Oltre 130 film e circa 150 appuntamenti per tutti costituiscono il menù del 71° Trento Film Festival, la storica manifestazione dedicata a montagna, esplorazione e ambiente che, dopo aver festeggiato i sette decenni, si ripropone con un altro programma ricchissimo dal 28 aprile al 7 maggio
Film d’apertura del Trento Film Festival sarà “A passo d’uomo” su Denis Imbert con Jean Doujardin (premio Oscar per “The Artist”), tratto dal libro autobiografico dello scrittore transalpino Sylvain Tesson già protagonista de “La pantera delle nevi”.
Come film di chiusura ci sarà “Rispet”, opera prima della trentina Cecilia Bozza, girato in Valle di Cembra.
Il concorso internazionale comprende 27 titoli. Tra questi spicca “The Fire Within: A Requiem for Katia and Maurice Krafft” del grande Werner Herzog dedicato alla coppia di vulcanologi francesi già al centro del bellissimo “Fire of Love” di Sara Dosa, vincitore lo scorso anno del premio del pubblico proprio a Trento.
Da segnalare anche “Una giornata nell’archivio Piero Bottoni” di Massimo D’Anolfi e Martina Parenti (“La fabbrica del Duomo”, “Spira mirabilis”) sulle ricerche di Giancarlo Consonni e Graziella Tonon tra i materiali dell’architetto, urbanista, pittore e fotografo Piero Bottoni e in particolare la realizzazione del suo progetto più ambizioso: la costruzione di una montagna a Milano, il Monte Stella, nato dalle macerie della Seconda guerra mondiale e chiamato come sua moglie.
In concorso ci sono pure il corto di animazione sloveno “The Legend of Goldhorn” di Lea Vucko e il documentario ucraino “Plai. A Mountain Path” di Eva Dzhyshyashvili. Al centro ci sono Hannusia e Dmytro Malkovych, sposati da oltre trent'anni e abitanti in un remoto villaggio tra i monti Carpazi. La loro vita è cambiata da quando Dmytro ha perso una gamba combattendo per difendere l'indipendenza dell'Ucraina. La coppia resiste alle avversità, ama i propri figli e la propria terra, restando unita e serena come le montagne che la circonda.
Nella sezione non competitiva Terre alte sarà presentato “Disturbed Earth” di Kumjana Novakova e Guillermo Carreras-Candi, una produzione tra Spagna, Bosnia e Macedonia. Una riflessione sul massacro di Srebrenica e le sue conseguenze sull’oggi, sul dolore collettivo che penetra e resta presente.
Ancora “Mountains and Heaven in Beetween” di Dmytro Hreshko, la pandemia nel villaggio di montagna di Kolochava, nella regione ucraina della Transcarpazia. Mariia, Tetiana, Anna e Svitlana sono note nella zona per essere le quattro paramediche che lavorano nell'unica stazione di ambulanze. “Sembra che il ciclo vitale di questo luogo sia immutabile, ma saranno in grado i suoi abitanti di sopravvivere, se la pandemia si rivelerà più letale?”. Nella stessa sezione anche il corto polacco georgiano “Uncle Vakho’s Dream” su Joanna Roj. Siamo in Caucaso, nella zona del monte Kazbek, dove, secondo la mitologia e la tragedia di Eschilo, era stato legato Prometeo per punizione per aver rubato il fuoco. Qui si è autoesiliato Vakho, che da 48 anni ha perso il fratello in circostanze tragiche che gli erano precedentemente apparse in sogno. Nel ritiro l’anziano cerca di espiare il lacerante senso di colpa.
In Orizzonti vicini c’è invece il documentario “Dear Odesa” di Kyrylo Naumko, con il regista che torna a Odessa, preoccupato di perdere il legame con la sua città natale. Parla con la madre Olha e l’amico d’infanzia Mykyta, cercando di ricordare com'era la vita a Odessa cinque giorni prima dell'inizio della guerra e riflettendo sul vivere la vita quotidiana sapendo che il proprio paese potrebbe essere attaccato da un giorno all'altro.
Sezione importante e classica del Festival, dedicata ai film propriamente di alpinismo Alp&Ism è “I fantasmi di Trieste. Le parole e il vento nella vita di Dušan Jelinčič” di Dušan Moravec, ritratto del giornalista, scrittore e alpinista (ha scalato il Broad Peak e preso parte a varie spedizioni himalayane) triestino Dušan Jelinčič. Un documentario per la tv con la partecipazione di Romano Benet e Nives Meroi e di Paolo Rumiz, già presentato al Festival sloveno di Portorose.
Infine il corto svizzero “Mustafa Ceylan” di Jules Guarneri e Benoît Goncerut, storia di un giovane immigrato turco, destinato a giocare a calcio e a rilevare il ristorante di kebab dei genitori, che un giorno, per destino, si trova davanti un paio di sci.