Il 21 ottobre Naida Asijalova si faceva esplodere su un autobus a Volgograd. Naida aveva scelto di aderire alla guerriglia clandestina insieme al suo compagno Dmitrij Sokolov. Le loro storie per capire la paura dell'islam radicale in Caucaso del Nord

27/11/2013 -  Giovanni Bensi

Alcune cifre che danno la misura di quella guerra non dichiarata, ma terribilmente reale, che è in corso nel Nord-Caucaso: ai primi di novembre a Pjatigorsk (Kraj di Stavropol', Caucaso del Nord)  si è svolta una conferenza di esperti russi e locali del ministero degli Interni nella lotta al cosiddetto “estremismo”.

Sergej Čenčik , capo della Direzione generale del ministero per la Circoscrizione federale Nord-Caucasica, ha dichiarato che dal 2003 oltre 3.500 guerriglieri sono stati uccisi e circa 8.000 sono stati catturati nel Caucaso settentrionale.

Naida e Dmitrij 

Naida Asijalova e Dmitrij Sokolov http://www.novosti.rs/

Il Daghestan rimane al centro delle turbolenze nella regione. Tiene banco ancora l’attentato con 6 vittime compiuto il 21 ottobre scorso contro un autobus a Volgograd (Capoluogo dell'omonimo Oblast' nella Russia occidentale) da una šahidka (“martire”) suicida proveniente appunto dal Daghestan, Naida Asijalova.

L’attentato ha poi avuto un seguito altamente drammatico. Le indagini di polizia hanno permesso di identificare e uccidere “in battaglia” almeno un complice della terrorista, e cioè suo marito Dmitrij Sokolov. Si tratta di un russo convertito all’Islam, il cui nome nella religione adottiva era Abduldžabar. Il giovane è stato ucciso, con un’operazione di stile prettamente militare, in una casa nel villaggio di Semender, alla periferia di Machačkala, dove si era rifugiato con cinque complici e dove abitavano la moglie e la figlia di uno di essi. Prima di iniziare l’assalto all’abitazione dove si nascondevano i presunti terroristi, la polizia aveva tentato di intavolare trattative per la loro resa, ma senza risultato.

Sulla scorta delle informazioni fornite dal NAK (“Comitato Nazionale Antiterrorismo”), lo sviluppo degli avvenimenti è stato raccontato in termini emotivi dal giornale Novoe delo di Machačkala: “Nelle trattative, durate diverse ore, era stata coinvolta anche la madre di Sokolov che comunicava con il figlio per telefono, ma i banditi si rifiutarono di uscire. In seguito i militari riuscirono a far rilasciare la donna e la bambina e, appena esse furono fuori, iniziò la sparatoria”. Il giornale così continua a narrare gli sviluppi: “Nel corso delle trattative Sokolov rivendicò gli attentati compiuti, compresa la bomba sull’autobus a Volgograd. Egli confessò di aver preparato personalmente il detonatore che più tardi fu fatto esplodere dalla terrorista suicida”, cioè dalla sua compagna di vita.

A questo punto la polizia prese d’assalto l’alloggio-rifugio, mentre tre presunti terroristi cercarono di aprirsi un varco per la fuga, ma furono falciati dalle raffiche della polizia. Altri due spararono ancora un po’ contro gli assalitori, ma furono neutralizzati. “La fase attiva dell’operazione speciale – scrive il Novoe delo – terminò verso le 13,00. Il risultato finale fu la morte di tutti i presunti terroristi, compreso Sokolov”.

Rimangono difficilmente spiegabili, sul piano psicologico, i motivi per cui giovani come Naida Asijalova e Dmitrij Sokolov, evidentemente colti e con un’esperienza di vita non limitata al solo Daghestan, si lascino affascinare da un’ideologia estremistica e disumana nella quale l’islam appare solo come un paravento, e si avviino su un cammino in fondo al quale c’è solo la morte, propria e di vittime che non c’entrano niente. Čenčik ha lamentato che “non si faccia nessuno studio serio delle cause che spingono i giovani con reali prospettive nella vita, nello studio o nel lavoro, a scegliere la lotta terroristica”.

Secondo le informazioni disponibili, Naida Asijalova era dunque la compagna di Dmitrij Sokolov, originario della regione di Mosca, trasferitosi in Daghestan dove aderì alla guerriglia clandestina locale. La 30-enne Asijalova e Sokolov, che era più giovane di lei di 10 anni, si conobbero in rete sulla base di “interessi comuni”: in quel momento Sokolov si interessava di religione, di armi e della preparazione di ordigni esplosivi. Asijalova si trasferì presso di lui a Mosca. Successivamente Sokolov iniziò a seguire un corso di arabo. Secondo i dati delle forze dell’ordine egli si unì alla guerriglia in Daghestan proprio dietro insistenza della moglie.

I tre "attori" daghestani

Il quotidiano moscovita Izvestija  scrive che in seguito all’attentato di Asijalova è stato spiccato un mandato di cattura federale anche contro altre due persone, i daghestani Ruslan Kazanbiev e Kurban Omarov, entrambi 25-enni. Secondo il giornale, i due caucasici sono considerati come gli organizzatori di 16 omicidi e attentati in Daghestan. Entrambi fanno parte del cosiddetto “gruppo di Machačkala” guidato da Arsanalì Kambulatov (noto anche come Abu Muhammad). La banda sarebbe composta da una trentina di guerriglieri.

