Centinaia di migliaia di manifestanti in piazza da sei notti consecutive a Tbilisi e nelle altre città del Paese per protestare contro la decisione di Sogno Georgiano di sospendere l'impegno per l'adesione all'Ue “fino alla fine del 2028”. Le reazioni di Bruxelles alla crisi in corso
Le sei notti di proteste a Tbilisi e in tutta la Georgia stanno iniziando a lasciare il segno. Mentre centinaia di migliaia di persone ogni sera stanno scendendo in Piazza Libertà e in viale Rustaveli - davanti al Parlamento che i partiti di opposizione stanno boicottando - per opporsi alla decisione del partito al potere Sogno Georgiano di mettere in stallo l'impegno di proseguire la strada di avvicinamento verso l'Unione europea almeno "fino alla fine del 2028", da Bruxelles arrivano le prime reazioni che potrebbero mettere finalmente in crisi il rapporto con le autorità nazionali.
"Niente più ordinaria amministrazione", ha assicurato la nuova commissaria europea per l'Allargamento Marta Kos.
A mettere in chiaro che gli occhi di Bruxelles sono puntati su Tbilisi è stata anche la nuova responsabile per gli affari esteri dell'Unione. "L'Unione europea deplora la dichiarazione" del primo ministro Irakli Kobakhidze sullo stop all'adesione Ue, è l'affondo dell'alta rappresentante Kaja Kallas.
"Questo annuncio segna un cambiamento rispetto alle politiche di tutti i precedenti governi georgiani e alle aspirazioni europee della grande maggioranza del popolo georgiano, come sancito dalla Costituzione" georgiana, azioni che "hanno conseguenze dirette sulle nostre relazioni", ha assicurato Kallas.
Rivolgendosi ai cittadini georgiani, la commissaria Kos ha ricordato che "vi è stata fatta una promessa costituzionale sull'Europa e volete chiaramente mantenerla", rinforzando la condanna di "qualsiasi violenza contro i manifestanti pacifici" e condividendo le "gravi preoccupazioni per l'arretramento degli standard democratici".
"Deploriamo l'allontanamento della leadership georgiana dall'Ue e dai suoi valori", è il commento arrivato dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen nel primo giorno di insediamento del suo nuovo gabinetto il 1° dicembre.
"L'Unione europea è al fianco del popolo georgiano e della sua scelta di un futuro europeo, la porta dell'Ue rimane aperta", ha precisato la numero uno della Commissione, anche se fa discutere tra gli attivisti pro-Ue a Tbilisi la decisione di von der Leyen di specificare che "il ritorno della Georgia sulla strada dell'Ue è nelle mani della leadership georgiana".
Secondo i partiti di opposizione, la Presidente Salomé Zourabichvili e i manifestanti, Parlamento e governo non sono legittimi per due ragioni: non solo per le accuse di frodi elettorali alle elezioni del 26 ottobre, ma soprattutto perché l'insediamento del Parlamento (lo scorso 25 novembre) è arrivato prima della pronuncia della Corte Costituzionale sulla possibile incostituzionalità dello svolgimento delle elezioni stesse.
Mentre il Parlamento europeo ha già chiesto alle altre istituzioni Ue sanzioni contro i responsabili del regresso democratico - compreso il premier Kobakhidze - una prima decisione in questo senso è stata presa dai governi baltici.
Estonia, Lettonia e Lituania hanno annunciato il 1° dicembre che saranno imposte "sanzioni nazionali contro coloro che hanno represso le proteste legittime in Georgia".
Prende così sempre più quota che al primo Consiglio europeo presieduto da António Costa (il 19-20 dicembre) possa essere inserito il tema nell'agenda dei 27 leader, anche considerato il fatto che diversi ambasciatori georgiani presso i paesi membri - Paesi Bassi, Bulgaria, Italia, Lituania, Repubblica Ceca - stanno rassegnando le dimissioni in protesta formale contro il nuovo corso intrapreso dal partito al potere.
Lo stop all'impegno per l'adesione Ue
A scatenare la rabbia popolare a Tbilisi e in quasi tutte le città della Georgia - Batumi, Kutaisi, Gori, Zugdidi, Rustavi e anche le più piccole - è stato l'annuncio del primo ministro Kobakhidze, subito dopo la riconferma da parte del Parlamento nazionale il 28 novembre: "Abbiamo deciso di non mettere all'ordine del giorno l'apertura dei negoziati di adesione con l'Ue prima della fine del 2028" e sempre in questo arco di tempo "rifiutiamo qualsiasi sovvenzione di sostegno al bilancio da parte dell'Ue".
