In Georgia comunità più o meno antiche testimoniano con le loro vicende individuali e collettive la storia di una regione incrocio di religioni, dai musulmani dell'Agiara ai kisti della valle del Pankisi, dagli azeri di Kvemo Kartli ai turchi meshketi
Come è noto, la Georgia è un paese di tradizione cristiana. L’83% della popolazione si dichiara cristiano ortodossa, mentre le principali minoranze sono quella musulmana e quella armena apostolica. Sono musulmani il 10.7% dei cittadini georgiani, e armeno apostolici il 2.9%. Il restante della popolazione si divide principalmente fra cattolici, yezidi, greci ortodossi. L’identificazione in un gruppo etno-linguistico, l’affiliazione religiosa e la regione di residenza sono fortemente connesse, per cui le minoranze sono facilmente identificabili nella geografia georgiana, come comunità con una lingua, una religione e a grandi linee concentrate in alcuni territori.
C’è poi Tbilisi, la capitale, che per lungo tempo è stata il luogo di residenza di varie comunità caucasiche, e che nella sua geografia urbana e architettura religiosa testimonia questa varietà.
Quello che è meno noto della Georgia è che questo quasi 11% della popolazione musulmana fa della Georgia un paese estremamente interessante, sotto il profilo delle comunità islamiche. La Georgia vanta comunità musulmane storiche e di origini – e anche credi – differenti ed è stato uno dei pochi paesi al mondo a ospitare nutrite comunità sia sunnite che sciite sul proprio territorio, ancor più raro per un paese nettamente cristiano ortodosso.
L’Agiara
L’Agiara è stata l’ultima regione dell’Impero Ottomano a passare sotto il controllo russo, nel 1878. L’islamizzazione dell’area è avvenuta proprio durante il periodo ottomano, ed è durata circa duecento anni, durante i quali è avvenuta la conversione dei residenti. I musulmani di Agiara sono quindi popolazioni autoctone di quella che è l’antica Colchide, che hanno adottato l’Islam sunnita, maggioritario nell’Impero Ottomano. Proprio per la loro peculiarità culturale e per l’attenzione riservata a questa minoranza dalla vicina Turchia, all’Agiara nel 1920 fu riconosciuto lo status di autonomia, e in seguito con la creazione della Repubblica Socialista Sovietica di Transcaucasia (che dal 1921 al 1936 univa Armenia, Georgia e Azerbaijan) l'Agiara è stata riconosciuta come parte della Georgia con status di Repubblica Autonoma, quindi con propri organi di autogoverno e una propria costituzione. L’Agiara ha preservato queste forme di autonomia dopo l’indipendenza. Dalla Rivoluzione delle Rose la sovranità di Tbilisi si esercita come sul resto del territorio, mentre nei tumultuosi anni post indipendenza la regione era divenuta una sorta di piccolo feudo. Il rapporto preferenziale con la Turchia è rimasto, ma si esplicita soprattutto in termini di interscambi e investimenti.
Ai confini con la Turchia viveva anche una comunità di turcofoni sunniti che però subì una feroce deportazione nel 1944 dalla regione di Meskheti come i tatari. Il gruppo è quindi indicato come turchi meskheti , e la cui vicenda di successivi spostamenti forzati all’interno dell’Unione Sovietica rimane un capitolo particolarmente tragico, non mitigato da un rientro che non si è mai materializzato.
Gli azeri di Georgia
Se a ovest sul mar Nero ci sono i sunniti agiari, a est e centro est vivono le comunità azere a maggioranza sciita (80% sciiti, 20% sunniti). Gli azeri di Georgia sono la prima minoranza dopo i georgiani, quasi 250.000 su una popolazione nazionale di circa 3 milioni e 700 000 abitanti, e sono concentrati nelle regioni di Kvemo Kartli, Kakheti, Shida Kartli. L’espansione delle comunità parlanti azero e che avevano adottato l’Islam risale al medioevo, ed è avvenuta in più fasi. Sono quindi una comunità ben radicata, parte integrante della storia georgiana. La più grande moschea sciita di Tbilisi fu costruita nel 1524 da Ismail I Scià Safavide. La storia della moschea e della sua congregazione religiosa è uno spaccato significativo della storia della Georgia. La moschea fu abbattuta nel 1951 dal governo sovietico. Da allora gli sciiti della capitale andavano a pregare ospiti dei sunniti nella loro moschea, l’unica rimasta attiva nella capitale. Le due comunità erano divise da un drappo nero. Nel 1996 l’imam ordinò che il drappo venisse rimosso e che i fedeli delle due branche dell’Islam pregassero insieme .
Nei primi anni di indipendenza del paese, nel pieno dei confronti interetnici, molti azeri abbandonarono la Georgia. Anche per via dei buoni rapporti personali tra Eduard Shevardnadze e Heidar Aliyev, i due presidenti che si insediarono rispettivamente in Georgia nel 1995 e in Azerbaijan nel 1993, l’esodo si interruppe. Un'alta percentuale di azeri di Georgia non parla georgiano, soprattutto nei villaggi mono-etnici. Il fattore linguistico condiziona molto il livello di integrazione. La comunità azera ha i propri seggi in parlamento.
I kisti
Nella valle del Pankisi e in poche zone adiacenti vive un altro gruppo etno-linguistico che ha adottato l’islam sunnita per la stragrande maggioranza dei propri membri, i kisti. Questo gruppo è legato linguisticamente e come origini ai ceceni. Nel XIX secolo si è stabilito nella valle del Pankisi, e la sua evoluzione di costume e religiosa è continuata nell’area fino all’epoca post-Sovietica. Il credo dei kisti infatti presentava delle eterodossie rispetto al sunnismo tradizionale, includendo elementi cristiani e delle credenze precedenti all’adozione dell’Islam.
Durante le guerre cecene la comunità è pressoché raddoppiata, con l’arrivo di esuli. I kisti hanno subito il travaglio delle guerre cecene non solo per il travaso di popolazione dal nord del Caucaso, ma anche per una crisi di sicurezza legata all’arrivo di guerrieri, armi, faccendieri.
Nel 2016 OBCTranseuropa ha dedicato un reportage ai kisti. All’epoca il numero di ceceni che ancora vivevano nella valle era ridotto a un paio di centinaia, mentre i kisti secondo il censimento del 2014 , erano 5600 in Georgia, di cui un centinaio nella capitale, e i restanti nella regione di Kakheti, dove si trova la valle di Pankisi. Di lì a poco una nuova crisi di sicurezza sarebbe esplosa nella valle. Nel 2017 Akhmet Chataev, ceceno, una delle menti dell’attentato all’aeroporto di Istanbul del 2016, sarebbe morto nell’operazione antiterrorismo più drammatica di Tbilisi: 20 ore di assedio, con assalti e lanci di granate. La rete di Chataev fu poi ricercata nel Pankisi, dove una seconda operazione anti terrorismo ebbe lunghi strascichi di polemiche per la morte del diciannovenne Temirlan Machalikashvili .