È stata una settimana movimentata in Georgia, forti proteste di piazza hanno costretto il governo a fare retromarcia sulla proposta di legge che metteva a rischio il lavoro di media e ong nel paese. Ne ripercorriamo le tappe essenziali
Dopo i grandi eventi di piazza del 2007 e del 2019, la Georgia è scossa da una grande protesta traversale. Protagonisti innanzitutto i giovani che hanno guidato un assedio al parlamento durato due giorni. La grande mobilitazione è motivata dalla comparsa di due progetti di legge sugli "agenti stranieri". I due progetti sono stati presentati da Potere al Popolo, una costola del Sogno Georgiano che svolge un po' il ruolo di alleato più dichiaratamente anti occidentale del partito. Potere al Popolo e Sogno Georgiano sono stati il tandem che ha appoggiato questo duplice progetto di legge che viene comunemente definito “la legge russa”. La bozza prevede che fattispecie non commerciali che ricevono più del 20% del proprio finanziamento da fonti straniere siano registrate come "agenti stranieri". La prima bozza presentata parla di organizzazioni e media, mentre la seconda parla anche di singoli individui. Di fatto può diventare uno strumento vessatorio e intimidatorio. Peraltro nella discussione che ha circondato le bozze sembra che i controlli riguarderebbero i finanziamenti da partner occidentali, piuttosto che la rete finanziaria russa che pure opera nel territorio.
I media si sentono particolarmente esposti: la Georgia è un paese povero, associazionismo e media non possono contare sulle sponsorizzazioni e le pubblicità in un paese in cui – dati pre pandemici – il 42% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà di 5,5 dollari al giorno. Ma in pericolo non sono solo gli stanziamenti di liquidità per sostenere i programmi e il personale, ma anche altri progetti: dalla formazione alle misure per l’inclusione.
Iter e proteste
A creare sfiducia c’è stato anche l’iter dei progetti di legge. Come ha precisato la presidente Salomè Zourabishvili il disegno di legge è comparso dal nulla. Non era né nei programmi elettorali né in quello del governo, e non rappresenta una priorità per il paese. Il mondo dell’associazionismo è già tenuto alla trasparenza, e i siti delle ONG regolarmente presentano i nomi dei finanziatori e partner dei progetti implementati. Man mano che proseguiva l'iter legislativo – le discussioni alla commissione esteri, difesa e quella giustizia - si allungava la lista dei firmatari dell'appello contro il disegno di legge: più di 60 organizzazioni, ONG, media, studenti erasmus, docenti, settori privati come i viticoltori che ritengono la collaborazione con partner occidentali fondamentali per rilanciare la propria produzione recuperando i ritardi accumulati in periodo sovietico e di depressione economica.
Mentre nella società civile si rafforzava un sentire condiviso che le leggi in discussione erano dannose - pericolose per il percorso europeo del paese e singolarmente per svariati settori - il parlamento ingenerava ancora maggiore sfiducia riducendo l’accesso alla discussione sulle leggi. La discussione in commissione esteri e difesa è stata trasferita in una stanza più piccola di quella assegnata originariamente, lasciando fuori la società civile. L’accreditamento dei giornalisti è stato ridotto. E intanto sono cominciate già in questa fase le manifestazioni e i primi arresti. Scontri si sono tenuti anche all’interno del Parlamento, fra parlamentari di maggioranza e di opposizione. Ma la vera miccia è scoppiata con l’adozione in prima lettura della prima proposta di legge. Il 7 marzo, mentre i manifestanti si stavano disperdendo perché era stato comunicato che la legge sarebbe stata nel calendario parlamentare di giovedì 9, con un vero e proprio blitz la legge è stata approvata con 76 voti contro 13. Nella stessa sessione, con 96 voti, è stato eletto il nuovo Ombudsperson, Levan Ioseliani , parlamentare del Partito dei Cittadini, dopo che a dicembre nessuno dei candidati che erano stati scrutinati era stato eletto e l’incarico era rimasto vacante per quasi 3 mesi. Fra le raccomandazioni dell’Unione Europea c’era quella di fare un processo inclusivo di selezione, aperto alla società civile. Il nuovo Difensore civico comincia il proprio mandato così nel pieno della burrasca.
Lo stop alla legge
Di fronte al blitz parlamentare è esploso il dissenso popolare. Per due giorni l’assedio al parlamento è andato crescendo. Il giorno della Festa dei Diritti delle Donne ha unito una manifestazione all’altra, con le donne in prima fila sulla scalinata del parlamento. I due giorni – e soprattutto le due notti – di manifestazioni e scontri hanno avuto il bilancio pesante di circa 150 arrestati, decine di feriti, moltissimi intossicati da un uso massiccio di lacrimogeni. La notte dell’8 marzo diverse cariche della polizia hanno disperso manifestanti, che però defluivano semplicemente nelle aree adiacenti per poi ritornare a raggrupparsi davanti al parlamento.
Davanti a una levata di scudi così capillare, che ha riguardato innumerevoli settori della società georgiana, i partner stranieri, le organizzazioni di cui il paese fa parte, un ordine pubblico che vacillava, il 9 marzo è stato rilasciato un comunicato ufficiale secondo il quale la proposta di legge sarebbe stata ritirata.
La notizia è stata accolta con entusiasmo ma anche con una dose di diffidenza: non bastava la volontà politica per ritirare una legge il cui iter legislativo era già iniziato. Per revocarla di fatto la si doveva bocciare in seconda lettura, cosa poi avvenuta, e doveva essere comunicato alla Commissione di Venezia del Consiglio d’Europa cui era stata consegnata per un parere.
Per questo la mobilitazione è proseguita: a questo punto la manifestazione davanti al parlamento ha cambiato finalità ed è diventata un atto di sorveglianza da parte della società civile che alle parole corrispondessero i fatti.
La seconda sessione parlamentare dedicata alla legge è durata 90 secondi: la revoca della legge è passata con un voto di 58 astenuti, 35 contrari e 1 favorevole alla legge, Dimitri Samkharadze, che però ha dichiarato di essersi sbagliato a votare. Ha notato Helen Khoshtaria del partito Droa! che nessun parlamentare del Sogno ha votato contro la legge, a prova che il partito non respinge veramente la legge, il suo contenuto e il suo spirito. I parlamentari del Sogno hanno poi abbandonato l’aula mentre i rappresentati dell’opposizione si sono scattati una foto sul podio del Parlamento con la bandiera europea. Il drappo è poi stato lasciato significativamente sul podio.
Il quadro legale per quanto riguarda questo provvedimento pare per il momento relativamente chiaro. Il Segretario del Sogno georgiano Irakli Kobakhidze ha comunque tenuto una breve conferenza stampa in cui ha accusato nuovamente chi si è mosso contro la “legge russa” di essere agenti stranieri.
È stata sicuramente una settimana importante per l’opinione pubblica georgiana che ha dato una grande prova di forza e di coesione su una questione che ritiene di capitale importanza, la scelta europea del paese. Ma i toni del governo non sono concilianti, e questa battaglia vinta non sembra promettere una fase di riconciliazione fra la volontà dei manifestanti e le finalità del gruppo di governo.