© New creative ideas/Shutterstock

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È un’Europa alle prese con “l’orbanizzazione” e con “l'influenza tossica del Cremlino” quella che descrive il nuovo rapporto sulla libertà della stampa pubblicato oggi da Reporters sans Frontières (RSF)

03/05/2024 -  Giovanni Vale Zagabria

La classifica annuale Reporters sans Frontières (RSF) vede peggioramenti importanti nei Balcani e in tutta l’Europa orientale, ma non solo. “Nonostante l'Unione Europea abbia adottato la sua prima legge sulla libertà dei media, l’EMFA, e il fatto che tre Paesi europei - Norvegia, Danimarca e Svezia - siano ancora in cima alla classifica, i politici [europei, nda.] cercano di ridurre lo spazio per il giornalismo indipendente”, scrive RSF.

Il riferimento è in primo luogo al primo ministro ungherese Viktor Orban e al suo omologo slovacco Robert Fico, ma non si tratta di casi isolati. All’interno dell’Ue, "la libertà di stampa è messa a dura prova dai partiti al governo in Ungheria (67a), Malta (73a) e Grecia (88a), i tre Paesi dell'UE con la peggiore classifica”, sostiene l’organizzazione internazionale basata a Parigi, che chiosa: “anche l'Italia di Giorgia Meloni (46a) è scesa di tre posizioni”.

Slittamenti nei Balcani

Se la Slovenia avanza di otto posizioni ed è ora 42a, la Croazia, ultimo stato membro ad aver integrato l’Unione europea, è invece peggiorata. Il paese scende di sei posizioni ed è ora 48° nella lista. Pesano gli attacchi sempre più aperti e nervosi del Primo ministro uscente Andrej Plenković ai giornalisti e alle diverse testate, ma anche gli emendamenti al codice penale che criminalizzano la “pubblicazione non autorizzata di materiale giudiziario”.

Proprio ieri, il premier ha attaccato ancora una volta il portale Telegram, colpevole di aver rivelato l’uso indebito di fondi europei destinati alla ricostruzione dopo i terremoti del 2020 (ne abbiamo scritto in questo articolo).

Sprofonda di 17 posizioni la Bosnia Erzegovina (ora 81a), alle prese con la retorica ostile e denigratoria dei politici, dei nuovi provvedimenti legislativi restrittivi e le difficoltà esistenziali del servizio pubblico.

Peggiorano la Serbia (-7, oggi 98a) e l’Albania (-3, ora 99a), così come il Kosovo (75°) che scende di ben 19 posizioni (è il più grande arretramento nell’area).

I motivi sono al tempo stesso simili ed unici ad ogni paese.

A Tirana il Primo ministro Edi Rama si è spinto qualche settimana fa fino a dare una manata in faccia ad una giornalista durante una conferenza stampa (ne abbiamo scritto qui), l’apice di un comportamento largamente diffuso tra i politici, mentre il governo continua ad estendere il suo controllo diretto sulla stampa locale.

In Serbia quest’anno ha segnato l’assoluzione degli agenti di sicurezza accusati dell’omicidio, 25 anni fa, del giornalista serbo Slavko Ćuruvija, ma non sono mancante di recente minacce e attacchi contro i giornalisti a Novi Sad, in un contesto di insicurezza per i reporter e di impunità per chi li attacca. Qui il nostro comunicato al riguardo assieme ad i partner di Media Freedom Rapid Response (MFRR) e la rete SafeJournalists.

In Kosovo è la nuova proposta di legge sui media indipendenti a preoccupare gli osservatori internazionali. “Riteniamo che l'iniziativa legislativa dell'Ufficio del Primo ministro di controllare i media online attraverso un sistema di licenze sia l'ultimo attacco al diritto alla libertà e al pluralismo dei media in Kosovo – scrive ad esempio il Centro europeo per la libertà di stampa e dei media (ECPMF) – l'apparato statale può essere facilmente utilizzato contro qualsiasi media online sotto la minaccia di multe salate, fino a 40.000 euro, che potrebbero rappresentare una seria minaccia esistenziale per qualsiasi mezzo di comunicazione online operante in Kosovo”.

Le poche buone notizie nell’area arrivano dalla Bulgaria (+12 al 59° posto), dove il contesto politico per il giornalismo è migliorato “grazie ad un nuovo governo più attento al diritto all’informazione”, sostiene RSF. La situazione è invece rimasta tutto sommato stabile in Montenegro (40°) e in Macedonia del Nord (36a). La Turchia (158a), infine, “continua a imprigionare i giornalisti e a minare i media attraverso la censura online e il controllo del sistema giudiziario”.

Ombre anche sull’Europa orientale e l’Asia centrale

La situazione è complessivamente peggiorata (anche) in Europa orientale e in Asia centrale, ci dice il rapporto di Reporters sans frontières, secondo cui i media dell’area “sono sempre più spesso utilizzati come cinghia di trasmissione per campagne di disinformazione”.

“Lo Stato russo (162°) – si legge nel rapporto – ha proseguito la sua crociata contro il giornalismo indipendente, mentre più di 1.500 giornalisti sono fuggiti all'estero dopo l'invasione dell’Ucraina". La Russia sale di due posti nella classifica mondiale della libertà di stampa, ma questo è semplicemente “dovuto al calo di altri Paesi”. Il che la dice lunga sulla situazione globale della libertà di stampa.

A sfidare la Russia per la posizione più bassa nella classifica nella regione sono “la Bielorussia (167a), il cui governo perseguita i giornalisti con il pretesto di combattere l’“estremismo”, e il Turkmenistan (175°), il cui presidente ha poteri illimitati e proibisce qualsiasi tipo di informazione indipendente”.

Scende di ben 25 posizioni anche la Georgia (103a), dove “il partito al governo continua a polarizzare la società, coltivando un avvicinamento a Mosca e conducendo una politica sempre più ostile alla libertà di stampa” e non va meglio in Azerbaijan (164°) dove sono peggiorati “tutti gli indicatori, in particolare quello politico, dopo il giro di vite sui media prima delle elezioni presidenziali”.

Infine, il comunicato di RSF si conclude con una nota positiva, riguardante “il salto di 18 posizioni dell'Ucraina (61a), dovuto ai miglioramenti sia dell'indicatore di sicurezza - meno giornalisti uccisi - sia di quello politico”. “Sebbene lo Stato di diritto non sia stato applicato all'intero Paese dopo l'invasione russa, il che ha impedito alle autorità ucraine di garantire la libertà di stampa nei territori occupati, le interferenze politiche nell'Ucraina libera sono diminuite – scrive l’organizzazione internazionale – questo tipo di pressione è limitata dal fatto che i media la denunciano”.