Infermieri - © Dragana Gordic/Shutterstock

© Dragana Gordic/Shutterstock

Molti paesi europei si trovano a fare i conti con carenze di personale sanitario. In Grecia, Bulgaria e Italia il numero di infermieri è particolarmente basso: a fronte di salari bassi e condizioni di lavoro difficili, molti scelgono di trasferirsi all'estero

26/07/2024 -  Kostas Zafeiropoulos Atene

(Questo articolo è stato originariamente pubblicato dalla testata greca EFSYN  nell'ambito del progetto PULSE)

“Gli infermieri e le infermiere sono la spina dorsale del nostro sistema sanitario”, aveva dichiarato durante la pandemia il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) Tedros Adhanom Ghebreyesus, mentre in Europa le strutture sanitarie vacillavano sotto la pressione del virus Covid-19. Secondo l'Oms, nel 2021 in tutto il mondo mancavano sei milioni di infermieri. 

In un’Europa segnata dall’invecchiamento demografico, “sono necessari 1,5 milioni di infermieri in prima linea”, ha sottolineato Paul De Reave, segretario generale della Federazione europea delle associazioni degli infermieri, in una lettera pubblicata dal quotidiano spagnolo El Confidencial, partner di EFSYN [e di OBCT, ndr]. De Reave ha precisato che la stima non è aggiornata, e ha aggiunto che “per garantire una copertura affidabile servirebbero molti più infermieri”. In un rapporto del 2022 l’Ocse ha rilevato che la carenza di infermieri è peggiorata all’apice della pandemia, specialmente nei reparti di terapia intensiva.

Nel 2020 nei paesi dell’Unione europea lavoravano in media 8,3 infermieri ogni mille abitanti. I numeri variano considerevolmente tra un paese e l’altro, dai circa tredici infermieri per mille abitanti in Finlandia (13,6) e Irlanda (12,8) agli appena 6,3 in Italia e 6,1 in Spagna, fino a scendere sotto i 5 infermieri in Polonia e Bulgaria. Il fanalino di coda è la Grecia (3,4), ultima anche tra i paesi dell’Ocse. Si ritiene che negli ultimi anni sia scomparso il 25 per cento dei posti di lavoro infermieristici in Grecia, ma l'attuale governo sembra voler ignorare l’emergenza.

Offerte difficili da rifiutare

Negli ultimi anni è in corso a livello europeo una battaglia per accaparrarsi gli infermieri, che sempre più spesso decidono di trasferirsi all'estero in cerca di maggiore stabilità e migliori condizioni di lavoro e salari.

Gli ospedali olandesi cercano infermieri soprattutto in Spagna. Paloma Garzón Aguilar, infermiera spagnola di 25 anni, studia intensamente la lingua neerlandese da quasi due mesi con l’obiettivo di cominciare a lavorare nel paese a partire dalla prossima primavera. Paloma ha raccontato a El Confidencial che in Spagna non riusciva a far quadrare i conti, dunque ha deciso di lasciare la sua città in Castilla-La Mancha. La ragazza ha trovato su internet una società olandese, Eduployment, che offre agli infermieri stranieri non soltanto corsi di lingua ma anche posti di lavoro a tempo pieno. 

Gli infermieri e le infermiere spagnole che arrivano nei Paesi Bassi possono approfittare delle stesse condizioni di lavoro degli abitanti locali, come un aumento salariale garantito del 7,4 per cento annuo. In cambio, si impegnano a restare nel paese per almeno due anni. Il programma promette “36 ore di lavoro settimanale garantito” con un salario di circa 37mila euro netti. Paloma non vede l’ora di partire.

Secondo i dati pubblicati dall’Associazione degli infermieri spagnoli, nel 2023 gli infermieri emigrati in un altro paese sono stati 1.473, nonostante nel paese il tasso di disoccupazione nel settore sia pari a zero. La Spagna non è però uno dei principali mercati per Eduployment. La maggior parte degli studenti-lavoratori messi sotto contratto dalla società proviene infatti da altri paesi dell'Europa del sud, come Grecia, Italia o Portogallo, dove “i professionisti sentono di non avere un futuro”, spiega il direttore dell’azienda, Selwyn Paehlig.

In Portogallo più di tremila infermieri hanno lasciato il paese nei primi due anni dopo l’inizio della pandemia. Secondo i dati dell’Associazione degli infermieri, la prima destinazione è stata la Svizzera, seguita dalla Spagna e dal Regno Unito, nonostante la Brexit. 

80 ore di lavoro a settimana

In Ungheria più di mille medici e quasi duemila infermieri lasciano il sistema sanitario nazionale ogni anno. Negli ultimi dieci anni più di 25mila infermieri qualificati hanno abbandonato il paese, con un tasso di emigrazione che è aumentato negli ultimi tre o quattro anni. Le destinazioni principali sono la Germania, l’Austria e il Regno Unito, dove i professionisti ungheresi guadagnano il triplo o addirittura il quadruplo rispetto al loro paese. Per esempio, in Austria un infermiere neoassunto riceve tra 2.500 e 3.000 euro al mese, mentre in Ungheria il salario non va oltre i 900 euro.

Nel paese si registra una grave carenza di infermieri nel campo dell’assistenza ai malati cronici e agli anziani. I reparti di psichiatria faticano a restare aperti, mentre nelle terapie intensive la carenza di infermieri e assistenti rappresenta un problema grave. Per coprire i posti vacanti, il reclutamento avviene anche in Ucraina, Serbia e sempre più spesso in Asia meridionale, soprattutto in India e nelle Filippine. 

