Sono 12 le condizioni poste dalla Commissione europea affinché Tbilisi ottenga lo status di candidato entro la fine dell'anno. Il governo ha adottato un proprio vago programma per raggiungerle mentre continua nella sua retorica anti Ue
Sono 12 le stelle della bandiera dell’Unione Europea, in circolo per rappresentare l’unità dei popoli d’Europa, e sono 12 i requisiti che la Georgia deve soddisfare per ottenere la quadratura del cerchio, e cioè l’accesso allo stato di candidato, che per il momento non ha ottenuto. I requisiti sono i quelli elencati dalla Commissione a giugno e sono di varia natura, politica, istituzionale, sociale, o social-culturale.
Il primo è quello più spiccatamente politico, e richiede di superare la polarizzazione nel paese, che soprattutto negli ultimi 2 mandati del Sogno Georgiano ha avvelenato la vita politica locale. Da un lato l’opposizione – soprattutto quella del Movimento Nazionale Unito – non ha mai superato la cultura e la retorica di piazza e rivoluzionaria che ne ha fatto una forza a suo tempo vincente nel paese. Ma la principale causa della polarizzazione è la voracità di potere del Sogno, che poco alla volta ha portato a escludere dalle posizioni decisionali chiunque non appartenga al partito. Da partito di coalizione – come era nel 2012 – si è trasformato nel partito-stato, classico modello delle dittature post-sovietiche.
Questo partito-stato sempre più asserragliato nella propria torre d’avorio - su posizioni oltranziste e sempre più distante dai cittadini - ruota intorno al suo fondatore, Bidzina Ivanishvili, il grande oligarca del paese. Non a caso il quinto punto riguarda la de-oligarchizzazione: la Commissione chiede di eliminare dalle politiche pubbliche gli interessi privatistici troppo invasivi.
La Commissione richiede inoltre di garantire un buon funzionamento delle istituzioni, di migliorare il quadro elettorale, e la tanto attesa riforma della giustizia. Inoltre si sollecitano l’indipendenza degli organismi preposti alla lotta alla corruzione, soprattutto di alto livello, il rispetto della privacy, e la lotta contro il crimine organizzato e contro l’impunità delle forze dell’ordine.
Poi la Commissione è tornata su quanto denunciato dall’Europarlamento: l’attacco ai media e la protezione dei diritti umani, anche attraverso una effettiva certezza di pena per i perpetratori di violenza. La Georgia deve poi lavorare sulla parità di genere e sul contrasto alla violenza alle donne. Al paese vengono segnalati anche degli obblighi sul coinvolgimento della società civile nel processo decisionale, sull’assorbimento delle sentenze della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nelle deliberazioni delle corti e assicurarsi che l’elezione dell’Ombudsperson/difensore civico sia libera.
Il governo del Sogno
Il primo luglio il governo ha reso noto il proprio programma per implementare le 12 raccomandazioni entro i prossimi 6 mesi. Il programma fondamentalmente propone la creazione di gruppi di lavoro. Uno dovrebbe occuparsi di monitorare la retorica aggressiva per ridurre la polarizzazione, uno il controllo del funzionamento delle istituzioni, uno il monitoraggio elettorale, uno la riforma della giustizia, uno sulla corruzione, uno per la de-oligarchizzazione, uno per il crimine organizzato. Per il resto si rimanda agli esistenti meccanismi all’interno del Parlamento, soprattutto attraverso le commissioni parlamentari e la figura del Presidente del Parlamento.
È quindi un programma che non entra nel merito dei requisiti fornendo una interpretazione di implementazione attraverso atti concreti, ma piuttosto procedurali. Si indicano insomma quali saranno gli strumenti per affrontare il lavoro negli ormai 5 mesi disponibili: senza entrare nel merito dei tempi di creazione dei gruppi di lavoro, senza applicare immediatamente misure per raggiungere gli obiettivi. Per questo il programma è stato accolto con molto scetticismo dalla Presidente della Repubblica e dalla società civile.
Il Sogno, nel frattempo, continua con le proprie invettive anti europee. Irakli Kobakhidze, a capo del Sogno, ha ribadito che l’Europa offrirà la candidatura alla Georgia solo se il paese entrerà in guerra contro la Russia , cavalcando una delle paure che più il governo ha instillato nei georgiani, che cioè per entrare in Europa bisogna fare la guerra e che è l’Europa stessa a richiederlo.
La Georgia pro-europea
Una serie di gruppi pro-europei della Georgia hanno nel frattempo sviluppato una propria proposta basata su un approccio molto diretto e volto ad applicare direttamente misure che garantiscano il soddisfacimento dei requisiti, incluso un prospetto sulla tempistica di applicazione e le procedure. La polarizzazione andrebbe a loro avviso ridotta tornando all’accordo dello scorso 19 aprile, che il Sogno ha fatto decadere, offrendo la presidenza di 5 commissioni a membri dell’opposizione, includendo nella riforma costituzionale in atto le riforme elettorali e infine assicurando l’imparzialità della Commissione Elettorale che presiede le procedure di voto. Sei punti sono inoltre dedicati alle modalità della riforma della Giustizia, per affrontare l’annoso tema della sistematica politicizzazione del potere giudiziario nel paese, questione mai risolta da quando la Georgia ha – come tutti gli ex membri dell’Unione Sovietica – ereditato dall’URSS corti completamente sottomesse al potere del Partito. In Georgia quel “Partito” nelle decadi è cambiato, ma la dinamica no.
Per quanto riguarda la corruzione, la società civile di nuovo preme perché il dibattito già iniziato venga portato a maturazione. La de-oligarchizzazione passa a loro avviso per il rafforzamento delle istituzioni dello stato, la loro democratizzazione e indipendenza, in modo che una istituzione sana sappia rimbalzare gli interessi impropri. Lo stesso vale per la criminalità: ci sono già le leggi, le strutture. Basta applicarle e usarle senza piegarsi a interessi particolari. La stessa immunità dei perpetratori delle violenze contro i media, contro i diritti umani, contro le minoranze di genere è frutto di una scelta arbitraria o di volontà politica perché – sostengono le organizzazioni georgiane – ci sono tutti i mezzi per implementare le raccomandazioni immediatamente o nel giro di pochi mesi, con piccoli emendamenti a un quadro legale già esistente.
Notano infine che ci sono già gli strumenti per rendere la società civile parte dei processi decisionali e per la ricezione delle sentenze della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo, requisito che non richiederebbe più di un mese per essere applicato. Il prossimo Ombudsperson/difensore civico dovrebbe inoltre essere un nome concordato trasversalmente dai partiti.
Una volontà chiara di Europa quindi, resa concreta da un piano operativo che nel giro di poco proverebbe alle istituzioni europee che il paese è instradato verso la piena attuazione delle raccomandazioni della Commissione, la stessa volontà che ha riportato i georgiani in piazza, in nuove manifestazioni di sostegno al cammino europeo.