori presenti sul campo rinuncino a velleità localistiche per fare squadra nel valorizzare le risorse esistenti nell'area. Anche perché il peso specifico del gas presente in acque transnazionali potrebbe aprire a nuovi scenari e cooperazioni.
In questo quadro, e soprattutto se la Turchia rinuncerà a porre ulteriori veti su Cipro - di cui occupa di fatto da quarant'anni la parte settentrionale con 50mila militari - il governo di Nicosia potrà finalmente strutturare uno sfruttamento armonico di “Afrodite”, che consenta alle pipeline cipriote di interconnettersi anche a quelle russe.
Una sorta di “rete euro-caucasico-mediterranea”, come detto, che supera le schermaglie (geo)politiche e offre un nuovo panorama energetico. Tra l'altro la situazione economica a Cipro, a quasi tre anni dal prelievo forzoso sui conti superiori ai centomila euro che nel marzo del 2013 mise l'isola al centro dell'agenda economica europea, è sensibilmente migliorata.
Oggi il paese ha eseguito i dettami derivanti dal memorandum con Fmi, Ue e Bce superando l'impasse, e con in bella vista un altro scenario positivo che si somma alla migliorata situazione finanziaria: proprio lo sfruttamento della zona economica esclusiva (ZEE) con i giacimenti sottomarini di gas.
Il nodo
Il nodo, al momento, resta legato alle posizioni di Ankara che, avendo ricevuto da Bruxelles e Washington una linea di credito da tre miliardi di euro nella lotta all'Isis e nella gestione della crisi rifugiati, non pare intenzionata a mutare atteggiamento verso Cipro, nonostante il presidente della Repubblica Nikos Anastasiadīs abbia più volte espresso posizioni concilianti, anche in vista di un accordo territoriale.
Nel luglio del 2013 sulla stampa greca rimbalzò notizia di un missile turco lanciato contro una nave italiana che stava piazzando cavi sottomarini proprio nella ZEE cipriota. La notizia non fu confermata dalle autorità, ma è chiaro che è stata la spia di una fortissima tensione nell’intera zona. Senza dimenticare che Ankara rifiuta di applicare le norme previste nel trattato di Montego Bay del 1982 sul cosiddetto mare territoriale.
Dal 2013 si sono poi verificati numerosi sconfinamenti della nave oceanografica turca “Barbaras” nella zona esclusiva di Cipro, nel silenzio delle istituzioni europee. Nonostante dal 2013 Nicosia abbia raggiunto un accordo con Tel Aviv per lo sfruttamento congiunto del gas, la Turchia continua ad avanzare pretese su quel fazzoletto di acque. E' la ragione per cui dodici mesi fa si è rischiato anche lo scontro fisico, con la presenza contemporanea a largo di Cipro di una fregata russa, di un cacciatorpediniere greco, di un sommergibile greco e di sei F-16 israeliani.
Per cui prima di parlare di gas sarà indispensabile far intervenire la diplomazia, anche con il supporto di soggetti terzi. Ecco perché in questi giorni a margine del World Economic Forum, il presidente cipriota ha incontrato il vice presidente degli Stati Uniti, John Biden, oltre che il leader dell'autoproclamata Repubblica turca di Cipro Nord, Mustafa Akinci, assieme al segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon. In precedenza Anastasiadīs aveva partecipato ad una cena su invito del fondatore e presidente del World Economic Forum Klaus Schwab, proprio per porre le basi di un riavvicinamento con la parte turca.
Qui Italia
Il ruolo italiano stavolta potrà essere diverso rispetto al passato: il numero uno di Eni Descalzi è già volato in Israele prima di Natale per parlare di super-hub del gas. In sostanza l’Eni promuove nel Mediterraneo orientale un’intesa che coinvolga anche Egitto e Cipro.
Il gigante energetico italiano mostra interesse per un suo ulteriore coinvolgimento nella ZEE di Cipro. Nikos Anastasiadīs ha per questo incontrato a Davos i vertici dell'Eni per ragionare sugli sviluppi nel campo della ricerca e dello sfruttamento degli idrocarburi. Durante l'incontro è emersa una posizione italiana molto attenta al significato strategico della ZEE cipriota.
Tra l'altro, è stato sottolineato come la scoperta del giacimento “Zor”, nella ZEE egiziana, crei nuove prospettive per l'intera regione. Per cui, indipendentemente dall'attuale trend globale di riduzione del prezzo del gas, Eni punterà forte sulla cooperazione con Nicosia.