Anche in Bulgaria mancano almeno 29mila infermieri. “Ogni anno il 20 per cento degli infermieri neolaureati lascia la Bulgaria per andare a lavorare in altri paesi dell’Unione europea, soprattutto in Germania, Austria e Belgio. Altri rimangono qui, ma non esercitano la professione perché preferiscono un lavoro più retribuito”, ha dichiarato a Mediapool Milka Vasileva, presidente dell’organizzazione degli infermieri bulgari. 

Secondo un sondaggio condotto dall’associazione di settore, in Bulgaria oltre metà degli infermieri lavora tra le 41 e le 80 ore la settimana (inclusi i secondi lavori). I salari nel settore pubblico variano tra i 1000 e i 1.500 lev (circa 510-770 euro). Il personale medico ucraino emigrato in Bulgaria a causa della guerra deve affrontare procedure burocratiche estremamente lente per il riconoscimento dei titoli di studio: per questo motivo i medici e gli infermieri provenienti dall’Ucraina sono costretti a lavorare come camerieri e domestici, anziché curare i pazienti. 

La situazione in Grecia

In Grecia l’emigrazione di medici e infermieri è cominciata durante la crisi finanziaria ed economica dello scorso decennio. Secondo le stime più prudenti fatte dal sindacato degli infermieri greci, più di 1.700 infermieri hanno comprato un biglietto di sola andata per un paese straniero, soprattutto nel 2014 e nel 2015. Tra il 2009 e il 2015 il personale del servizio sanitario nazionale si è ridotto del 20 per cento (18.869 lavoratori, di cui la metà erano medici, infermieri e paramedici, come si legge in un rapporto del Centro per la ricerca e l’istruzione nella sanità pubblica, Kepy). 

Gli infermieri sottolineano il peggioramento delle condizioni di lavoro. Come evidenziato dallo studio del Kepy, nel 2017 i posti di lavoro a tempo indeterminato negli ospedali hanno iniziato a essere sostituiti con personale ausiliario; questo è diventato un fenomeno dilagante durante la pandemia. 

Secondo i dati della Federazione panellenica del personale infermieristico (Pasonop) e diversi studi pubblicati sulle riviste specializzate, il 25 per cento delle posizioni a tempo indeterminato nel sistema sanitario è ancora scoperto. In realtà le carenze sono ben più gravi, perché il numero delle posizioni previste deriva da un vecchio decreto presidenziale (87/1986) che è ormai considerato inadeguato. 

Nell’intero corpo infermieristico nazionale (in cui rientrano anche paramedici, assistenti e personale ausiliario) ci sono oltre 30mila posizioni a tempo indeterminato scoperte, in parte bilanciate da 15mila dipendenti a contratto, spiega Michalis Giannakos, presidente della Federazione panellenica dei dipendenti degli ospedali pubblici. 

“Gli infermieri a contratto vivono una costante situazione di ansia”, spiega Giannakos. “Si dimettono uno dopo l’altro, perché non sopportano questa totale incertezza. Abbiamo infermieri che vanno all’estero per lavorare. Soprattutto a Cipro, dove molti greci si trasferiscono attratti da uno stipendio di 40mila euro l’anno, laddove qui [i neo-assunti] guadagnano 800 euro al mese, lavorando in condizioni durissime e spesso malsane. Quando si indicono concorsi per posizioni a tempo indeterminato, gli infermieri a contratto di solito ottengono l’incarico. In sostanza abbiamo un riciclo delle stesse persone, e negli ospedali restano le scoperture”. 

Rischi per i pazienti

“Il conto è semplice. Avere due infermieri per 40 pazienti significa meno di cinque minuti al giorno di cure per paziente”, sottolinea un portavoce del Pasonop. Nelle strutture che soffrono di carenza di personale, durante i turni serali e notturni 35-40 pazienti dipendono infatti da un unico infermiere o al massimo due. Questo ha un impatto innegabile sulla sicurezza del paziente, considerando che il rapporto minimo per garantire un’assistenza adeguata nei reparti è di un infermiere ogni cinque pazienti. 

Anche il rapporto tra infermieri e posti letto si è ridotto drammaticamente in Grecia nel corso del tempo, raggiungendo appena lo 0,47 per gli infermieri altamente qualificati e lo 0,83 per tutte le categorie (tra i dati dell’istituto di statistica greco relativi al 2022 figura un rapporto di 0,88). Diversi studi effettuati in tutto il mondo hanno dimostrato che i pazienti ospitati in strutture affette da carenza di personale presentano un tasso di mortalità superiore del 6 per cento rispetto agli altri.

Se il governo greco continuerà a rifiutarsi di coprire le posizioni ancora scoperte nel sistema sanitario, garantendo salari adeguati che convincano gli infermieri a restare, possiamo stare certi che la fuga all'estero del personale del settore non si fermerà. 

Alla realizzazione di questo articolo hanno contribuito Héctor García Barnés e Lola García-Ajofrín di El Confidencial (Spagna), Marzio Bartoloni del Sole 24 Ore (Italia), Martina Bozukova di Mediapool (Bulgaria) e Boróka Parászka di HVG (Ungheria). 

 

Questo articolo è stato prodotto nell'ambito di PULSE, un'iniziativa europea coordinata da OBCT che sostiene le collaborazioni giornalistiche transnazionali.