Il Consiglio europeo per i rifugiati e gli esuli (ECRE) ha analizzato punto per punto l’accordo raggiunto lo scorso 8 giugno dagli stati membri dell’Unione europea sul nuovo patto sulla migrazione e l’asilo per riformare la normativa UE in materia di asilo
(Originariamente pubblicato da ECRE, il 9 giugno 2023)
1. Gli stati membri dell’UE hanno raggiunto un accordo sui pilastri fondamentali del sistema di asilo dell’UE riguardanti la solidarietà, la responsabilità e le norme procedurali. La discussione sull’accordo si è protratta per l’intera durata della presidenza svedese [che si concluderà il prossimo 30 giugno].
2. Questa non è la fine. Ora il Consiglio, sulla base dell’accordo in questione e del rispettivo accordo del Parlamento, dovrà negoziare con quest’ultimo per raggiungere una posizione comune che poi diventerà legge. C’è però da aspettarsi che il Parlamento scenda a patti, quindi le posizioni [concordate lo scorso 8 giugno] sono più o meno quelle che con ogni probabilità verranno [definitivamente] adottate.
3. L’accordo riduce gli standard di protezione in Europa, e questo è il punto. Resta però da vedere se saranno raggiunti anche altri obiettivi dell’accordo volto a scoraggiare gli arrivi, garantire rimpatri rapidi e limitare i cosiddetti movimenti secondari.
4. Due paesi, Ungheria e Polonia, si sono opposti all’accordo, sostanzialmente sostenendo di non credere che l’Europa debba avere un sistema di asilo. Quattro paesi - Bulgaria, Malta, Lituania e Slovacchia - si sono astenuti, ciascuno per un motivo diverso.
I punti chiave
5. Complessivamente, gli stati hanno concordato un labirinto di regole procedurali, bizantine nella loro complessità, basate sul tentativo di limitare il numero di persone a cui viene riconosciuta la protezione internazionale in Europa.
6. Hanno fallito nell’affrontare la più grande pecca del sistema, ossia le regole di Dublino, che sono rimaste in gran parte invariate.
7. L’obiettivo implicito è quello di trasferire la responsabilità ai paesi extraeuropei, nonostante l’85% dei rifugiati a livello mondiale sia accolto fuori dall’Europa, perlopiù in paesi disperatamente poveri. Si punta sui paesi dei Balcani occidentali e del Nord Africa attraverso l’utilizzo di strumenti legali, tra cui il concetto di "paese terzo sicuro" . Nondimeno, le riforme non contribuiscono in alcun modo ad aumentare la probabilità che questi paesi accettino di ospitare persone rimpatriate dall’UE.
8. All’interno del territorio europeo, le riforme pongono ulteriore enfasi sulle frontiere.
9. Come tali, vanno in direzione opposta rispetto alla risposta efficace all’afflusso di sfollati dall’Ucraina, una risposta che ha dimostrato quanto siano importanti le procedure snelle, un accesso rapido alla protezione, la possibilità per le persone [in fuga] di accedere il prima possibile al mercato del lavoro, la libertà di movimento che garantisca l’unità familiare e una distribuzione più equa della responsabilità tra i paesi europei.
Cambiamenti procedurali
10. Il Patto invece introduce alcuni nuovi elementi, compreso un utilizzo esteso di procedure di frontiera, procedure di inammissibilità e procedure accelerate, applicando certi concetti legali, come quello di paese terzo sicuro, che permettono di trasferire la responsabilità agli altri paesi. Sempre più persone saranno intrappolate ai confini in situazioni simili al modello delle isole greche.
11. Si ricorrerà ampiamente alla procedura di frontiera, che diventerà obbligatoria per le persone provenienti da paesi con un tasso di riconoscimento della protezione internazionale inferiore al 20%.
12. I paesi del centro-nord hanno insistito su questa modifica prima di accettare il meccanismo di solidarietà, essendo principalmente preoccupati di come porre fine ai cosiddetti “movimenti secondari”. Alcune garanzie, come l’accesso all’assistenza legale e il diritto ad un ricorso effettivo, sono state ridotte. Non ci sarà quasi alcuna eccezione per le persone vulnerabili, le famiglie e i bambini, e sempre più procedure verranno espletate durante le detenzione.
Nessuna nuova regola sulla responsabilità
13. Le regole riguardanti la responsabilità [dell’esame di una domanda di protezione internazionale] non si discostano da quelle contenute nell’attuale regolamento di Dublino, quindi resta in vigore anche il criterio del paese di primo ingresso.
