Rustavi 2

Rustavi 2

Si tinge di toni drammatici la vicenda di Rustavi 2, il più popolare canale TV di Georgia. Un caso giudiziario che ha finito per sovrapporsi in modo sempre più netto all’aspra polarizzazione che domina la scena politica a Tbilisi

12/11/2015 -  Simone Zoppellaro

Canale vicino all’opposizione che fa capo al Movimento Nazionale Unito dell’ex-presidente Saakashvili, Rustavi 2 appare oggi a rischio chiusura. Il tutto nasce – almeno ufficialmente – da una contesa legata al suo assetto proprietario.

Anche in vista delle elezioni parlamentari del 2016, sono però in molti a ritenere che dietro il verdetto e i provvedimenti presi dalla corte municipale di Tbilisi contro l’attuale proprietà della TV ci sia la volontà di mettere a tacere un canale amato dal pubblico, ma critico nei confronti del governo guidato dal partito del Sogno Georgiano. Una mossa che, se andasse a buon fine, potrebbe risultare determinante per l’esito del voto del prossimo anno, dato l’equilibrio che regna fra le maggiori forze politiche. Nel clima rovente che si respira – fra continui colpi di scena e accuse reciproche – non sono mancate nelle ultime settimane anche manifestazioni pubbliche a sostegno del canale. Una cosa è certa: a Tbilisi la situazione è sfuggita di mano, e sono fioccati in questi giorni gli appelli da parte della società civile e della comunità internazionale in riferimento al caso di Rustavi 2 e per la libertà dei media in Georgia.

La vicenda

All’origine di tutto è la denuncia dell’imprenditore Kibar Khalvashi, ex co-proprietario del canale, che ha rivendicato la proprietà intellettuale del logo della TV e di alcuni programmi, per i quali ha richiesto 500.000 dollari di danni. Ha chiesto inoltre che gli vengano restituite le quote dell’emittente da lui acquistate nel 2004 e cedute fra il 2005 e il 2006. Un trasferimento – a quanto riferisce – che fu obbligato a effettuare su pressione diretta dell’allora presidente Saakashvili, che avrebbe fatto (e farebbe tuttora) uso dell’emittente come di un mezzo di propaganda. Khalvashi ha chiesto infine 18 milioni di dollari come rimborso per il mancato profitto dovuto alla cessione delle sue quote.

Alla denuncia sono seguiti provvedimenti restrittivi, ordinati dalla corte municipale di Tbilisi il 5 agosto scorso e il 1 di ottobre. In breve, a azionisti e proprietari è stato interdetto di cedere le proprie quote, o di vendere o affittare le attrezzature e i beni mobili e immobili dell’emittente. Sono state proibite inoltre diverse operazioni finanziarie, quali prestiti e garanzie bancarie. Questo ha destato notevoli preoccupazioni fra i giornalisti di Rustavi 2 e nella società civile in Georgia, a causa delle ovvie ripercussioni finanziarie per l’emittente. Ma era solo l’inizio.

Il 3 novembre, infatti, la corte municipale di Tbilisi ha deliberato a favore di Khalvashi e contro l’attuale proprietà di Rustavi 2. Se il verdetto sarà confermato in appello – e in caso sia necessario anche dalla corte suprema – gli attuali proprietari dovranno cedere definitivamente a Khalvashi le quote di maggioranza da lui rivendicate. Respinte invece le richieste di rimborso e per il copyright del logo e dei programmi TV. Ma non è tutto. Al verdetto ha fatto seguito un ulteriore provvedimento, che ha destato altrettanto scalpore.

Rimozione dei direttori

Ancor prima di attendere l’appello – e nonostante un tribunale superiore si fosse espresso contro tale ipotesi – il 5 novembre sono stati rimossi dal loro incarico Nika Gvaramia e Kakha Damenia, il direttore generale e quello finanziario dell’emittente. Al loro posto, la corte municipale ha nominato due manager ad interim: l’ex co-proprietario Davit Dvali e Remaz Sakevarishvili, ex-direttore del canale TV Imedi. Un provvedimento che né lo staff né la direzione di Rustavi 2 sembrano disposti a assecondare, nonostante lo stallo decisionale che questo ha già provocato. Lo stesso direttore generale, formalmente rimosso dal suo incarico, si rifiuta di lasciare il suo ufficio.

Interpellata da Osservatorio Balcani e Caucaso, la responsabile comunicazione e relazioni esterne del canale, Nina Nakashidze, ci ha descritto l’atmosfera che si respira a Rustavi 2 in questi giorni: “I giornalisti non sono affatto disposti a gettare la spugna. Non vogliono seguire la nuova linea editoriale e dicono che combatteranno fino alla fine.” Non sono mancati, ci spiega, segni di solidarietà all’emittente. Prosegue la Nakashidze: “La società civile georgiana è molto attiva. Tutte le maggiori ONG hanno espresso il loro sostegno e hanno rilasciato una dichiarazione congiunta. Hanno anche preso parte alle manifestazioni di protesta a favore di Rustavi 2.”

A gettare benzina sul fuoco, uno scandalo legato all’ex presidente (nonché attuale governatore di Odessa) Mikheil Saakashvili. In una registrazione telefonica resa pubblica di recente fra lui e il direttore dimissionato del canale Gvaramia – la cui autenticità è stata confermata da entrambi – Saakashvili parla di “erigere barricate” e di uno “scenario rivoluzionario” che sarebbe da auspicare in seguito al verdetto della corte su Rustavi 2. Con un linguaggio piuttosto colorito, l’ex-presidente ha aggiunto: “Tutto questo finirà a colpi di fucile”.

Da parte del governo georgiano – almeno sul versante delle dichiarazioni ufficiali – si tende invece a trattare la questione con distacco. Riferendosi al caso di Rustavi 2, il primo ministro Irakli Garibashvili ha dichiarato: “Il governo della Georgia prende molto sul serio le sue responsabilità nel provvedere a un ambiente che protegga pienamente l’indipendenza del potere giudiziario e dei mezzi di comunicazione; queste due istituzioni sono pilastri fondamentali dello Stato democratico che stiamo costruendo”.

Reazioni internazionali

Data l’importanza del caso, molte sono state le reazioni da parte della diplomazia e delle organizzazioni internazionali. La rappresentante OSCE per la libertà dei media, Dunja Mijatović, ha affermato: “Le decisioni editoriali devono essere prese all’interno delle redazioni, e non nelle aule giudiziarie. I tentativi da parte dei tribunali di influenzare indebitamente la politica editoriale di un mezzo di comunicazione altro non sono che un abuso dello stato di diritto e dei fondamenti democratici di una società”.

Anche l’ambasciatore americano a Tbilisi, Ian Kelly, è intervenuto: “I tentativi di modificare la gestione dell’emittente, prima ancora dell’appello al processo, hanno profonde implicazioni politiche. In una società democratica, le opinioni critiche dovrebbero essere incoraggiate, e non ridotte al silenzio”.

This publication has been produced within the project European Centre for Press and Media Freedom, co-funded by the European Commission. The contents of this publication are the sole responsibility of Osservatorio Balcani e Caucaso and its partners and can in no way be taken to reflect the views of the European Union. The project's page