Tblisi, Georgia, dicembre 2024 (foto F. Baccini)

Tblisi, Georgia, dicembre 2024 (foto F. Baccini)

Prima risposta dell'UE alla crisi in Georgia: si prospetta la sospensione del regime di esenzione dei visti a livello diplomatico, una misura che colpirà soprattutto i membri di Sogno Georgiano. Si intensificano le discussioni su possibili sanzioni, nonostante il veto dell'Ungheria

17/12/2024 -  Federico Baccini Tbilisi

La prima vera risposta europea alla crisi in Georgia alla fine è arrivata. Non si tratta di sanzioni contro i responsabili del declino democratico e della repressione violenta, come sperato dai manifestanti che da 19 notti consecutive scendono per le strade di Tbilisi e di quasi tutte le città georgiane per chiedere nuove elezioni e il ritorno sulla strada dell'adesione all'Unione europea.

Il massimo che al momento sono riusciti a concordare i 27 ministri degli Affari esteri è la sospensione del regime di esenzione dei visti a livello diplomatico, una misura che prende di mira in particolare i membri del partito al potere Sogno Georgiano.

Quella che può sembrare a prima vista una magra consolazione per le centinaia di migliaia di cittadini georgiani che chiedono il supporto internazionale per mettere fine al "regime" dell'oligarca Bidzina Ivanishvili, è stata a tutti gli effetti un'accelerazione non scontata a Bruxelles.

Se l'Alta rappresentante Ue Kaja Kallas aveva anticipato prima della riunione del 16 dicembre che "abbiamo proposto una lista di persone da sanzionare per le azioni violente su cui però tutti devono concordare", l'altra intesa in seno all'istituzione che rappresenta i governi dei 27 Paesi membri è un primo messaggio politico. Ora la Commissione europea dovrà presentare una proposta nei prossimi giorni, prima dell'adozione formale.

Sanzioni e sospensione dei visti

Ogni ragionamento sulla risposta dell'Unione europea non può dimenticare il fatto che l'adozione di un regime di misure restrittive dell'Ue richiede l'unanimità in seno al Consiglio. Una strada non percorribile già in partenza, dal momento che l'Ungheria di Viktor Orbán è l'alleato europeo più stretto di Sogno Georgiano e, grazie al suo potere di veto, rappresenta la garanzia per Ivanishvili e i membri del partito al potere che da Bruxelles non potranno arrivare minacce di sanzioni personali.

Già il 10 dicembre il ministro degli Esteri ungherese Péter Szijjártó aveva anticipato che "ci opponiamo all'aggiunta di funzionari georgiani a qualsiasi lista di sanzioni, se sarà presentata una proposta del genere, l'Ungheria la bloccherà".

A differenza delle sanzioni, invece, la sospensione del regime di esenzione dei visti per i diplomatici richiede una proposta della Commissione europea e l'approvazione del Consiglio attraverso maggioranza qualificata, ovvero almeno il 55% per cento dei Paesi membri (15 su 27) che rappresentino più del 65% della popolazione dell'Unione.

In altre parole, la decisione di percorrere questa via è stato un espediente per fare la conta dei voti e isolare sia l'Ungheria - che fino al 31 dicembre detiene la presidenza di turno del Consiglio - sia la Slovacchia dell'alleato Robert Fico.

"Quanto emerso oggi è che si sospenderà l'esenzione dei visti per i titolari di passaporti diplomatici e di servizio, e c'è stata discussione su cosa fare di più", ha spiegato al termine del Consiglio l'alta rappresentante Kallas, precisando che "si stanno considerando ulteriori provvedimenti, ma per le sanzioni serve l'unanimità a 27 e al momento non è il caso".

Quella che ora sarà adottata a livello Ue è una misura destinata a colpire i politici georgiani di spicco, senza imporre una punizione ai cittadini comuni: questi ultimi potranno continuare a viaggiare senza visto, mentre i primi non avranno più alcuna via preferenziale per entrare nell'Unione.

"Continueremo a sostenere il popolo georgiano dirottando i fondi dalle autorità alla società civile e ai media indipendenti", ha aggiunto Kallas, mettendo in chiaro che la popolazione non pagherà le conseguenze delle scelte di un governo pressoché sfiduciato.

Preoccupano non solo le violenze, ma anche il declino democratico attraverso una serie di leggi che stanno facendo sembrare la Georgia sempre più una piccola Russia.

Il 13 dicembre il Parlamento ha approvato alcuni emendamenti al Codice dei reati amministrativi che limitano fortemente la libertà di riunione e di espressione.

Tra le misure più preoccupanti c'è quella che riguarda il divieto di utilizzare maschere antigas o semplici mascherine chirurgiche durante le proteste (va ricordato l'uso estensivo di lacrimogeni e cannoni ad acqua con aggiunta di sostanze chimiche da parte della polizia), ma soprattutto perquisizioni, sequestri e detenzione preventiva.