Il riferimento al 2028 non è casuale. Secondo il rappresentante di Sogno Georgiano, "da un punto di vista tecnico" il completamento dei negoziati di adesione richiederebbe circa due anni e non ci sarebbero problemi nell'essere "meglio preparati di qualsiasi altro Paese candidato ad entrare nell'Ue entro il 2030".
Seppur continuando a rivendicare a parole che l'obiettivo del governo rimane quello di rendere il Paese "un membro a pieno titolo della famiglia europea entro il 2030", Kobakhidze ha attaccato le istituzioni di Bruxelles, accusandole di non avere intenzione di allargare l'Unione prima del 2030: "L'apertura dei negoziati viene ora utilizzata come strumento per ricattare il nostro Paese e per dividere la nostra società, proprio come prima veniva utilizzato lo status di candidato".
Il primo ministro ha fatto riferimento in particolare alla richiesta di abolizione della legge sugli agenti stranieri e di quella anti-LGBTQ+.
In questo discorso manca completamente il punto di vista e ciò che è già stato deciso a Bruxelles a proposito dell'adesione Ue della Georgia.
Dopo la concessione dello status di candidato nel dicembre 2023, già al Consiglio Europeo di fine giugno è stato deciso un arresto "di fatto" del processo a causa del "regresso democratico", oltre al congelamento di 30 milioni di euro dal Fondo europeo per la pace e di 121,3 milioni di euro (su un totale di 255 stanziati tra il 2022 e il 2024) del portafoglio di assistenza Ue.
La commissaria all'Allargamento Kos ha già ribadito che l'abrogazione delle due leggi che "calpestano valori europei" è la "precondizione" per riaprire il dialogo.
La porta dell'Unione a Tbilisi rimane aperta, ma non a ogni costo, e quella di Sogno Georgiano è la conferma della mancanza di volontà politica per un confronto sulla base dei valori fondanti dell'Ue.
La risoluzione del Parlamento europeo
Ha fatto non poca notizia a Tbilsi la risoluzione adottata il 28 novembre dagli eurodeputati in sessione plenaria a Strasburgo, che condanna le elezioni parlamentari del 26 ottobre in quanto "non sono state né libere né regolari".
A causa delle "numerose e gravi" violazioni elettorali osservate anche dalla delegazione del Parlamento Ue nel corso della missione di osservazione in Georgia, si tratterebbe di una nuova manifestazione dell'arretramento democratico del Paese "di cui il partito al governo Sogno Georgiano è pienamente responsabile".
Non è un caso se il premier Kobakhidze ha rivolto un'invettiva proprio contro il Parlamento europeo, definendolo "una nuda arma di ricatto contro la Georgia, il che è la più grande vergogna per l'Unione europea".
Dal momento in cui i risultati del voto annunciati dalla Commissione Elettorale Centrale "non rappresentano in modo affidabile la volontà del popolo georgiano", il Parlamento europeo "respinge qualsiasi riconoscimento delle elezioni parlamentari" e chiede che le elezioni vengano ripetute "entro un anno sotto un'accurata supervisione internazionale e da un'amministrazione elettorale indipendente".
A questo si affianca la richiesta per un'indagine internazionale indipendente sulle accuse di manipolazione elettorale, la limitazione dei contatti formali con governo e Parlamento di Tbilisi, ma soprattutto quella di sanzioni Ue ai responsabili del regresso democratico: il premier Kobakhidze, il sindaco di Tbilisi e il segretario generale di Sogno Georgiano Kakha Kaladze, il presidente del Parlamento Shalva Papuashvili e l'oligarca Bidzina Ivanishvili.
La denuncia da parte degli eurodeputati è di interferenza "sistematica" della Russia nei processi democratici della Georgia attraverso la disinformazione.
Un esempio sarebbe il "complotto del Partito della guerra globale" secondo cui, dopo l'invasione russa dell'Ucraina nel 2022, l'opposizione interna avrebbe trascinato il Paese in guerra con Mosca su ordine dell'Occidente.
Sottolineando che le politiche attuate da Sogno Georgiano sono "incompatibili" con l'integrazione euro-atlantica della Georgia, il Parlamento europeo ha lanciato l'avvertimento alle autorità nazionali per cui qualsiasi tentativo di vietare i partiti politici legalmente costituiti "renderebbe impossibile qualsiasi passo verso l'adesione all'Unione".