Nel quadro delle indagini sull’attentato di Volgograd è stato arrestato a Kaspijsk (Daghestan) il 28-enne Ramil A., del quale non viene rivelato il cognome. Già durante l’interrogatorio preliminare dopo l’arresto, Ramil ammise che si occupava della logistica e degli approvvigionamenti del “gruppo banditesco di Machačkala". Egli infatti “assicurava le forniture di alimentari e curava il trasporto” dei guerriglieri, in particolare di tale Gasan Abataev e di Ratmir Agaev colpito da mandato di cattura federale.

Siamo quindi di fronte ad azioni parabelliche che confermano come il Daghestan viva in uno stato di guerra civile latente che vede lo scontro di tre “attori”, l’islam sufico-confraternale (moderato e tendenzialmente filo-russo), l’islam wahhabita-salafita (fondamentalista e violentemente antirusso) e le autorità civili e militari rappresentanti di Mosca, che si barcamenano. Sarà utile ricordare qui, circa la presenza dei due tipi di islam, i dati forniti dal citato Sergej Čenčik: “In Daghestan funzionano 332 istituti scolastici islamici. Ma ufficialmente sono registrati solo 49 istituti religiosi non statali, 39 dei quali non hanno la licenza per svolgere attività di insegnamento”. Cioè agiscono in condizioni di semi-clandestinità o di clandestinità completa.

Mappa Caucaso - BalcaniCaucaso.org
Mappa Caucaso - www.balcanicaucaso.org

Nel suo intervento a Pjatigorsk, Čenčik ha sottolineato che “l’analisi dell’informazione operativa” (cioè dei rapporti del controspionaggio) “rivela un incremento del livello di appoggio delle idee dell’islam radicale, soprattutto negli ambienti giovanili”. Questo problema, ha proseguito il relatore, “è attuale per il Daghestan, l’Inguscezia, la Kabarda-Balkaria e altri soggetti della circoscrizione, compreso il kraj di Stavropol’”.

Per tornare al “gruppo di Machačkala” si ritiene che Kazanbiev e Omarov abbiano partecipato nel gennaio 2012 all’uccisione nel villaggio di Čapaevo (distretto di Kumtorkal, Daghestan) del maggiore della polizia Kurban Ahmedov. Nel maggio 2012 i guerriglieri, secondo le risultanze delle indagini, avrebbero compiuto un attentato al posto di polizia nel distretto Kirov di Machačkala facendo esplodere due auto. Rimasero uccise 13 persone, mentre il numero dei feriti superò i 100. Nel luglio di quest’anno Kazanbiev e Omarov, sempre secondo l’atto di accusa, avrebbero ucciso Džanaj Šanchov, proprietario di una stazione di servizio a Machačkala, e suo nipote Džanbulat.

Le autorità danno evidenti segni di panico. Sempre in Daghestan, come in altre repubbliche del Nord-Caucaso, si moltiplicano i timori di attentati contro le Olimpiadi di Sochi che si dovranno aprire nel febbraio prossimo. In particolare i dirigenti daghestani hanno deciso di effettuare coattivamente una raccolta del DNA delle persone sospettate di essere salafiti o wahhabiti. L’operazione dovrebbe avvenire mediante la raccolta di campioni di saliva. In questo modo la polizia e i militari intendono creare una “banca dati” che dovrebbe facilitare l’identificazione post mortem di eventuali terroristi-suicidi che si “immolino” nel corso di un attentato contro le Olimpiadi. Non è chiaro come dovrebbe avvenire la raccolta dei campioni di saliva: non certo mediante convocazione in un laboratorio di analisi. I rappresentanti delle forze dell’ordine a Machačkala rifiutano di dare qualsiasi informazione a questo proposito.

Un filo spinato attorno tutto il Nord-Caucaso

Vladimir Žirinovskij fonte: wikimedia.org

L’attentato di Volgograd ha avuto anche conseguenze sulla polemica politica. Si ricorda che poco tempo dopo i fatti, il personaggio più eccentrico della politica russa, Vladimir Žirinovskij, nel corso del talk-show “Pojedinok” (“Il duello”) alla televisione “Rossija-1” aveva proposto, in qualità di “misura difensiva”, di circondare con filo spinato tutto il Nord-Caucaso. Come reazione i deputati dell’Assemblea popolare (parlamento) del Daghestan hanno approvato all’unanimità un appello al presidente Vladimir Putin e agli speaker dei due rami del parlamento russo affinché Žirinovskij (che è anche vice-presidente della Duma e capo del Partito Liberal-Democratico), sia privato del mandato di deputato e denunciato all’autorità giudiziaria per le sue “scandalose” dichiarazioni in TV. Nella petizione dei parlamentari daghestani si legge che essi “condannano decisamente le dichiarazioni e gli atti antistatali e nazionalistici dei provocatori che distruggono l’unità della Russia”. Il presidente Ramazan Abdulatipov, intervenendo al parlamento daghestano, ha dichiarato: “Provo dolore per il popolo russo. Se il popolo russo ha dei difensori come Žirinovskij, ciò testimonia di una profonda tragedia del popolo”.