Il parlamento georgiano la scorsa primavera ha rimosso le quote di genere obbligatoriе: alle elezioni del 26 ottobre la Georgia voterà quindi senza le quote rosa. Un’inversione di marcia che spinge il paese verso un conservatorismo di estrema destra
Il 4 aprile il Parlamento georgiano ha rimosso le quote di genere obbligatorie. Le cosiddette quote rosa erano state introdotte nel 2020, in linea con le raccomandazioni dell’OSCE/ODIHR. La legislazione iniziale prevedeva che per le elezioni parlamentari, comprese quelle del 26 ottobre 2024, fino al 2028, almeno una donna dovesse essere inclusa in ogni quartetto di candidati nelle liste dei partiti.
All’inizio dell’anno il parlamento georgiano aveva approvato un’estensione delle quote di genere con 88 voti a favore e solo 3 contrari, estendendone la validità fino al 2032.
L’inversione sulle quote è stata avviata dal partito “Girchi” e sostenuta dalla maggioranza parlamentare, una mossa legislativa accolta con favore dalle fazioni di estrema destra georgiane che da tempo criticano le quote, ritenendole inutili.
Durante i dibattiti parlamentari, caratterizzati da una retorica anti-genere e sessista, alcuni deputati hanno utilizzato un linguaggio dispregiativo per rivolgersi alle donne dell’opposizione, riflettendo atteggiamenti sociali più ampi sui ruoli di genere e sull’uguaglianza.
La riduzione legislativa delle quote di genere rappresenta un cambiamento significativo nella strategia politica georgiana, che riflette atteggiamenti sociali e l’influenza dei gruppi conservatori e di estrema destra. Sottolinea inoltre la tensione tra gli standard internazionali sull’uguaglianza di genere e le dinamiche politiche interne.
La cancellazione delle quote ha ricevuto il sostegno pubblico di gruppi di estrema destra come “Alt-Info”, con il leader Zura Makharadze che ha elogiato l’iniziativa come un passo verso una selezione basata sul merito piuttosto che sul genere.
Questa opinione è stata ripresa in un post su Facebook di Makharadze, il quale ha sostenuto che le posizioni politiche dovrebbero essere ricoperte in base alle competenze, non in base al genere. Tuttavia, il suo commento è diventato decisamente sessista durante un'apparizione televisiva su "Alt-Analytics", dove ha criticato Ana Natsvlishvili, una deputata del partito "Lelo", usando termini dispregiativi in risposta alle sue dichiarazioni a sostegno delle quote di genere.
Veto, e un quadro poco incoraggiante per le donne in politica
La presidente georgiana Salomè Zurabishvili, la scorsa primavera, ha posto il veto sulla legge. Nonostante ciò, il parlamento ha espresso un nuovo voto il 15 maggio, superando così il blocco imposto dalla Presidente.
Kaori Ishikawa, rappresentante delle Nazioni Unite per le donne in Georgia, ha espresso disappunto per la decisione del Parlamento di abolire le quote di genere. Ishikawa ha criticato la mancanza di consultazione e discussione prima della decisione, rilevando che si tratta di un’inversione degli sforzi di vari soggetti interessati al rafforzamento della partecipazione politica delle donne.
La rappresentante ONU spera che i partiti politici continuino a sostenere la rappresentanza delle donne e che il parlamento riconsideri e possibilmente aumenti le quote per raggiungere in futuro la piena parità di genere.
Nel frattempo è stato pubblicato uno studio di monitoraggio della condizione delle donne in Georgia, e in particolare delle donne che operano in ambiente politico. La pubblicazione del Democracy Research Institute - supportata dal Women’s Fund in Georgia - ha offerto un quadro poco incoraggiante della condizione femminile nella politica georgiana.
Secondo lo studio, la recente ondata di retorica anti-genere e la visibilità delle forze di estrema destra sono rilevanti in Georgia, dove il partito al potere si è spostato verso posizioni ultraconservatrici e anti-genere.
L'allineamento del partito ai gruppi di estrema destra e i media filogovernativi hanno portato a una retorica che è sempre più difficile da distinguere da quella degli elementi estremisti. Questo allineamento sembra essere una strategia per mobilitare gli elettori conservatori, soprattutto in vista delle elezioni parlamentari del 2024.
Il Democracy Research Institute ha monitorato questi sviluppi, rilevando l’uso di discorsi di odio, di genere e sessisti, attraverso una serie di concetti chiave quali slut-shaming, incitamento all’odio di genere/sessista, rimproveri di genere, sessismo, misoginia, ridicolizzazione delle capacità delle donne, e in generale discorso anti-genere.
Questi comportamenti sono stati osservati come in uso nei confronti diverse donne attive in politica, in primis la presidente Salomè Zurabishvili che ha posto il veto sull’abolizione delle quote e che è costantemente bersaglio di attacchi di questo tipo, con pure una buon dose di ageismo (discriminazione in base all’età).
Una campagna anti-donne
Nella primavera del 2024 si è verificato un notevole aumento del discorso pubblico anti-donna, in particolare durante gli incontri pubblici tenuti dai leader del Sogno georgiano.
La proposta governativa del disegno di legge sulla “Trasparenza dell’influenza straniera”, che ha scatenato diffuse proteste, è stata accompagnata da una campagna orchestrata di attacchi discreditanti e sessisti da parte di politici e media allineati al governo contro le donne che manifestavano e le leader dell’opposizione.
L’incitamento all’odio contro le donne è diventato un potente strumento politico nel paese e si basa su nozioni stereotipate di genere: donne intese come figure secondarie, oggetti sessuali o vittime. Questa retorica include riferimenti che degradano la vita personale, l'aspetto, l'abbigliamento e il modo di parlare delle donne, con l'obiettivo di diminuire il loro ruolo e la loro presenza nelle sfere sociali e politiche.
La natura pervasiva di questo discorso anti-genere è evidente in vari media e spazi pubblici, tra cui televisione, stampa, media online e social network. È presente anche in contesti formali come le sessioni parlamentari.
Questo uso diffuso di un linguaggio sessista e misogino evidenzia uno sforzo sistematico per escludere le donne da una partecipazione significativa alla vita politica e pubblica. Come osservato, questo discorso non cerca solo di mantenere lo status quo ma anche di rafforzare una base politica radicata in valori conservatori ed esclusivisti.