Sono sfociate nella violenza della polizia sui manifestanti le proteste in corso in tutta la Georgia contro la legge sugli agenti stranieri, bollata dall’opposizione come “legge russa”. Un segnale preoccupante in un paese sempre più spaccato e fragile
La settimana scorsa è stata dominata in Georgia dalla discussione della legge sugli agenti stranieri e dalle modalità per imporla a un’opinione pubblica nazionale ed internazionale sempre più critica verso il governo.
La plenaria parlamentare ha adottato con 83 voti, nuovi scontri in parlamento e allontanamenti di parlamentari, la prima lettura della legge. Perché entri in vigore, ne servono tre: il processo di approvazione della legge – se non interrotto – potrebbe quindi protrarsi fino a metà maggio.
Fuori dal parlamento, la capitale georgiana è diventata teatro giornaliero di grandi manifestazioni pacifiche, con massiccia presenza di polizia. Il 16 aprile, quando la manifestazione stava scemando, a notte ormai fatta, gli organi di sicurezza hanno disperso violentemente i manifestanti ancora in piazza, con episodi di pestaggio e caccia all’uomo. Risultato: il giorno seguente a Tbilisi, ma anche in altre città della Georgia, si sono visti tra i più partecipati cortei di protesta degli ultimi anni.
Il primo ministro Irakli Kobakhidze ha condannato i manifestanti durante una conferenza stampa, definendoli forze destabilizzanti che minano la pace e la stabilità della Georgia. Ha accusato le organizzazioni della società civile di aver tentato di orchestrare una rivoluzione tra il 2020 e il 2022, prendendo di mira la Chiesa ortodossa georgiana, promuovendo i diritti LGBT+ e presumibilmente cercando di istigare un conflitto armato con la Russia.
Kobakhidze ha inoltre criticato la presidente Salomè Zourabishvili – che come sempre si sta spendendo per la causa europeista del paese - accusandola di allearsi con i guerrafondai e definendola un'agente straniera. Ha anche denunciato il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg, entrambi critici della legge.
Il 18 aprile, prominenti membri del Parlamento europeo hanno emesso una dichiarazione che esprime la preoccupazione che la proposta di legge sugli agenti stranieri potrebbe mettere a rischio le aspirazioni della Georgia all'adesione all’UE.
Sei partiti di opposizione, tra cui Ahali, Girchi — Più Libertà, Droa, Movimento Nazionale Unito, Lelo per la Georgia e Strategia Aghmashenebeli, hanno unito le forze per opporsi alla legge e hanno denunciato Bidzina Ivanishvili - fondatore e leader del Sogno georgiano al governo - come un “oligarca russo spaventato” deciso a sabotare gli sforzi di integrazione europea della Georgia.
L’oligarca Ivanishvili e la privatizzazione dello stato
Il ritorno della cosiddetta “legge russa”, che non poteva che causare disordine pubblico, è un prodotto dell’ufficio politico del Sogno Georgiano, che Ivanishvili è tornato a presiedere.
La sua presenza aleggia non solo sul ritorno della legge, che avrebbe implicazioni sulla capacità delle ong di monitorare il risultato del voto, oltre che in generale quanto accade nella società e nell’economia del paese. Insieme alla legge sugli agenti stranieri, questa settimana il parlamento ha votato in fretta e furia un provvedimento che consente di far rientrare tutti i capitali offshore esteri nel paese senza alcuna verifica né tassazione.
Ivanishvili è in odore di sanzioni, e vuol mettere al sicuro capitale, investimenti e proprietà. E pare che voglia trasformare la Georgia nel suo fortino personale.
Quella approvata è una legge ad personam, ma è altrettanto probabile che diventi la porta di accesso in Georgia di capitali russi o anche di altri paesi che cercano un porto sicuro da sanzioni, controlli, tassazioni. Insomma, un paradiso fiscale perfetto per stoccaggio e riciclaggio di capitali anche illeciti.
L’uso privatistico dello stato georgiano da parte dell’oligarca sotto pressione sta raggiungendo un nuovo livello, sempre più esplicito. Non sono solo il governo, il parlamento, la magistratura e le agenzie finanziarie del paese a mostrare segni di utilizzo privatistico, ma anche le forze di sicurezza.
Vendetta e intimidazione
La risposta della società civile è stata coraggiosa e costante. Per una settimana tutta la Georgia, non solo la capitale Tbilisi, è stata un paese in preda ad una grande mobilitazione popolare. Non sono infatti solo le continue manifestazioni auto-organizzate, che la sera sfilano davanti ai palazzi delle istituzioni del paese. Ci sono gli studenti che scendono in piazza, e varie organizzazioni e realtà della società civile.
Sabato hanno manifestato le donne. Si sono mobilitati i club di tendenza. Non hanno fatto mancare la loro partecipazione le minoranze armena e azera. Il mondo dello sport, dello spettacolo, dell’arte ha espresso il pieno supporto alla libertà di agire delle ong, al loro importante ruolo, e alla scelta europea del paese di cui questo progetto di legge è un deliberato e auto-inflitto ostacolo.
Lo hanno ricordato i vertici dell’Unione Europea con una dichiarazione congiunta dell’Alto Rappresentante Joseph Borrell e il Commissario per il vicinato e l'allargamento Olivér Várhelyi, oltre che numerosi parlamentari e politici europei. Anche i georgiani all’estero, sul cui voto si è discusso parecchio in queste elezioni, si sono mobilitati in molte città.
La mobilitazione è stata però segnata, come dicevamo, nella notte del 16 aprile dall’estrema violenza delle forze dell’ordine. Aleko Elisashvili, che aveva colpito in parlamento il promotore della legge, era stato dallo stesso minacciato che ne avrebbe prese dieci volte tante. Ma di fatto sono state molto di più, visto che è stato oggetto di un linciaggio da parte della polizia con buona pace della sua immunità parlamentare. Ne è uscito con il viso tumefatto e una costola rotta .
Si è distinto nel pestaggio il ruolo del capo delle pattuglie di polizia Vazha Siradze, mentre per quanto riguarda la caccia all’uomo dei manifestanti pacifici, sarebbe stata la sezione di Zviad Kharazishvili detto ‘Khareba’, capo degli affari speciali delle forze dell’ordine, a rendersi protagonista degli atti più ignominiosi. Atti che non si sono limitati a consumarsi nelle strade. Gli arrestati, altri 11 la notte del 16, testimoniano e portano i segni di tortura.
Il ministro degli Interni Vakhtang Gomelauri è stato chiamato a rispondere della violenza della polizia durante un’audizione in parlamento. Anche in questo caso è stata fatta accompagnare fuori dall’aula in forma coatta una rappresentante dell’opposizione, Salome Samadashvili di Lelo dopo che aveva protestato per i pestaggi del segretario generale del partito Irakli Kupradze e di Elisashvili.
Oltre ai cittadini, i rappresentanti dell’opposizione, anche la stampa ha subito pesantemente la mano repressiva del regime. L’emersione e l’abbondante documentazione dei fatti attraverso il tamtam dei social ha fatto rientrare il fenomeno della violenza della polizia nelle strade, e negli ultimi giorni le continue manifestazioni pacifiche dei cittadini non sono state rese violente dall’intervento delle forze dell’ordine.