All'inizio di luglio, la Georgia ha visto la prima aperta contrapposizione fra Stato e Chiesa in vent'anni d'indipendenza. Tutto è partito da una legge che modifica lo status giuridico delle minoranze religiose. Ma alla base vi è un conflitto tra i liberali del governo e la parte più tradizionalista della Chiesa ortodossa georgiana
Il 4 luglio, il parlamento ha deciso di attribuire alle principali minoranze religiose (musulmani, cattolici, armeni-gregoriani, battisti) la possibilità di registrarsi come persone giuridiche in qualità di istituzioni religiose. Fino ad ora, le diverse confessioni religiose potevano essere registrate come entità non commerciali di diritto privato.
A prima vista, la legge non avrebbe dovuto suscitare grandi reazioni nella società. E invece, del tutto inaspettatamente, ha originato il più serio conflitto fra Stato e Chiesa ortodossa degli ultimi 25 anni e portato a manifestazioni contro la decisione. Il patriarcato georgiano ha invitato il parlamento a non approvare questa risoluzione, ma lo Stato, che aveva preso un impegno di fronte alla comunità internazionale, non ha potuto fare marcia indietro. Alla fine, nonostante gli alti lai di chiesa e opposizione, il parlamento ha approvato. Lo scandalo si è protratto per alcuni giorni e c'è mancato poco che desse fuoco alle polveri degli umori xenofobi nel Paese, soprattutto con le dichiarazioni violente di diversi esponenti del clero, buona parte dei quali mantiene posizioni conservatrici e nazionaliste.
Alla fine, la Chiesa si è resa conto che la contrapposizione con lo Stato poteva avere pesanti conseguenze nella sfera civile. In seguito ad una riunione, il Santo Sinodo ha assunto posizioni concilianti, incassando invece dallo Stato la garanzia che il nuovo status delle minoranze religiose non implicherà rivendicazioni sulle proprietà della Chiesa ortodossa.
Per capire come una legge accolta positivamente dalla comunità internazionale e apparentemente innocua abbia causato tanto trambusto, bisogna sapere che posto occupa la Chiesa ortodossa in Georgia.
La Chiesa ortodossa in Georgia
La Chiesa ortodossa è stata una delle istituzioni fondamentali della società georgiana fin dal IV secolo d.C., quando i vari regni che oggi costituiscono la Georgia si convertirono al cristianesimo. Attorno al cristianesimo ortodosso si formò anche una coscienza nazionale, anche se va notato che il ruolo della Chiesa nel Paese è molto mitizzato e l'opinione pubblica rifugge attentamente dagli elementi più scomodi, come il fatto che il clero godeva di grandi privilegi, possedeva terre e accumulava ricchezze. Inoltre, proprio la Chiesa era la principale sostenitrice delle relazioni di vassallaggio con la Russia ortodossa e ha contribuito in buona misura alla diffusione del mito di Turchia e Iran uniti dall'obiettivo di distruggere la Georgia. In realtà buona parte della Georgia, come metà del sud-est Europa, è stata in passato vassallo dei grandi imperi musulmani.
Ad oggi, secondo i sondaggi la Chiesa gode della fiducia del 90% della popolazione, ma la situazione è più sfumata di quanto sembri. Una parte significativa di questa fiducia si fonda sull'autorità personale del patriarca Ilja II; inoltre, a molti credenti non piace che la Chiesa sia l'unica istituzione in Georgia rimasta praticamente immutata da secoli. A molti non piace nemmeno la condotta di alcuni sacerdoti, che tradizionalmente si servono del proprio elevato status sociale per fini personali. Un ulteriore problema è rappresentato dai legami di connivenza, essendo noto che negli ultimi vent'anni il clero ha intrattenuto buoni rapporti con boss della criminalità e funzionari corrotti, che costruiscono chiese ed elargiscono donazioni continuando allo stesso tempo la propria attività criminale.
Eppure, grazie all'enorme capitale di autorità personale del Patriarca, il dibattito pubblico si astiene dal toccare questi temi. La Chiesa ortodossa georgiana si trova attualmente fuori dai confini della critica pubblica, soprattutto da parte della politica.
Rapporti con il potere
I rapporti fra la Chiesa e la squadra di Saakashvili non sono mai stati facili, pur senza mai arrivare ad uno scontro aperto che il governo ha sempre cercato di evitare. Gli alti rappresentanti del governo hanno sempre dichiarato aderenza ai valori cristiani, presenziato alle feste religiose e finanziato abbondantemente la Chiesa. Nonostante questo, è sempre stato evidente che fra Chiesa e governo esiste una contrapposizione netta, di natura prevalentemente ideologica.
La Chiesa, immutata da secoli, rimane il bastione del conservatorismo e della chiusura religiosa in Georgia. Il clero ortodosso è spesso diffidente nei confronti delle minoranze religiose e mantiene posizioni di forte tradizionalismo anche per quanto riguarda la vita quotidiana. Il governo, al contrario, cerca in ogni modo di dimostrare la propria vocazione europea, il proprio rifiuto dei valori tradizionali, la propria tolleranza religiosa e molte altre posizioni inaccettabili per la conservatrice ortodossia georgiana.
Lo dimostra il fatto che l'attuale conflitto si sia scatenato in seguito alle richieste da parte della Chiesa armena di vedersi riconosciuto un adeguato status giuridico, un fatto che il Patriarcato ha interpretato come un'umiliazione della Chiesa ortodossa georgiana, pur senza poter muovere accuse concrete al governo. Per ora l'unico fatto concreto è la richiesta della Chiesa armena di avere sei chiese in Georgia, ma in realtà la questione dello status giuridico non ha ricadute su quelle patrimoniali. Il conflitto che ora si avvia al termine è, quindi, una semplice manifestazione di divergenze ideologiche non solo fra Stato e Chiesa, ma anche all'interno della stessa società georgiana.
Prospettive
Al momento la fase di scontro si può considerare superata, per la soddisfazione del governo. Il suo protrarsi avrebbe potuto avere pesanti conseguenze in termini di consenso agli occhi dell'elettorato più semplice, che si considera religioso. Va anche notato che l'opposizione ha cavalcato al massimo il conflitto, dando pieno appoggio alla Chiesa e accusando il governo di combattere i valori nazionali. Proprio per questo il governo ha accolto con sommo sollievo le dichiarazioni concilianti del Patriarca. Tuttavia, si tratta solo di una tregua. Prima o poi, la contrapposizione è destinata a riemergere. In un Paese dove lo Stato procede fermamente verso l'integrazione con l'Occidente e la Chiesa mantiene posizioni fortemente conservatrici, il conflitto fra i due poteri e i rispettivi sostenitori è inevitabile.