14. Il periodo in cui il paese di arrivo è responsabile di un richiedente asilo è stato esteso a due anni per i richiedenti entrati [nell’UE] attraversando una delle frontiere esterne. Invece nel caso del rifiuto della domanda nell’ambito della procedura di frontiera, tale periodo è stato ridotto a 15 mesi (per spingere gli stati ad utilizzare la procedura di frontiera), ossia a 12 mesi per le persone soccorse in mare (per spingere gli stati a smettere di guardare le persone annegare).
15. Le proposte, avanzate dalla Commissione, per migliorare le norme sulla responsabilità (rispetto al regolamento di Dublino) sono state respinte, compresa una più ampia definizione di famiglia che consenta il ricongiungimento familiare per fratelli e sorelle.
Un nuovo meccanismo di solidarietà
16. Per controbilanciare gli effetti delle norme, è stato introdotto un meccanismo di solidarietà che mira ad aiutare i paesi situati alle frontiere [esterne dell’UE] in situazioni di “pressione migratoria”. La proposta di introdurre un meccanismo particolare, da applicare in situazioni che richiedono interventi di ricerca e soccorso, è stato invece respinto.
17. La solidarietà è obbligatoria, ma flessibile, nel senso che tutti gli stati membri, pur essendo obbligati a dare il proprio contributo, possono scegliere cosa offrire: la ricollocazione e la presa in carico delle persone, il rafforzamento delle capacità e altre forme di sostegno, oppure un contributo finanziario.
I numeri
18. Gli stati hanno stabilito un minimo di 30.000 persone all’anno le cui domande di protezione dovranno essere esaminate nell’ambito delle procedure di frontiera. Sarà fissato anche un tetto massimo, che dovrebbe aumentare nei primi tre anni.
19. La capacità adeguata di ciascuno stato membro (la soglia minima o l’obiettivo da raggiungere nell’espletamento delle procedure di frontiera] verrà stabilita utilizzando una formula che tenga conto della capacità adeguata complessiva [a livello UE] e del numero di ingressi “irregolari” (ossia di persone che arrivano per chiedere protezione).
20. Gli stati possono abbandonare la procedura di frontiera quando si avvicinano all’obiettivo fissato, notificando tale decisione alla Commissione.
21. Allo stesso tempo, anche il numero minino di ricollocazioni è stato fissato a 30.000 all’anno.
22. Esiste anche un incentivo per garantire le ricollocazioni (anziché altre forme di solidarietà) sotto forma di “compensazioni” (una riduzione dei contributi di solidarietà per chi offre ricollocazioni).
23. Il contributo finanziario equivalente ad una ricollocazione è pari a 20.000 euro. Altre risorse provenienti da fondi UE verranno destinate al rafforzamento delle capacità di gestione delle procedure di frontiera.
Buone notizie
24. Questo è l’inizio della fine delle riforme [in materia di migrazione e asilo].
25. Vi è un meccanismo di solidarietà, da codificare nel diritto dell’UE.
Cattive notizie
26. Un utilizzo esteso della procedura di frontiera equivale ad un aumento del numero di persone rinchiuse nei centri di detenzione alle frontiere esterne e sottoposte a procedure di asilo al di sotto degli standard.
27. Con l’aumento della responsabilità dei paesi alle frontiere [esterne dell’UE] e considerando la percezione delle comunità locali, che vedono i centri di detenzione come realtà controverse, vi è il rischio che [gli stati membri] scelgano i respingimenti. Per fare un esempio: se dei 30.000 casi da esaminare ogni anno nell’ambito delle procedura di frontiera 5000 spettano all’Italia, è più probabile che [le autorità italiane] puntino sui centri di detenzione o che neghino l’ingresso?
28. Fissando un obiettivo numerico per l’utilizzo della procedura di frontiera – che quasi sempre verrà espletata nel luogo di detenzione – si rischia di aprire la strada all’arbitrarietà nell’applicazione di tale procedura.
29. Le regole sulla responsabilità restano quelle di Dublino. I miglioramenti apportati dalla Commissione sono stati cancellati, mantenendo invece gli incentivi che permettono tra l’altro di evitare di allinearsi ai requisiti riguardanti l’accoglienza.
30. Viene fortemente incoraggiato l’utilizzo del concetto di “paese terzo sicuro” come presupposto per negare l’accesso ad una procedura di asilo che tenga conto della situazione individuale del richiedente, e di conseguenza anche l’accesso alla protezione in Europa.