Vale a dire che le forze dell'ordine saranno autorizzate a sequestrare oggetti personali, perquisire o arrestare persone che sospettano possano commettere una futura violazione, sulla base di supposizioni non suffragate da prove o mandati dell'autorità giudiziaria.

Tbilisi proteste (foto F. Baccini)

Tbilisi proteste (foto F. Baccini)

Cosa ci si può aspettare ora

Al momento l'adozione di misure restrittive dell'Ue non è sul tavolo e difficilmente lo sarà nelle prossime settimane o mesi. Nel caso di un'ulteriore escalation della violenza contro i manifestanti georgiani e di repressione contro partiti di opposizione, organizzazioni della società civile e stampa, non è da escludere che altri Paesi membri decidano di seguire l'esempio dei Baltici (e dell'Ucraina), imponendo regimi di sanzioni su base nazionale.

Secondo indiscrezioni di  Der Spiegel , i governi di Germania, Francia e Polonia sarebbero pronti a spingere una "coalizione di volenterosi" per superare l'opposizione dell'Ungheria. In altre parole, coordinare le sanzioni tra Stati membri, ma fuori dal terreno comune Ue, dove l'ostruzionismo di Budapest impedisce ogni discussione e azione.

Intanto a Bruxelles, dopo il primo affondo (per quanto lieve) nei confronti di Sogno Georgiano, la palla passa ora ai 27 capi di Stato e di governo.

Il tema della crisi in Georgia è previsto nelle discussioni del Consiglio europeo del 19 dicembre - il primo presieduto da António Costa - e dovrebbe entrare nelle conclusioni del vertice in un capitolo a sé stante.

Secondo l'ultima bozza visionata da OBCT, il Consiglio europeo sottolinea le "gravi preoccupazioni sulla linea di condotta" adottata dal governo di Tblisi "che è contraria ai valori e ai principi su cui si fonda l'Unione europea", e ne "deplora la decisione di sospendere il processo di adesione del Paese all'Ue fino al 2028".

Sottolineando la "ferma condanna" delle violenze contro manifestanti, politici di opposizione e giornalisti, i 27 leader chiederanno che "i responsabili siano chiamati a rispondere delle loro azioni".

Un'ultima questione da tenere sotto osservazione sarà la reazione della comunità internazionale - e in particolare dei leader delle istituzioni Ue e dei Paesi membri - alla crisi istituzionale che dal 14 dicembre si sta consumando in Georgia. 

Il Parlamento georgiano ha nominato il nuovo presidente  de facto Mikheil Kavelashvili , ex-calciatore e fondatore del partito Potere al Popolo, costola oltranzista e anti-occidentale di Sogno Georgiano.

Inoltre il partito al potere ha adottato una legge per privare la presidente Salomé Zourabichvili della protezione statale (che garantisce alle massime cariche della Repubblica l'immunità per un anno dopo la fine dell'incarico istituzionale).

Parlando alla stampa a Tbilisi, tra cui anche OBCT, la presidente in carica ha messo in chiaro che "il mio posto è qui, l'esilio non è una soluzione" e che continuerà a lavorare per nuove elezioni "libere e democratiche".

Il 29 dicembre si dovrebbe insediare il nuovo presidente e Zourabichvili potrebbe rischiare l'arresto.

Ecco perché sarà cruciale la risposta degli alleati europei. In primo luogo la risposta all'insediamento del nuovo presidente de facto.

Fatta eccezione per il premier ungherese Orbán - addirittura volato a Tbilisi per incontrare l'omologo georgiano Irakli Kobakhidze - nessuno dei capi di Stato e di governo si era congratulato con i presunti vincitori delle elezioni del 26 ottobre. Difficile che qualcuno sceglierà di farlo proprio ora in un momento di crisi ancora più grave.

In secondo luogo come sarà trattata Zourabichvili sul piano istituzionale, a partire dalla qualifica che le sarà attribuita a Bruxelles e nelle 27 capitali. Dopo anni a stringere forti legami per spingere la strada verso l'adesione Ue, la leader georgiana difficilmente accetterà qualcosa di meno di "presidente legittima".

La diplomazia spesso si muove su binari che dall'esterno appaiono lenti e poco efficaci, come nel caso delle sanzioni dell'Ue. Ma non deve essere sottostimato l'impatto del mancato riconoscimento da parte dell'Unione europea e dei suoi Paesi membri a un presidente nominato da un Parlamento insediatosi dopo una tornata elettorale macchiata da violazioni elettorali sostanziali, che potrebbe mettere tutto l'apparato statale e governativo sotto una pressione potenzialmente insostenibile.

"L'attuale presidente è in carica fino al 29 dicembre e molto può accadere nel mentre", è il monito di Kallas.