Nel 2024 la Georgia andrà incontro a un doppio appuntamento elettorale, con parlamentari e presidenziali in calendario. Sogno georgiano conserva la sua posizione dominante, aiutato da frammentazione dell'opposizione e misure politiche autoritarie
La Georgia è entrata in un intenso anno elettorale: le riforme costituzionali hanno fatto sì che quest’anno coincidessero le elezioni parlamentari e presidenziali, e l'intero sistema politico si sta muovendo intorno a questo duplice appuntamento. Irakli Garibashvili ha rassegnato le dimissioni da primo ministro, e verrà probabilmente sostituito da Irakli Kobakidze, investito da Bidzina Ivanishvili in persona, che nell’atto della sua calata in campo aveva riservato solo a lui il particolare plauso.
È chiaro che per gli appuntamenti elettorali il Sogno Georgiano sta spostando le proprie pedine per avere tutti i pesi massimi in prima linea.
Verso le politiche
Irakli Garibashvili aveva assunto l’incarico di primo ministro nel febbraio 2021, ma questa è la seconda volta che l'ex premier si dimette anticipatamente a ridosso di un voto. Era infatti già stato primo ministro dal 2013 al 2015, messo al suo posto dal dimissionario Ivanishvili, e sostituito prima delle elezioni del 2016.
In questo secondo mandato è stato riproposto in seguito alle dimissioni di Giorgi Gakharia, che aveva lasciato la poltrona al momento dell’arresto dell’allora capo del Movimento Nazionale Unito, Nika Melia. Gakharia ha creato poi un proprio movimento politico, confermando in Georgia la tendenza alla gemmazione di nuovi partiti minori da quelli di più grosse dimensioni. Un fenomeno che si sviluppa a cascata creando un panorama politico molto frammentato, difficilmente in grado di compromettere la posizione dominante del Sogno Georgiano.
In Georgia, ci sono al momento 263 partiti registrati, ma solo 80 sono attivamente operativi. Tra di essi, 66 hanno partecipato alle elezioni parlamentari del 2020, portando diversità grazie a un nuovo codice elettorale. Molti di questi partiti mancano di una struttura capillare nel territorio e un'organizzazione interna democratica con forte coinvolgimento della base nelle fasi non pre-elettorali, e si affidano piuttosto a slogan populisti per ottenere sostegno nell'elettorato. Lo si è visto anche nella campagna del 2020, dominata dalle personalità dei singoli candidati e da attacchi denigratori fra le parti piuttosto che su programmi chiari e articolati.
Il quadro della comunicazione politica non è migliorato durante la legislatura in corso, che peraltro è iniziata malissimo. Dopo le elezioni, i partiti dell'opposizione hanno respinto i risultati, denunciando diffusi brogli. Ai ballottaggi si è registrato un record storico di affluenza alle urne negativo con il 26 percento, dopo che l'opposizione ha boicottato il secondo turno. I membri eletti dell'opposizione hanno ritardato l'assunzione dei loro seggi fino a quando non è stato raggiunto un accordo mediato dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel nell'aprile 2021. Il Sogno si è ritirato dall'accordo nel luglio 2021: alla fine del 2022, comunque, la maggior parte dei parlamentari eletti aveva assunto il proprio seggio.
Nei mesi che precedono le elezioni, per le quali il Sogno sta affilando le unghie, le opposizioni dovranno pensare a una strategia valida, mentre continua la frammentazione del panorama partitico. La recente e ulteriore frammentazione del Movimento Nazionale Unito ha reso il principale partito di opposizione ancora meno capace di proporre una reale alternativa. Rispetto alle elezioni precedenti, ora l’ex presidente Mikhail Saakashvili è nuovamente in Georgia, ma in carcere. Saakashvili non è più a capo del Movimento dal 2019 e la sua figura è altamente divisiva, ma la sua presenza ha indubbiamente ancora un peso.
Verso le presidenziali
L'attuale presidente Salome Zourabichvili, eletta nel 2018, era allora la candidata dal partito Sogno Georgiano. Il suo mandato ha visto però un drastico deterioramento dei suoi rapporti con il partito. In base agli emendamenti costituzionali del 2017, il presidente svolge un mandato di sei anni e sarà sostituito da un presidente scelto da un collegio elettorale di trecento membri, composto da parlamentari nazionali e leader regionali e municipali.
Anche le prossime elezioni presidenziali sono previste quindi per il 2024. Sul ruolo della presidente si è discusso molto, come in occasione dell’impeachment. È chiaro che la riforma del 2017 assegna all’incarico presidenziale un ruolo cerimoniale, ma è altrettanto vero che il presidente continua a rappresentare il paese, e in questa veste la Zourabichvili ha interpretato l’incarico in modo attivo: come garante della costituzione e rappresentante del paese ha intrapreso viaggi diplomatici per sostenere la candidatura della Georgia all’UE.
La presidente ha reso più volte esplicito il proprio attaccamento all’incarico che ricopre, ma è consapevole che la frattura con il Sogno - che detiene non solo la maggioranza, ma anche la stragrande maggioranza dei seggi dell’elettorato presidenziale come definito dalla riforma – la priverebbe del sostegno per un suo secondo mandato.
È da capire quindi chi sarà il candidato o la candidata del Sogno, visto che con due presidenti su due il partito è arrivato ai ferri corti. Anche con il predecessore di Zourabichvili, Giorgi Margvelashvili, si era infatti arrivati a grosse frizioni - concausa delle prime dimissioni di Irakli Garibashvili - che avevano portato il partito a non sostenerne un secondo mandato.
La discesa in politica di Bidzina Ivanishvili con un ruolo di garante all’interno del partito, secondo alcuni osservatori apre le prospettive per una potenziale candidatura del fondatore del Sogno alla presidenza: mancano però ancora nove mesi alle elezioni, e si vedrà come la carta Ivanishvili verrà giocata.
L’elettorato e i diritti
Il rapporto annuale del 2023 per la Georgia di Human Rights Watch (HRW) indica molte ombre, che potrebbero gravare su questo intenso anno elettorale. Innanzitutto i numerosi giri di vite verso la capacità di organizzazione della società civile. La retorica contro le ONG è ormai comune fra i membri della maggioranza, e anche se la così detta “legge russa” sugli agenti stranieri è stata ritirata letteralmente a furor di popolo le aggressioni e le indagini contro le organizzazioni che il governo non controlla continuano. Così come le intercettazioni o autentiche reti di spionaggio interno, che hanno interessato anche i diplomatici stranieri, oltre che i membri dei partiti di opposizione e i giornalisti.
L’aggressione alla stampa è anch’essa tra le note dolenti. HRW elenca una serie di misure che hanno reso il lavoro della stampa più difficile. Il rapporto indica anche una serie di interventi di ordine pubblico assai discutibili, che mettono a repentaglio diritti politici come quello di manifestare: dalla repressione della protesta contro la “legge russa”, all’arresto di attivisti a giugno, a uno nuovo giro di fermi di manifestanti per la nave russa attraccata nel porto di Batumi durante l’estate . Da gennaio a ottobre il Servizio Speciale di Indagine ha ricevuto 1772 accuse di abusi a carico della polizia.