31. La definizione di paese terzo sicuro è stata compromessa poiché saranno gli stati membri a decidere quali paesi potranno essere definiti sicuri. Un paese deve soddisfare determinati criteri di protezione e deve esserci un legame tra il richiedente e quel paese, come previsto dal diritto internazionale. Tuttavia, è la legislazione nazionale a stabilire cosa rappresenta un legame. Nel testo [dell’accordo] vengono citati i rapporti familiari e la residenza precedente, ma uno stato membro potrebbe decidere che anche un semplice transito costituisce un valido legame.
32. La solidarietà è flessibile. Se gli stati membri possono scegliere, quanti sceglieranno la ricollocazione? La redistribuzione delle persone all’interno dell’UE porterebbe invece ad una ripartizione più equa delle responsabilità, evitando così di appesantire i paesi alle frontiere esterne.
33. Le regole procedurali sono talmente complesse da sembrare impraticabili.
Ancora da capire
34. Cosa è stato effettivamente concordato sulle compensazioni, sia le compensazioni riguardanti l’obbligo di fornire solidarietà (la riduzione degli obblighi di solidarietà di un paese nei confronti degli altri) in caso di offerta di posti di ricollocazione, sia le compensazione riguardanti i benefici derivanti dalla solidarietà (la riduzione del diritto di un paese di beneficiare della solidarietà) in caso di rifiuto di accettare i trasferimenti previsti dal regolamento di Dublino.
35. La definizione di pressione migratoria: se e in che modo include il concetto di “strumentalizzazione” e le operazioni di ricerca e soccorso.
Cosa cambierà nella prassi
36. Sempre più persone che arrivano in Europa in cerca di protezione verranno sottoposte ad una procedura di frontiera, invece di vedere la propria richiesta esaminata all’interno di una regolare procedura di asilo.
37. Le persone continueranno ad arrivare in Europa per chiedere protezione, ma dovranno fare i conti con un sistema più rigido.
38. I paesi alle frontiere esterne avranno una maggiore responsabilità, pertanto continueranno a sentirsi incoraggiati a negare l’accesso al proprio territorio e a mantenere bassi gli standard, ad esempio in materia di accoglienza e inclusione.
39. Ora potrebbe essere posta una maggiore enfasi sull’implementazione e la gestione dei sistemi di asilo. Tuttavia, l’unico riferimento concreto al rispetto delle regole riguarda il raggiungimento della quota stabilita di procedure di frontiera e l’obbligo di garantire i trasferimenti Dublino.
40. I movimenti successivi (“secondari”) probabilmente proseguiranno, e i trafficanti continueranno ad adeguarsi, chiedendo più soldi per portare le persone verso i paesi lontani dalle frontiere esterne.
I vincitori
41. La Commissione che non si è risparmiata pur di far approvare il Patto. Per il Commissario “la fiducia e la cooperazione sono tornate nel Consiglio”.
42. La Francia, i Paesi Bassi e altri sostenitori della linea dura che sostanzialmente hanno ottenuto quello che volevano.
43. La presidenza svedese che ha funto da mediatore, tutt’altro che onesto, di un accordo che le fa comodo. Nel corso della conferenza stampa, presentando l’accordo, il ministro ha posto l’enfasi sui movimenti secondari e sull’applicazione del regolamento di Dublino.
44. I trafficanti che potranno chiedere più soldi per viaggi più lunghi e più complicati che le persone dovranno intraprendere.
I perdenti
45. I rifugiati, per i quali l’accesso ad una procedura di asilo equa sarà più difficile. Vi è un maggiore rischio di detenzione. Anche il rischio di respingimenti è aumentato. Le procedure sono diventate più lunghe e più complesse.
46. I paesi non appartenenti all’UE ma confinanti con essa, i quali dovranno fare i conti con un numero sempre maggiore di persone respinte e si troveranno sotto pressione affinché creino sistemi di asilo sufficientemente sicuri da poter essere considerati paesi terzi “sicuri”.
47. I paesi del Med5+ che hanno ceduto su tutti i punti fondamentali, guadagnando pochissimo. Ora dovranno gestire le procedure di frontiera e fare i conti col fatto che, seppur obbligatoria, la solidarietà resta flessibile, quindi le ricollocazioni non saranno una priorità. Qui la domanda sorge spontanea: Cosa è stato realmente offerto in cambio ai paesi mediterranei?
48. La Germania che non ha mantenuto un atteggiamento integro e non si è battuta per i miglioramenti, anche minimi, richiesti dal governo di coalizione, nonostante godesse dell’appoggio anche di una piccola alleanza progressista e di possibili alleanze con il sud. Miglioramenti che riguardano, ad esempio, le eccezioni alla procedura di frontiera. Considerando quanto disperatamente si è cercato di raggiungere un accordo, poteva e doveva chiedere di più.